Di seguito riportiamo l’omelia pronunciata dal vescovo monsignor Mario Toso in occasione della messa di Pentecoste in Cattedrale, domenica 28 maggio 2023.

L’omelia del vescovo Mario

Fratelli e sorelle, sono giorni di lavoro e di fatica, di lotta contro il fango e l’acqua per recuperare case e spazi alla vita. Vedo sui volti la stanchezza, ma anche la forza reattiva di quanti hanno perso casa e di tanti volontari. La situazione è grave, le nostre città e i nostri territori sono stati colpiti da una forza spropositata e imprevedibile. Perché, allora, abbiamo confermato e invitato il più possibile a questa S. Messa? Non stiamo rubando tempo a un lavoro più utile, qui fuori, nelle strade e negli scantinati?

Siamo qui, perché davanti a necessità immense e a forze sproporzionate o riconosciamo che la nostra forza viene dall’alto o non riusciremo ad affrontare questa emergenza se non attingeremo anche e soprattutto ad essa. Siamo qui, perché ogni nostra azione se non ha in Dio il suo principio e compimento è come una casa costruita sulla sabbia (Mt 7, 26). Siamo qui, perché abbiamo bisogno di chiedere e di ricevere lo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù, perché senza Gesù Cristo non possiamo fare nulla (Gv 15, 5).

Siamo raccolti in questa Cattedrale, come gli Apostoli, impauriti, pieni di timore, chiusi nel cenacolo dopo che hanno visto il Signore andarsene. E come nel giorno di Pentecoste, come la sera di Pasqua, ora riconosciamo che Lui è presente in mezzo a noi. Lo abbiamo ascoltato: è Lui che ci dice «Pace a voi!». È la sua voce che ci dice ora, «Ricevete lo Spirito Santo».

Ecco che all’improvviso Lui è presente e ci parla. E ci dice: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (Gv 14, 27). Per questo a voi tutti e a me stesso ripeto: «Pace a voi!». Sì, pace, non la mia o del mondo, ma la pace del Risorto è con noi.

Lo abbiamo chiesto nella sequenza, lo abbiamo sentito nelle letture e nel Vangelo: anche quando le porte sono chiuse, quando allo sguardo è sottratta la prospettiva del futuro, anche quando la morte sembra aver messo l’ultima parola sul destino dell’uomo, viene all’improvviso lo Spirito Santo, viene il Signore per stare in mezzo a noi e per donarci la sua pace, la sua forza e il suo entusiasmo! La pace del Signore crocefisso e risorto però, non è quella del mondo; lo Spirito di amore e verità, non lo spirito del mondo.

La pace del mondo è nascondimento delle ferite, è manifestazione di forza, di potenza sugli altri e sulla natura, è risoluzione superficiale dei problemi. Lo spirito del mondo accontenta le orecchie e gli occhi, assopisce e distrae il pensiero cercando di rispondere ai nostri desideri autentici e profondi con risposte superficiali e appariscenti. La pace del mondo, ci dice che siamo noi il centro e che solo noi possiamo creare la nostra pace.

Cristo non nasconde le ferite

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Il Risorto è l’opposto: viene e mostra le sue ferite, non le nasconde. Non ci nasconde le difficoltà e i problemi della vita, ma ci mostra che il male non ha l’ultima parola per chi crede in Lui, per chi ha fede che Lui ha vinto la morte. Ci mostra che Lui solo può donarci la pace di cui abbiamo bisogno, e ce lo mostra con un atto di amore.

Egli ci dona pace, anche in queste settimane, mostrandosi in mezzo a noi e attraverso di noi che siamo il suo corpo, come il Cristo che soffre con noi, che sposta il fango con noi, che progetta il futuro con noi. Si, anche attraverso di noi, anche attraverso i “burdel d’la paciara” come ha chiamato i suoi studenti il preside dell’Istituto Oriani, il Signore prende carne.

In questi giorni, visitando il territorio della nostra diocesi e toccando con mano la devastazione e la disperazione, mi ha colpito, oltre l’incontro commosso con le persone, la continua compagnia di Maria, nostra madre, raffigurata in immagini sporche di fango. Il Signore Gesù e Maria sono con noi e per noi!

Per un nuovo rapporto col creato

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Lo Spirito Santo è inoltre Spirito di verità. San Giovanni dice: “non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1 Gv 3, 18). Le azioni e i fatti sono legati alla verità. Quale verità?

Oggi sembra che ognuno abbia la propria verità o che nessuno possa raggiungerla. Davanti a queste prospettive noi cristiani abbiamo ricevuto l’annuncio della verità, che è Gesù Cristo. Ma questa verità non è un dato “immobile” e “inerte”, da mettere nel cassetto, da trasformare in parole e basta. È un fatto concreto, è azione, è vita piena, è una relazione che va scoperta continuamente. Una preghiera dei Vespri (lunedì III settimana del salterio) dice: A quanti cercano la verità, concedi la gioia di trovarla, e il desiderio di cercarla ancora dopo averla trovata. È l’atteggiamento dei pellegrini, capaci di entrare in dialogo con la realtà e con gli altri, con un cuore sempre in attesa e in ricerca di ciò che è essenziale e che il Padre ci ha rivelato in Gesù Cristo.

Fratelli e sorelle, ognuno di noi ha un profondo bisogno di amare nei fatti e nella verità, nella ricerca di ciò che è giusto, bello e buono e viene da Dio. Penso ai tanti interrogativi che possono essere nel nostro cuore: viene forse da Dio questa devastazione? È forse Dio la causa di questi morti e di questa sofferenza? No, fratelli, sia chiaro a tutti: queste calamità non sono un castigo che viene da Dio.

Tuttavia, fra le tante cause di questa calamità dobbiamo guardare senza ipocrisia al nostro rapporto con la natura, dobbiamo smetterla di pensare e di agire da dominatori: noi siamo parte di questa natura. L’uomo è chiamato da Dio a coltivare e custodire, non a rubare e depredare per il proprio profitto. Abbiamo bisogno, come scrive papa Francesco nella Laudato sì, di instaurare una nuova relazione con il creato:

La terra ci precede e ci è stata data.  […] Ciò implica una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura. Ogni comunità può prendere dalla bontà della terra ciò di cui ha bisogno per la propria sopravvivenza, ma ha anche il dovere di tutelarla e garantire la continuità della sua fertilità per le generazioni future. […] Questa responsabilità di fronte ad una terra che è di Dio, implica che l’essere umano, dotato di intelligenza, rispetti le leggi della natura e i delicati equilibri tra gli esseri di questo mondo (Laudato sì, § 67).

Cari amici, mentre ringrazio di cuore tutti, esprimo la mia vicinanza paterna e quella della nostra Chiesa a quanti sono colpiti da questa tragedia: la pace del Risorto, la sua speranza sia sempre con voi. Preghiamo perché lo Spirito di amore e di verità soffi, e trasformi le relazioni con noi stessi, con il creato, fra di noi e con Dio, orientandole alla costruzione del bene comune. 

Mario Toso, vescovo