Nonostante l’alluvione e tutte le difficoltà legate all’emergenza si è conclusa trionfalmente la stagione per la squadra di pallacanestro Faenza Futura. Il team che fino a quest’anno giocava in Prima Divisione ha vinto il campionato battendo in finale il Rimini e debutterà a ottobre in Promozione. Abbiamo intervistato Andrea Bertozzi, allenatore della squadra da due stagioni, e il cestista Giacomo Spiriti, 27 anni, da tre stagioni nel Faenza Futura.

Intervista all’allenatore Andrea Bertozzi

Bertozzi, com’è andata la stagione?

Inizialmente è andata peggio dell’anno scorso, quando eravamo arrivati secondi e avevamo perso la finale dei playoff contro il Rimini. Quest’anno siamo arrivati quarti, ma la finale, ancora contro il Rimini, l’abbiamo vinta, questo anche grazie a stimoli che ci sono venuti durante l’emergenza alluvione.

Durante l’emergenza avete continuato a svolgere gli allenamenti?

Abbiamo fatto un allenamento e le semifinali, ma dato che il pala Bubani era stato assegnato alla Protezione Civile le abbiamo giocate nella palestra “Campus”.

Come avete reagito all’alluvione?

La squadra ha dimostrato di voler dare qualcosa in più. In tanti avrebbero mollato, invece loro no, si sono rimboccati le maniche e hanno realizzato il nostro sogno. Per quanto riguarda il mio ruolo è stato quello di caricare i ragazzi e di gestire l’aspetto psicologico piuttosto che quello fisico.

Che significato ha questa vittoria?

Per prima cosa questa vittoria ce la teniamo stretta, non eravamo una delle squadre favorite e inizialmente sembrava che non ce la potessimo fare. Poi con l’alluvione sono saltati fuori dei valori molto importanti come il gioco di squadra, che poi ci hanno permesso di fare lo step qualitativo, che ci ha permesso di vincere il campionato.

bertozzi faenza futura

Intervista al giocatore Giacomo Spiriti

Giacomo, come squadra come avete reagito all’alluvione?

Subito dopo l’alluvione, come tutti, ci siamo riboccati le maniche e abbiamo dato una mano, purtroppo alcuni di noi hanno perso tutto. Il lato positivo di quest’emergenza è che ci siamo aiutati a vicenda. Come squadra per una settimana non abbiamo parlato di basket, ma ci chiedevamo solo come stessimo, in generale abbiamo reagito nella stessa maniera mettendo la città al primo posto. La cosa bella è che la mattina andavamo a spalare il fango e la sera vincevamo le semifinali.

Come siete entrati in campo nella partita contro il Ravenna?

Era la squadra favorita, non aveva perso ancora nessuna partita nel campionato e a differenza nostra si era allenata tutto il mese. Noi siamo arrivati senza allenamenti e più che la tecnica abbiamo usato il cuore. Battere il Ravenna in semifinale ci ha dato la consapevolezza che potevamo andare a Rimini e farcela.

Che significato ha per voi questa vittoria?

È stata una vittoria inaspettata che a inizio anno si poteva mettere in conto ma che senza allenamenti e dopo l’alluvione era impensabile. Come vittoria è stata emozionante perché tutti abbiamo sacrificato tempo e spazio per farcela. È stato molto importante per noi perché si era andata a creare una forte sintonia che univa il gruppo.

Cosa ti aspetti dalla prossima stagione?

Ci aspettiamo di fare un buon campionato e soprattutto cercheremo di iniziare con la stessa sintonia e con lo stesso entusiasmo con il quale abbiamo vinto, perché avere un obiettivo comune e vedere che la nostra città era stata ridotta così è stato davvero stimolante. Non sappiamo dove arriveremo, ma speriamo di fare un campionato al massimo delle nostre possibilità e delle nostre potenzialità.

Nella nuova serie avrete bisogno di ulteriori investimenti. Avete difficoltà a trovare nuovi sponsor?

I costi della Promozione sono molto più alti di quelli della I Divisione e di conseguenza abbiamo bisogno di più risorse, quindi di aziende che ci finanzino. Capiamo che per via dell’alluvione la maggior parte delle imprese faentine siano in forte crisi. La difficoltà a trovare sponsor è un problema che hanno molte società sportive sia a livello professionistico che a livello dilettantistico, in questo modo però non si dà la possibilità ai giovani di crescere e di far loro raggiungere un certo livello.

di Mattia Bandini