Le giornate iniziano pian piano ad accorciarsi, ma quest’anno l’arrivo dell’autunno fa un po’ paura. I segni del fango non si cancellano e anche il settore agricolo continua a soffrire. Chi non fa il contadino e fa la spesa al supermercato vede i prezzi salire, ma questo aumento del costo non è certo qualcosa che vada a beneficio di chi ha aziende agricole nel nostro territorio. Per questo abbiamo chiesto ad Alessandro Paganini, commerciante e agricoltore, e Romano Gaddoni, coltivatore diretto, di spiegarci un po’ come sta la nostra terra e quali sono le principali difficoltà che la attendono.

Il problema dei rincari: conseguenze su consumatori e agricoltori

«L’alluvione ha distrutto intere coltivazioni, da Alfonsine a Conselice – dice Paganini, da quasi 40 anni nel settore agricolo con un’azienda a Villagrappa nel forlivese -, ma le principali difficoltà al momento per un contadino sono legate alla forbice enorme che c’è tra il prezzo al pubblico e quello del prodotto». I rincari del post alluvione infatti non lasciano alcun settore esente, dal turismo a quello agricolo, e le conseguenze non cadono solo sui consumatori ma anche sugli agricoltori. «C’è qualche agricoltore che segue la strada del km 0 ma con poche vendite.- continua Paganini – Bisognerebbe aiutare il mondo contadino anche per questo. Il consumatore che non vive in campagna queste cose magari non le sa, ma il problema è importante». Anche Gaddoni, coltivatore faentino, sottolinea il problema dei rincari: «Dal Covid allo scoppio della guerra in Ucraina i prezzi di concime e di materie prime sono quadruplicati. Il problema è che il prezzo del nostro prodotto non è cresciuto mentre la grande distribuzione vende a prezzi altissimi: si passa da 0.60 al kg al contadino al prezzo di vendita di 4.50 euro al kg». Il problema economico è quindi centrale e gli aiuti diventano una necessità per chi deve ripartire.

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“Al momento non siamo tutelati, siamo abbandonati”

«Le gelate tardive e primaverili potranno ricapitare – dice Gaddoni parlando del prossimo autunno -. Ci sono aziende che volevano montare sistemi antibrina, ma non hanno soldi per farlo. Un ventolone costa anche 70mila euro. Si tratta di investimenti importanti e negli ultimi tre anni ci sono aziende che non hanno prodotto nulla o quasi. Al momento non siamo tutelati, siamo abbandonati. Occorre trovare con urgenza la soluzione per calmierare i prezzi e dare una mano concreta a chi è stato colpito dall’alluvione. Vorrei che le associazioni di categoria intervenissero con i fatti». Oltre alle difficoltà dei mesi passati, dalle gelate all’alluvione alla grandine e all’aumento dei prezzi, ora anche una nuova minaccia: la cimice asiatica. «Si tratta di un problema esploso già anni fa e presente anche negli anni precedenti – spiega Paganini -. Anche quest’anno si è ripresentato ma in realtà fortunatamente in modo meno aggressivo». Un fenomeno che comunque preoccupa: «Sta diventando un problema – aggiunge Gaddoni -. Fino a maggio ce n’erano poche, ma adesso è pieno di cimici. Il frutto cade e poi una volta punto è da buttare. Ci tocca trattare spesso, ma troppi trattamenti non fanno bene. In altri Paesi europei hanno prodotti più efficaci. È però vero che l’anno peggiore è stato il 2019». Ci si avvia quindi verso un nuovo autunno con tante fatiche che pesano sulle spalle degli agricoltori. Là dove l’alluvione ha dato il colpo di grazia a una terra già colpita restano oggi solo le radici di chi quella terra la coltiva. «A sorreggere questo settore è la passione oltre all’indotto che ha nella nostra regione – conclude Paganini -. Un agricoltore è un agricoltore perché ce l’ha nel sangue, ha le radici nella sua terra e fa fatica a staccarsi. So che i romagnoli non si arrendono e qualcuno di certo cercherà di reimpiantare, ma serve un aiuto e non una tantum, ma un sostegno concreto per ripartire».

Letizia Di Deco