L’immagine della Romagna in fiore non è solo un verso della celebre canzone di Casadei, ma una caratteristica essenziale del nostro territorio: la fioritura dei campi, i colori del grano maturo. Quest’anno però non vediamo nulla di tutto ciò. Dopo un’annata che aveva già messo a dura prova le aziende agricole locali che si sono trovate a fronteggiare gelate e grandine, l’alluvione ha coperto di fango campi e serre, distruggendo colture e facendo scomparire ettari di terreno. Un problema non solo faentino, ma di tutta la Romagna e che apre questioni molto importanti. Si parla di economia che subisce un duro colpo, ma, ancor prima, di lavoro di moltissime persone. Abbiamo chiesto a Sabrina Montefiori, dipendente dell’azienda faentina Mazzoni di Montefiori & Mazzoni di raccontarci qual è la situazione attuale.

Agricoltura in ginocchio: gelate, grandine e alluvione

«Entrambe le aziende hanno subito danni: sia Montefiori che si occupa di floricoltura sia Mazzoni che si occupa di ortofrutta. Per quanto riguarda quest’ultima, abbiamo un ettaro e mezzo di terreno adibito a ortaggio che è completamente andato perso – spiega -. Quattro serre sono completamente distrutte e tre sono a metà rottura». Due attività in difficoltà: entrambe hanno il punto vendita in via San Martino ed entrambe hanno registrato danni sia alle strutture che alla merce, dovuti all’esondazione del torrente Marzeno. «Stiamo provando a ripiantare gli ortaggi, in primis pomodori e zucchine – dice Sabrina – ma non riusciamo a ripiantare tutto: niente più zucche, aglio, scalogno. Quest’ultimo in particolare per noi è molto importante perché facciamo anche parte del Consorzio dello scalogno romagnolo». Difficile immaginare le prospettive future in questo momento in cui la fase emergenziale non è ancora terminata e gli argini non sono ancora stati ripristinati del tutto.

Prospettive future tra paura e ripartenza

Ora stare vicino al fiume fa paura non solo a chi ha la casa vicino all’argine, ma anche a chi ha aziende agricole: quel che è successo siamo certi che non ricapiterà? «La nostra prospettiva adesso è quella di trovare altre serre a basso costo, magari un’occasione – continua Sabrina -. Ci sta franando anche la terra vicino al fiume e metà serra è finita in acqua; la sua forza è stata proprio distruttiva. E poi, proprio dove è franato l’argine, abbiamo un pezzo di terra in meno. Già con la prima alluvione avevamo avuto danni, la seconda ha fatto andar perso tutto». Oltre ai danni alle strutture però c’è un altro ostacolo alla ripresa: «un altro grosso problema è che la strada tra il Ponte Rosso e il nostro punto vendita in via San Martino è ancora disagiata. È dalla prima alluvione che non abbiamo il collegamento con Faenza, con Borgo Tuliero, Sarna. Al momento per portare avanti il negozio abbiamo fatto la scelta di acquistare le verdure per rivenderle, ma in questa situazione in cui è difficile anche per i clienti raggiungerci, anche comprare la merce da rivendere diventa complicato perché non si tratta di prodotti a lunga conservazione. Anche per quanto riguarda la frutta ci sono difficoltà. Al momento abbiamo a disposizione quella dei nostri poderi in via Agello a Santa Lucia, ma dopo un anno di gelate e grandine era già in condizione precaria. E poi anche qui con l’alluvione, il torrente Samoggia ha portato via una quindicina di file di meli. In totale abbiamo registrato un calo di vendite dell’80%». Di fronte a una situazione così grave è ancor più chiaro ciò che è stato evidente da subito: sono necessari aiuti da parte dello Stato. Aiuti che però non sono ancora arrivati per le aziende agricole.

di Letizia Di Deco