Nel mese di luglio del 2023 si è svolto un viaggio missionario di un gruppo adulti che con l’Ami, Amici Mondo Indiviso, è partito per la Tanzania, diretto a Mwanza, sede di missione. Qui il gruppo è stato ospite dello studentato dell’Ami e ha avuto modo di entrare a contatto con una realtà, quella africana, molto diversa e piena di contraddizioni. Ecco il racconto di Roberta.

Il racconto di Roberta: fare un viaggio missionario è rendere utile una vacanza

Al ritorno da questo lungo viaggio, non è facile tirare delle conclusioni. Ci vuole tempo per metabolizzare quel che è stato vissuto, visto, sentito, odorato. Mettere nero su bianco le emozioni è uno sforzo notevole in questo momento e, ho paura, forse riduttivo. Quel che mi sento di dire è che il viaggio missionario è un viaggio necessario nella vita di ciascuno, soprattutto se si vanno a visitare certi luoghi. Chi di noi non ha mai sognato le spiagge di Zanzibar? Ma è davvero giusto dire di aver visitato un paese senza averlo conosciuto? Immagino che Zanzibar sia bellissima, così come tutta la Tanzania, ma non si può ridurre solo a questo. Fare un viaggio missionario è innanzitutto rendere “utile” una vacanza ed è necessario per poter dire di aver visto e conosciuto un posto. L’esperienza è sicuramente forte ma necessaria, ricca di ambivalenze e di umori che cambiano da un secondo all’altro. D’altronde Mamma Africa è bella per le sue contraddizioni, per la sua estrema povertà e la sua incredibile generosità; per la sua “bruttezza” (agli occhi giudici degli occidentali) e per la bellezza della sua natura; per la situazione in cui vivono e per la naturalezza con cui lo fanno, senza badare a quello che non c’è ma facendo attenzione a quello che c’è. Un’usanza che forse noi abbiamo perso. Le visite all’ex lebbrosario, alla struttura che ospita i malati mentali, al centro dei bambini di strada suscitano senza dubbio emozioni forti, vuoi per le condizioni in cui vivono, vuoi per le loro storie. Eppure tutto quel dolore subito si trasforma in gioia quando in una carezza trovano un motivo per sorridere, nonostante tutto il loro vissuto. E allora lì la vacanza diventa viaggio, acquisisce un motivo in più, il motivo in più. Lo studentato di Tumaini Letu, che è stato la nostra casa per tutto il viaggio, è un posto magico. Il lago Vittoria si espande davanti, così grande da sembrare mare; le stelle illuminano forte anche quelle sere (poche, per fortuna) in cui non c’è luce.

La gioia di donare gli occhiali da vista ai bambini albini

Le studentesse poi sono un dono prezioso di questa Terra, che l’Ami sta aiutando a esprimere in tutta la loro grandezza: infermiere, dottoresse, radiologhe, assistenti sociali che si stanno formando per rendere migliore il posto in cui sono cresciute, per poter donare agli altri quello che loro non hanno avuto, dove non l’hanno avuto, cioè a casa loro. Che forza incredibile emanano, con delle storie troppo grandi per la loro età, che a volte le hanno piegate ma mai spezzate e che con l’aiuto di questa nuova famiglia stanno provando a superare. Un’altra incredibile sensazione è stata donare gli occhiali da vista ai bambini albini: guardare la loro commozione nel vedere bene per la prima volta, fa ancora venire i brividi e fa sentire unico quell’essere lì, in quel momento, a fare quella cosa. Senza parlare poi del Safari stupendo che abbiamo vissuto, dormendo sotto le stelle e godendoci gli animali all’alba, appena svegli, come noi, in questa immensa Savana che esplode davanti agli occhi e dentro al cuore, coi raggi del sole che attraversano gli alberi e le gazzelle che corrono accanto. Abbiamo conosciuto inoltre la cultura dei Sukuma, una delle più grandi e antiche tribù africane, dove ci sono stati mostrati villaggi antichi, vecchie costruzioni, tradizioni ataviche e balli tipici.

Portare avanti ogni missione nella propria vita quotidiana

Una full immersion totale tra la bellezza e la difficoltà di questo grande paese che ti entra dentro. Anche se ancora lo dobbiamo elaborare. Anche se ancora le parole non sono pronte. L’unica cosa che mi sento di dire è che sarà difficile tornare a fare viaggi non missionari, non solo perché è bello conoscere tutti gli aspetti di un posto che si visita ma anche perché è impensabile adesso fare a meno di portare anche il più piccolo aiuto, in base a quanto e come, ognuno di noi può essere utile, nei posti che non chiamiamo casa. Auguro a tutti di portare avanti ogni più giovane missione nella propria vita quotidiana con il motto che più mi ha segnato pole pole, che significa “piano piano”, un modo di fare le cose che nella società capitalista abbiamo dimenticato. Cari tutti, anche se adesso è il tempo del riposo, vale la pena nel profondo del cuore prepararsi al nuovo viaggio missionario. Pole pole.

Roberta