Faenza da sempre fa rima con ceramica. Un legame indissolubile, che ha reso famosa la nostra città in Italia e nel mondo. La devastante alluvione non ha risparmiato nemmeno questo settore. Anche le botteghe ceramiche, punto di riferimento per la città e per migliaia di turisti, sono state invase da una marea di acqua e fango. A distanza di un mese facciamo il punto della situazione con Elisa Suzzi, titolare insieme alla madre Laura Silvagni, de La Vecchia Faenza, bottega ceramica con 55 anni di storia e celebre per le maioliche artistiche dipinte a mano con i decori della tradizione faentina. La Vecchia Faenza ha un laboratorio in via S. Ippolito e due punti vendita, uno attiguo al laboratorio e uno in corso Garibaldi: tutti i locali sono stati sommersi dal fiume Lamone.

Intervista a Elisa Suzzi

Elisa, partiamo da quelle ore drammatiche. Quando siete riusciti a entrare nei locali e rendervi conto dei danni?

Mercoledì 17 maggio alcuni amici ci hanno comunicato che l’acqua era arrivata nel negozio di corso Garibaldi, dove ha raggiunto il metro e sessanta, mentre non conoscevamo ancora la situazione dei locali in via S. Ippolito. Siamo riusciti ad avvinarci nel pomeriggio, constatando che l’acqua era arrivata a due metri all’interno del laboratorio, tre metri nella sala dei forni. Giovedì siamo riusciti a entrare e, come tanti faentini, ci siamo trovati di fronte ad uno scenario apocalittico con mobili accatastati, fango ovunque, attrezzature distrutte e il pensiero di non sapere come fare per liberare e ripristinare 500 mq quadri di locali. Per fortuna nel pomeriggio sono arrivati amici, colleghi ceramisti e volontari e nel giro di tre giorni abbiamo liberato i locali e pulito muri e pavimenti.

A quanto ammontano i danni?

Faccio ancora fatica a fare una stima economica. Sicuramente sono molto ingenti perché i forni sono andati tutti sott’acqua e saranno da sostituire. Abbiamo perso anche smalti, compressori, cabina d’aspirazione e terrecotte. In questo momento la produzione è ferma e non so precisamente quando potrà ripartire: contiamo comunque di ricominciare prima possibile, non appena ci saranno le condizioni adeguate. Dobbiamo ricostruire praticamente da zero perché anche gli spolveri, i disegni preparatori, hanno subito gravi danni. Siamo riusciti a salvarne una parte e siamo contenti perché sono davvero la nostra storia però molti purtroppo sono inutilizzabili.

Come ripartire: la visita del vescovo Mario, la sensibilizzazione

Alla luce di tutto questo, come state ripartendo con l’attività?

Essendo ferma la produzione, stiamo ripartendo, a piccoli passi, con la vendita. Fortunatamente abbiamo salvato tante ceramiche finite, che sono pur sempre da ricontrollare e riordinare ma ci consentono di guardare avanti. La grande difficoltà ora è riappropriarsi dei propri spazi, renderli di nuovo funzionali all’attività lavorativa dopo che sono stati sconvolti da acqua e fango. Siamo ripartiti anche con le vendite a distanza, riorganizzando le spedizioni e questo ci aiuta moltissimo, sia da un punto di vista economico che emotivo perché ci indica la strada, ci fa capire che c’è un futuro.

Nei giorni scorsi avete ricevuto la visita del vescovo monsignor Mario Toso. Cosa ha significato per voi, in un momento complicato?

Ci ha fatto un enorme piacere ricevere la sua visita, ci ha davvero rincuorato tantissimo. Abbiamo sentito la sua carezza, la sua vicinanza, specialmente mio padre per cui questa visita ha significato molto. Tra l’altro il vescovo viene spesso a trovarci e ci ha sempre sostenuto, era presente anche nel 2017 alla festa per i nostri 50 anni.

Faenza è nota in tutto il mondo per la ceramica e sono migliaia i turisti che visitano Mic, Museo Zauli e botteghe ceramiche. Quali provvedimenti o agevolazioni potrebbero favorire la ripresa?

Innanzitutto credo sarebbe utile lanciare una campagna di sensibilizzazione, incentrata sull’importanza delle realtà culturali e creative in una città come Faenza. Penso poi sia fondamentale evitare che si sviluppi una Faenza a due velocità, con la parte di città che non ha avuto danni che va avanti come se nulla fosse e la parte di città alluvionata che fatica a rialzarsi. Mi aspetto ci sia un occhio di riguardo verso i quartieri più feriti dalla furia dell’acqua e che sia quindi possibile organizzare eventi e iniziative, appena vie e spazi saranno nuovamente fruibili. Questo avrebbe una ricaduta importante per le attività economiche ma sarebbe fondamentale anche per fare memoria, non dimenticare la tragedia che abbiamo vissuto, sensibilizzare i faentini che non hanno toccato con mano ciò che è successo e tenere vivi quartieri inevitabilmente spopolati.

di Samuele Bondi