Da alcune settimane il Covid è tornato a far parlare di sé: la nuova variante, Eris, si sta diffondendo anche in Romagna. «I casi sono in grande aumento – conferma Stefano Falcinelli, presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Ravenna -. Al momento la sintomatologia è quella di una sindrome influenzale: malessere, mal di gola, tosse, dolori articolari e mal di testa. A partire dal mese di agosto, il ministro della Sanità Schillaci ha abolito la quarantena, quindi ora, in caso di sintomatologia da Covid, si consiglia di sottoporsi ad un tampone rapido in casa e, in caso di positività, isolarsi e indossare la mascherina se si esce di casa, così da non contagiare gli altri, in particolar modo le persone fragili. Non c’è alcun obbligo, ma è una questione di buon senso».

(Gimbe): per la Sanità pubblica servono 4 miliardi di euro

In merito al virus, Falcinelli ricorda che «maggiore è la circolazione, maggiore è la possibilità che compaiano varianti più allarmanti. Quindi è bene evitare una diffusione importante». Il presidente dei medici sottolinea: «Al momento non sono disponibili numeri precisi sui nuovi positivi, poiché non viene registrato il tracciamento, ma sicuramente c’è un aumento importante dei casi, che andranno a crescere con l’arrivo della stagione fredda – prosegue – Quindi, volendo essere ottimisti, diciamo che chi si positivizza ora sarà immune nei prossimi mesi». Guardano, più in generale, lo stato di salute del Servizio sanitario nazionale, Falcinelli cita la discussione, a livello italiano, sui 4 miliardi di euro necessari per la Sanità pubblica: «Un recente rapporto, pubblicato dalla fondazione Gimbe sostiene che se i finanziamenti alla sanità non aumenteranno drasticamente sarà a rischio il diritto costituzionale alla tutela della salute. L’Italia è tra i paesi nell’area Ocse nei quali si investe meno in sanità, e ciò fa sì che i professionisti, già sottoposti a turni massacranti e mal retribuiti, decidano di lasciare il sistema pubblico per andare a lavorare per la sanità privata. Ricordiamoci sempre che in Italia, tra poveri assoluti e poveri relativi, abbiamo circa dieci milioni di persone che hanno accesso solo alle cure pubbliche. Se non si investe nella Sanità pubblica, arriveremo al punto che si curerà solo chi potrà permetterselo».

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Medicina generale esercitata in gruppo

Nel macro tema delle difficoltà del Servizio sanitario, si inserisce anche la questione dei medici di famiglia e del problema del turnover, tra professionisti che vanno in pensione e i nuovi medici. «Da alcuni anni, il trend in atto indica un aumento del numero dei medici che decidono di lasciare la professione prima della soglia dei 70 anni – conferma Falcinelli, ricordando che la finestra va dai 65 ai 70 anni -. Tra le motivazioni principali vi è l’eccessiva pressione a cui sono sottoposti quotidianamente i medici di famiglia. Durante la pandemia, i professionisti hanno messo in piedi un sistema di comunicazione diretto con i propri assistiti, attraverso sms, whatsapp e mail. Ora, con la ripresa della normale attività in ambulatorio, i medici si trovano a far fronte a quel sistema e all’attività in presenza, e questo crea un carico di lavoro difficile da reggere». Per rispondere a questa carenza, già da mesi, nelle liste dei medici di famiglia si stanno inserendo giovani colleghi che stanno ancora frequentando il corso di formazione specifica in Medicina generale, benché a loro venga assegnato un numero di assistiti limitato. Falcinelli, che da anni esercita in un ambulatorio che è Nucleo di cure primarie strutturato, sottolinea di essere convinto che la medicina generale debba essere necessariamente esercitata in gruppo: «Il paziente deve avere un luogo di riferimento, dove poter trovare il proprio medico o un collega. Che si tratti di medicina di gruppo o Casa di comunità o della salute è poco rilevante. È importante però che la medicina di associazione sia modulata a seconda dei servizi che servono al territorio. Il medico di famiglia, molto spesso è chiamato a farsi carico di problematiche non solo sanitarie ma anche sociali», sottolinea e poi conclude: «Per questo motivo ritengo che nella Case della salute e nella Medicina di gruppo bisognerebbe inserire una figura che possa dare anche un supporto sociale al paziente».

Sara Pietracci