Il suono di ogni prima campanella dell’anno riprendono le corse in classe e gli impegni che fino a giugno accompagnano prof e studenti. Eppure è importante prendersi un momento per riflettere sull’anno che sta per iniziare e magari provare a immaginare cosa sarebbe bello cambiare nella scuola di domani. Ne abbiamo parlato con il prof Enrico Alpi, docente di italiano alla scuola Sant’Umiltà di Faenza.

Intervista al prof Enrico Alpi

Sta per suonare la campanella: quali sfide attendono il mondo della scuola quest’anno?
Pandemia e alluvione sono stati sicuramente due eventi provanti per le nostre comunità scolastiche: tutto quello che conoscevamo sulla scuola è stato rimesso in discussione e ha portato necessariamente ad una riflessione sulle modalità del fare scuola nel futuro prossimo. La sfida più complessa è sempre quella della relazione, dell’aprirsi all’altro, del capire che insieme possiamo fare tanto.

Ultimamente si dibatte molto sull’immagine che la società restituisce del ruolo del docente. Chi è per te l’insegnante?
Credo che una componente “vocazionale” sia necessaria per iniziare, ma soprattutto per continuare, a fare questo mestiere, che per me rimane il più stimolante e arricchente di tutti. Accompagnare un ragazzo nel proprio percorso di crescita, avere un’incidenza così importante nella sua vita, è una responsabilità e allo stesso tempo un onore. Che la professione debba essere più remunerata, è fuori di dubbio.

ALPISCUOLA

Altro tema discusso, a fronte dello sviluppo dell’intelligenza artificiale è l’uso delle tecnologie a scuola?
Al termine dello scorso anno, parlando con i ragazzi di terza media è venuto fuori che quasi tutti, almeno una volta, avevano utilizzato un’ AI per svolgere un compito a casa. L’educazione digitale è forse la più grande sfida di questi anni e per fare in modo che la tecnologia non diventi un nemico di insegnanti e famiglie, ma anzi un alleato, occorre in primo luogo formazione e uno sguardo non giudicante su di essa. Da alcuni anni nella nostra scuola il primo gesto che ogni studente compie all’arrivo in aula, è depositare il telefono nell’apposita scatola che viene poi riaperta solo al momento dell’uscita. La regola, in questo caso, non è vista dai ragazzi come una costrizione, ma come un aiuto per vivere una mattinata più produttiva. Allo stesso modo, quotidianamente, vengono utilizzati tablet e pc per lavorare su progetti scolastici. Il punto fondamentale è sempre come venga utilizzata la tecnologia.

Se dovessi immaginare la scuola tra dieci anni, come la vedresti?
Mi piacerebbe vedere una scuola più consapevole della propria importanza per la vita della comunità e più concentrata sulla scoperta dei talenti dei ragazzi che la frequentano. Cose concrete? Meno libri di testo, meno valutazioni sul registro elettronico, più opportunità per i ragazzi di mettersi alla prova in ciò che a loro piace.

Perché oggi qualcuno dovrebbe scegliere di diventare insegnante?
Perché non esiste al mondo altro mestiere in cui il proprio vissuto sia fonte di ispirazione e di crescita per qualcuno chi si affaccia alla vita adulta. Perché per ogni verifica personalizzata preparata chiedendoti “e questo chi me lo fa fare?”, per ogni notte insonne trascorsa durante una gita, ci sarà un sorriso a ripagarti.

Letizia Di Deco