Di seguito riportiamo un estratto della prolusione “A 60 anni dalla Pacem in Terris: l’essenza morale della democrazia” pronunciata il 12 aprile scorso dal vescovo, monsignor Mario Toso, al simposio scientifico organizzato a Roma dall’Università Lumsa, Fondazione Toniolo e rivista La Società. Il convegno è stato realizzato in occasione del 60esimo anniversario dell’enciclica sociale di papa Giovanni XXIII.

A 60 anni dalla Pacem in terris: l’essenza morale della democrazia. La prolusione del vescovo Mario Toso

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La Pacem in terris si pone come alternativa a concezioni della democrazia di tipo populista, oligarchico, meramente strumentale e procedurale che indeboliscono lo Stato di diritto. Oggi è ampiamente riconosciuto che la crisi della democrazia è soprattutto – oltre che crisi istituzionale e partecipativa – una crisi morale, una crisi di valori. È necessario, allora, il recupero di quest’ultimi, ai due livelli, personale e sociale. Alla stagione dei diritti deve affiancarsi la stagione dei doveri, intesi però non come meri imperativi categorici imposti dalla volontà umana, bensì come azioni richieste dall’ordinamento a Dio Sommo Bene. Ma, se i più convengono sull’urgenza della riforma strutturale e morale della democrazia, ritrovando una nuova unità attorno a beni-valori comuni, pochi sembrano disposti a riconoscere loro un qualche radicamento oggettivo nell’ordo ad Deum, come anche ai doveri-diritti. Così, se molti parlano dell’urgenza della riforma delle regole del gioco della democrazia, pochi credono in una società politica basata anzitutto sulla comunione: come comunicazione e condivisione di conoscenze nella luce del vero e come impulso e richiamo al bene morale.

Diritti e doveri oggi

In un contesto in cui si lamenta la carenza di visione, la Pacem in terris può essere ancora considerata matrice di una nuova progettualità a respiro globale. Tra i pilastri di una tale progettualità vi è senza dubbio da porre il fondamento dei fondamenti di ogni ordinamento giuridico, ovvero la persona umana, soggetto e sorgente prima di diritti e di doveri. La costruzione di una società pacifica mondiale comporta la realizzazione dei diritti-doveri delle persone e dei popoli. Redatti in apposite «carte» che l’enciclica considera «segni dei tempi», i doveri-diritti sono le direttrici lungo le quali muoversi per realizzare uno sviluppo integrale, comunitario, planetario, inclusivo diremmo oggi. Ma è cruciale il fondamento che è dato ai diritti e ai doveri da parte della PT, in un contesto in cui i diritti appaiono sfuocati e perdono il loro riferimento ultimo, sicché anche gli arbitrii divengono diritti. Attualmente più che alla persona si fa riferimento all’individuo, a un «io» meramente biologico e mercantilizzato, oppure a sue qualifiche particolari relative alla razza, all’etnia, al colore della pelle, alla religione, all’opinione politica, all’«orientamento sessuale».
Merita che ci si fermi qualche istante a riflettere sulla fragilità della fondazione contemporanea dei diritti. Poiché l’affermazione e la rivendicazione dei diritti soggettivi viene giustificata appellandosi alla libertà o ai desideri non guidati dalla verità o a un mero consenso sociale o a un dialogo neutrale sorgono varie incongruenze: i diritti prolificano sino a diventare pretese a qualsiasi comportamento; si moltiplicano i conflitti tra i diritti di persone diverse; non vi è alcuna ragione per rispettare i diritti altrui sacrificando i propri; né vi è alcuna ragione che giustifichi doveri per soddisfare simili diritti. È nella debolezza del fondamento dei diritti che, ad esempio, trovano oggi terreno fertile la teoria del gender, la richiesta di genitorialità a ogni costo e mediante l’utilizzo di tutti gli strumenti che la scienza medica mette a disposizione e, più in generale, la rivendicazione di asserite situazioni giuridiche soggettive che risultano, in realtà, frutto di scelte arbitrarie e libertarie. O gli ordinamenti giuridici usufruiscono del riferimento a un’esperienza morale inclusiva di Dio – Bene trascendente perfettissimo – o vengono meno motivazioni forti e incondizionate per la loro realizzazione.

Democrazie fragili

Le prospettive antropologiche e giuridiche della Pacem in terris aiutano, inoltre, a evidenziare altre gravi lacune e incongruità nell’azione contemporanea delle attuali comunità politiche. Appare chiaro che non poche democrazie poggiano sempre più su ordinamenti e prassi giuridici che appaiono contraddittori o non coerenti. Così, diviene sempre più evidente che l’adozione generalizzata, da parte delle democrazie contemporanee, di un’etica di terza persona, ovvero un’etica che viene costituita sulla base del punto di vista di uno spettatore imparziale per meglio tutelare qualsiasi opinione, finisce per consentire l’omologazione di tutto e il contrario di tutto. In tal modo, le democrazie post-secolari, mostrano tutto il loro depotenziamento etico che finisce per aggravare il loro declino civile e demografico. Occorre invertire la tendenza che vorrebbe piegare lo Stato di diritto al riconoscimento degli arbitrii. Se non si argina un simile processo lo Stato di diritto viene frantumato e subentra il disordine etico e giuridico.

Da dove ripartire

Emerge il problema delle rappresentanze politiche, compresa quella dei cattolici. Se analizziamo tali rappresentanze, dobbiamo registrare una loro progressiva desertificazione. La crisi della democrazia, infatti, soggetta a forme di populismo e di leaderismo oligarchico, ha contribuito al loro indebolimento. Oggi, non soltanto manca spesso l’autorevolezza e l’efficacia dei detentori del potere politico, ma anche quella delle élite economiche e sociali. Diventa, pertanto, sempre più chiaro che, se le società civili intendono conservare uno stile di vita di tipo democratico, partecipativo e deliberativo, occorre adoperarsi per la nascita di nuovi movimenti sociali, per la riforma dei partiti e delle molteplici istituzioni, in cui è articolato il tessuto civile, non esclusi i sindacati. La qualità morale della convivenza civile e politica dipende dal grado di apertura, libera e retta, delle persone ai valori superiori, spirituali e religiosi. Per la Pacem in terris un diffuso scetticismo in campo metafisico-morale prelude a regimi assoluti assorbenti, facilmente degeneranti in totalitarismi intolleranti. Vera libertà e vera democrazia prosperano là ove la luce della verità si afferma gradualmente, dissipando le nebbie dell’errore.

Mario Toso, vescovo