Cosa farsene oggi di un Seminario di circa 20mila metri quadri calpestabili, inaugurato nel ‘54, che ha chiuso il corso teologico nel 1970 e il minore nel 1990, in una diocesi romagnola di circa 145mila abitanti? I nostri seminaristi, pochi, vivono il tempo della loro formazione nel Seminario Regionale di Bologna. Vendere? Affittare? Rivalorizzare? Non tutte le strade sono sempre percorribili. A Faenza, seppur periodicamente tentati, si è deciso di non vendere questo edificio di indubbio valore per la nostra città. Ma non basta restaurare e far fruttare un edificio della Chiesa perché sopravviva, deve innanzitutto rimanere ‘di Chiesa’. Certo, in un’ottica di sostenibilità proporzionata e umile come richiedono i tempi e il Vangelo.

Il Seminario oggi è tante cose: propedeutica, biblioteca, scuola, luogo di lavoro e di arte

La vocazione del Seminario è quella di formare i preti. Ma se oggi pensiamo seriamente a cosa significhi formare un prete, dobbiamo riconoscere che è necessario partire dalla dimensione battesimale ed ecclesiale, tenendo conto che l’esperienza di un giovane che si fa domande di senso ricerca Dio, l’altro e soprattutto se stesso, in ‘luoghi’ informali e in relazioni più occasionali che strutturate. Desideroso di riservatezza com’è, peraltro, vive relazioni più strutturate e il suo progressivo radicamento nella Chiesa più come un punto di arrivo che di partenza. Il nostro Seminario aveva perso la sua connotazione tradizionale tanto che veniva chiamato “ex Seminario”. Potremmo dire che fosse diventato un luogo laico? Sì, e questo è stato un ottimo punto di partenza perché ciò che è iniziato da quel momento non era più ‘viziato’ da immagini clericali e collegiali, o annebbiato da una ‘cortina d’incenso’. Grazie soprattutto all’impulso dei giovani della Pastorale vocazionale, oggi il Seminario è tante cose. Propedeutica, fraternità, biblioteca, scuola, spazi esterni, luogo di lavoro e di preghiera, di musica e di arte sono gli elementi che compongono la vita quotidiana dell’immobile che non mira a diventare una cittadella indipendente e autonoma, ma che vede la sua ‘missione’ nell’offrire spazi che narrano, insieme alle persone, contenuti evangelici per la loro vita, soprattutto per coloro che sono incamminati alla ricerca di una stabilità e che ancora, ogni mattino, devono ‘spicchettare’ la propria tenda per rimettersi in cammino. Anche se complesso, è essenziale per restare vivi e coerenti con il Vangelo.

La sfida? Non delegare al funzionamento ma trasmettere la fede

Ho più volte utilizzato la parola ‘casa’ nel descrivere il Seminario. Il Seminario può diventare casa non perché è ‘casa mia’, ma perché ‘un tu’ possa viverla senza sentirsi schiacciato da chi la abita stabilmente. Oggi, sommariamente cosa direi: che la terza età guarda e sogna un nuovo sviluppo, la mezza età guarda con diffidenza, i giovani vedono uno spazio per loro. La sfida? Non delegare al funzionamento, al successo dei progetti e delle strutture il futuro ma trasmettere un pensiero, un’azione, una fede che trova nell’ascolto la miniera, nel lavoro pastorale la fusione e nell’oblatività la temperatura. Solo se qualcuno continuerà ad accogliere su di sé questi passaggi e se noi sapremo stare a fianco con discrezione, si potrà affrontare una itinerante stabilità capace di mantenere ‘di Chiesa’ alcune nostre strutture.

don Michele Morandi, rettore

In occasione dei 70 anni di Seminario sarà celebrata una messa presieduta dal vescovo monsignor Mario Toso lunedì 23 ottobre alle 11 nella cappella superiore del Seminario (ingresso viale Stradone 30).