Che non sia solo una corsa di cavalli, lo testimoniano le parole e l’impegno che ha messo in tutti questi anni Antonio Lolli nel valorizzare il Palio del Niballo di Faenza. Dalla cura delle cerimonie alla responsabilità di garantire bellezza e decoro del corteo storico, per quasi vent’anni Lolli è stato maestro di campo della manifestazione. Dietro alla giostra c’è di più: una comunità che vive e sogna assieme, unita dagli stessi valori che prendono la forma del drappo di san Pietro, della donazione dei ceri, della grande festa della Nott de bisò. Alcune settimane fa ha deciso di lasciare questo ruolo a seguito della decisione del comitato Palio di procedere alla realizzazione della manifestazione nonostante la Faenza ferita dall’alluvione. «Non mi è sembrata la scelta giusta – dice -. Per me era importante utilizzare le risorse destinate alla giostra per essere vicini alla popolazione colpita, continuando nel segno della solidarietà ben testimoniata dai rioni in questi mesi. Con serenità, prendo atto della decisione e mi faccio da parte. Sono stati anni belli e intensi che non dimenticherò…».

Intervista ad Antonio Lolli: “Fui da subito affascinato dalle sfilate del corteo…”

Antonio, come è nato il tuo incontro con il mondo del Niballo?

Sono nato in via Fadina, nel cuore del Rione Nero. Nella prima edizione del Palio, nel ‘59, avevo 7 anni. Da casa vedevo transitare il corteo del Nero: mi colpì in particolare il suono dei tamburi al passaggio dei figuranti. Fui subito affascinato. Così, qualche anno dopo, entrai nel rione, ma esplorai anche altri ambiti. Nel ‘66 partecipai per esempio nel Gruppo municipale come portatore della botte, mentre nel ‘67 entrai nell’organico del Nero come armigero. L’anno dopo Sandro Rivalta ampliò il gruppo musici da 5 a 9 tamburi e io fui uno dei nuovi ingressi. Poi ho fatto parte del direttivo del Nero dall’81 al ‘91. Durante questi anni ho straordinari ricordi: le uscite con le bandiere all’estero, le vittorie del Palio, la soddisfazione di portare avanti le settimane del Niballo e aver dato il mio contributo ad arricchire e organizzare la Nott de bisò..

Nel 2004 parte poi una nuova avventura come maestro di campo.

L’anno precedente venni interpellato da Aldo Ghetti e Fausto Brugnoni. Mi chiesero la disponibilità a ricoprire la figura di maestro di campo. Accettai con entusiasmo, era una sfida che mi intrigava molto e che mi ha accompagnato per quasi vent’anni, dal 2004 a oggi.

Di cosa si occupa il maestro di campo?

Ha un raggio d’azione molto ampio: si spazia da compiti normativo-disciplinari a quello organizzativi e cerimoniali. In primis è responsabile del rispetto del regolamento da parte dei cortei di tutti i rioni, nel segno dell’accuratezza storica e del decoro. Grazie ai miei collaboratori, per esempio, vengono segnalate le infrazioni di comportamento, e da lì cerchiamo ogni anno di aiutare i rioni a migliorare.

Quali le infrazioni più frequenti?

Per esempio è ancora comune vedere dei figuranti con in bocca gomme da masticare oppure che salutano sguaiatamente i passanti. Queste infrazioni passano poi al giudice disciplinare per i provvedimenti.

Gli altri compiti del maestro di campo?

Nel caso il podestà della giostra fosse impossibilitato, il maestro di campo deve essere pronto a subentrare. Cura poi le cerimonie e manifestazioni durante il corso dell’anno, come la Nott de bisò o la Donazione dei ceri. Poi fa parte della Deputazione del Palio, assieme ai rappresentanti del sindaco e di tre professori, storici o esperti. È in questo contesto che è nato uno degli aspetti del Niballo che mi rende più orgoglioso e di cui sono stato promotore.

Quale?

La premiazione del Palio sul sagrato della Cattedrale, iniziata nel 2006, con la consegna del drappo da parte del vescovo. È stata una scommessa. Il comitato accettò all’inizio con molte riserve. Nacque dal dialogo col vescovo Stagni, dopo che già da qualche anno il drappo veniva dipinto con l’effige di san Pietro. Fu una scommessa riuscita assieme all’Amministrazione. Mi viene ancora la pelle d’oca a ripensare alla prima volta che l’abbiamo realizzata, con tutta la gente festosa sulle scalinate. All’inizio anche i rioni scettici dissero che viverla lì era una grande emozione, molto più sentita rispetto alla premiazione alla stadio.

vittoria borgo 09

Anche il Niballo ha partecipato ai gruppi diocesani del Cammino sinodale. Cosa lega la manifestazione agli aspetti religiosi?

Il legame principale per me è san Pietro. La sua effige sul drappo è il motore che ha avvicinato il mondo del Palio alla Chiesa, offrendo un valore aggiunto e di senso fondamentale alla manifestazione. Il dialogo con la sfera religiosa e con la Curia è stato uno dei compiti che più ho seguito come maestro di campo. Ho curato in particolare il cerimoniale di saluto di monsignor Stagni e di accoglienza del vescovo monsignor Mario Toso. Così come abbiamo voluto fortemente dare valore alla cerimonia della Donazione dei ceri.

Qual è il valore delle cerimonie?

Rappresentano l’unione della comunità e la testimonianza dell’impegno che questa mette nel portare avanti le proprie tradizioni e valori. Questi vengono resi tangibili e celebrati attraverso le cerimonie. Per questo vanno curate al massimo nei minimi dettagli.

donazione ceri rosso

“La catena decisionale del Niballo andrebbe cambiata. Nella forma attuale ci sono dei limiti”

Perché le tue dimissioni?

Avevo proposto al comitato di non disputare il Palio quest’anno e di donare agli alluvionati tutta la cifra che comporta l’allestimento e l’organizzazione. Mi sembra una mancanza di rispetto disputare la giostra mentre persone e famiglie sono ancora fuori casa, con tante incertezze sul futuro. Io stesso sono un alluvionato del Borgo. Il comitato – dove se i cinque rioni sono d’accordo ottengono sempre la maggioranza – ha preso un’altra decisione e io ho presentato le mie dimissioni. Il comitato Palio è composto in maggioranza dai cinque capi rione (a cui si aggiungono un rappresentante del Comune e il reggente del Gruppo Municipale): per cui se i cinque capi rioni sono d’accordo su una decisione hanno sempre la maggioranza. Questo secondo me è un limite, a livello decisionale. Io ho fatto pervenire la mia proposta al comitato – a cui partecipo senza diritto di voto – ma la proposta non è stata accolta.

Il mondo del Niballo a volte viene accusato di essere poco ricettivo ai cambiamenti. È così?

In parte è vero, è molto restio a carpire le novità anche quelle che potrebbero portare dei vantaggi alla manifestazione. La catena decisionale del Niballo andrebbe cambiata. Lasciando il sindaco al comando, il comitato dovrebbe a mio parere essere rappresentanza di persone esterne alle logiche di chi ‘gioca’ la manifestazione. Aiuterebbe a svilupparla. Altrimenti si sta sempre col freno tirato. Oggi il Niballo, secondo me, deve sempre di più aprirsi all’esterno.

Samuele Marchi