Una ciotola per descrivere il senso dell’amore: lasciarsi riempire dall’affetto di qualcuno e restituire. Un po’ di fango per raccontare il rapporto con Dio: “Fango sei tu tutte le volte che la tua umanità si lascia abbracciare dalla divinità che c’è dentro di te”. E lo sguardo di Gesù su Pietro, sul lago di Tiberiade, al caldo di un fuoco, per spiegare la misericordia. È un disegno “di terra” quello di Stefano Nava, illustratore reggiano con gli occhi piantati in cielo. Autore di testi come “Un uomo” (Messaggero di Padova) sulla figura di San Francesco e “Fango” (Edizioni San Lorenzo) oltre che dell’icona della Giornata delle vocazioni 2020, porta in giro per l’Italia immagini vibranti e attualissime del Vangelo in incontri-spettacolo come quello ospitato a Faenza, mercoledì 12 aprile nella parrocchia del Santissimo Crocifisso.

9788880712510 0 536 0 75

Un racconto fatto di musica, parole e disegni che si illuminano e parlano dell’ambientazione interiore e biblica nella quali nascono le sue opere, fatte appunto di passi di Vangelo e vita quotidiana.

“Un abbraccio, uno sguardo, una carezza: sono gesti che ci sono un po’ mancati negli ultimi due anni – spiega –. Credo che senza queste cose si affievolisca il desiderio. Non ce lo possiamo permettere”. Quella descritta nel Vangelo invece, argomenta, è una “spiritualità che parte dalla terra e dal fango, come quella che ha impastato e messo sugli occhi del cieco nato. Se l’ha fatto lui, lo può fare ognuno di noi. Non possiamo perdere il desiderio di questi gesti di vicinanza, piccoli miracoli del quotidiano”.

az1 1
Stefano Nava

“Vuoi guarire? Sembra una domanda banale”, provoca a partire dal suo primo disegno: un lettuccio, quello del paralitico fermo ai bordi della piscina di Betzaetà, nel Vangelo di Giovanni. “E invece quest’uomo accampa scuse e accuse. E mi accorgo che sono io. La vita è questione di desiderio. E Cristo mi dice: alzati, smetti di fare il povero. Anche se non hai tutto sotto controllo. Prendi il tuo lettuccio e cammina. Prendi in mano la tua fragilità, non può impedirti di camminare. Ecco, io avevo un po’ di manie di perfezionismo, ma leggendo così questo brano, mi sono detto: allora si può. Si può iniziare a fare qualcosa. Siamo creature del sesto giorno (non del settimo), creature imperfette. Il nostro è un Dio che versa talenti dove noi nascondiamo le nostre monete”.

Al centro della narrazione di “Fango” ci sono le nostre fragilità, i peccati, la terra della vita di tutti i giorni, che però, spiega Nava, è terra “custodita, amata, innamorata”, che ha incontrato la misericordia di Dio.

Il secondo quadro fotografa l’ombra di Pietro nel cortile del sommo sacerdote, dopo che ha rinnegato Gesù. “Ciascuno può riconoscere la sua storia. Davanti a quello sguardo (di misericordia) puoi riconoscere quella volta in cui hai pensato di perdere qualcuno, il tuo sì a un cammino, lo schiudersi sul mondo degli occhi di tuo figlio per farsi accarezzare da uno sguardo di amore. Pietro si permette di piangere, e il pianto ci permette di riconoscerci per quello che siamo: terra, ma terra amata. E capisce che Dio ci chiede di mettergli a disposizione non solo le sue qualità ma anche quell’ombra, le sue fragilità. Con quella, il Signore può fare meraviglie, può sanare i fratelli”.

La resurrezione passa tutta da qui, aggiunge: “Non basta, se non viene a toccare la tua carne”. Di qui un’interpretazione bellissima e “personale” della misericordia“È un Dio che dice: il mio cuore è mancante se non è lì accanto a te. Trova casa solo dove sei tu. Se guardiamo al nostro errore, guardiamo solo a noi stessi. A un certo punto dobbiamo volgere lo sguardo e vedere cosa fa Dio quando cadiamo. Lui dice che sei ancora capace di amare. Dio perdona perché vede te oltre te. E’ innamorato della la tua capacità di amare nonostante le cadute. È il Dio del ‘d’ora in poi’, che dice di non scordarti mai dell’acqua fredda del lago di Tiberiade. ‘Mi puoi rinnegare tutta la vita – dice – ma non dimenticarti mai di amarmi perché il mio cuore trova casa solo accanto al tuo’”.

Infine, l’immagine più semplice, quella che Nava sceglie per la copertina: una ciotola piena di terra, che per lui rappresenta “il senso dell’amore. Significa lasciarsi riempire dall’affetto di qualcuno. L’amore ha bisogno di un corpo, di mani, di un volto. Francesco si converte quando va a toccare il lebbroso. E la ciotola è l’immagine di tutto questo: si riempie dell’affetto di qualcuno, ma poi lo devi versare. L’amore si rinnova solo così. In una ciotola ci stanno poche cose, sennò si ferma tutto. Giusto l’essenziale”.

A fine serata, è come se si tornasse da un viaggio, con un sacco di cartoline e foto ricordo in borsa. E Nava termina con una raccomandazione, una citazione che si stampa della memoria: “Non permetterti di lasciare questa vita senza raccontare a qualcuno, o almeno a una rondine, ciò che ti brucia nel cuore, perché è qualcosa di estremamente bello, divino”. È quello che cerca di fare lui ogni giorno con i suoi disegni.

Daniela Verlicchi