“L’avvenire sarà quale le coscienze lo prepareranno”, diceva don Minzoni. E gli scout hanno iniziato a prepararle: in 1.600 da ogni parte della regione si sono ritrovati oggi a Ravenna, al Pala de Andrè, per il loro convegno regionale. Sulle orme di don Giovanni Minzoni, arciprete di Argenta ucciso per il suo impegno per i giovani e per formare le loro coscienze da squadre fasciste esattamente 100 anni fa e di cui proprio l’Agesci ha voluto e avviato con la Diocesi di Ravenna-Cervia la causa di beatificazione.

Il convegno regionale dell’Agesci sulla formazione delle coscienze

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La giornata è iniziata con la Messa celebrata dall’arcivescovo di Ravenna-Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni. Partito dal Vangelo di oggi (“Voi siete sale della terra e luce del mondo”) ha concentrato la sua omelia sul tema della testimonianza, soprattutto quella del parroco di Argenta. “La testimonianza è quella che si fa con i fatti – ha spiegato – , le posizioni che prendiamo in un mondo che ha altri valori. È stare nel mondo senza appartenere al pensiero dominante”. E l’annuncio più forte che possiamo dare a questo mondo, ha proseguito, è quello di “Cristo crocefisso, e poi risorto. Un Dio che è arrivato giù, fino in fondo al suo amore per noi, fino alla morte”. Come don Minzoni, “appassionato testimone che ha voluto esserci sempre, come prete e come educatore, di tutti, ma in particolare per i giovani”. Nel testamento nel 1916, nel pieno della prima guerra mondiale, che ha combattuto nelle trincee, scrive “compiendo fino all’ultimo il mio dovere di prete e di italiano, avrò un pensiero per i miei cari e per la gioventù argentana che tanto ho amato nella viva speranza di vederla sciolta da ogni vincolo di scetticismo e di sensualismo, perché solo nella piena libertà da ogni basso istinto, l’ho sognata bella e nobile”. Ancora, tra le citazioni dell’arcivescovo Lorenzo nell’omelia di oggi le parole di don Minzoni, pochi giorni prima della sua morte, riprese da papa Giovanni Paolo II nel settembre del 1990 ad Argenta: “Ritirarmi sarebbe rinunciare a una missione troppo sacra. Attendo la bufera. La religione non ammette servilismi ma il martirio”. “Don Minzoni è stato un formatore di coscienze e animatore dei giovani – ha concluso monsignor Ghizzoni –: fu questo a provocare la reazione che portò alla sua morte. Per questo l’Agesci è profondamente legata a lui e ha chiesto l’avvio del processo di beatificazione”.

Al centro delle riflessioni della mattinata c’era il tema del “formare le coscienze”, per come lo intendeva don Minzoni: “A noi il compito di formare persone libere – ha spiegato l’assistente regionale Agesci don Andrea Turchini – , e si è liberi sono se si educa a scegliere il bene, in questo la libertà raggiunge il suo apice”. Dopo i ringraziamenti da parte di Aldo Preda, presidente del Centro Studi Donati che ha sottolineato come “oggi più che mai abbiamo bisogno di quei valori per cui don Minzoni è morto” e dell’assessore Livia Molducci che ha portato i saluti dell’amministrazione (dicendo, tra le altre cose, che “Il luogo nel quale vive oggi don Minzoni è la nostra coscienza, chiamata a discernere i segni dei tempi”), sono intervenuti Roberta Vincini, presidente nazionale Agesci e l’arcivescovo. Poi, gli interventi dei tre relatori: padre Amedeo Cencini, sacerdote canossiano, psicologo e formatore, Giuseppe Savagnone, docente e responsabile dell’Ufficio Pastorale della Cultura di Palermo e Donatella Mela, ex capo-guida scout d’Italia.

convegno agesci

“La verità vi fa liberi”

“Formazione delle coscienze, ma chi l’ha vista?”. Ha iniziato con una provocazione padre Cencini: “Oggi, cristiani non si nasce, si diventa”. È finito un certo cristianesimo sociale, tradizionale, “politico”, ma non è finito il messaggio cristiano. “Quei tempi – stiamone certi – non torneranno, e non vanno rimpianti. La fede è e sarà sempre di più una scelta personale e libera, come nuova coscienza”. “La coscienza del credente si forma a partire dall’immagine di Dio”. Il nostro, prosegue Cencini, è un Dio in relazione con il suo popolo, un Dio che “sente il gemito dell’orfano e asciuga lacrime”, quanto di più lontano dal concetto di “Dio onnipotente” che abbiamo sempre sottolineato: un “Dio debole”, che non impone il suo amore, un Dio “sensibile” che Gesù ha rivelato sulla croce (e in tanti altri miracoli e nella sua predicazione). Occorre allora, spiega Cencini “evangelizzare la sensibilità, questo mondo interiore che è molto vicino a noi ed è parte della nostra coscienza e delle nostre azioni”. Questo produrrà scelte libere, cioè “motivate dall’attrazione” non dalle norme e “responsabili” degli altri.

Più che coscienza, padre Cencini la chiama “sensibilità” ma non ha nulla di improvvisato o estemporaneo: “Ognuno ha il suo modo di sentire e vibrare, ognuno ha la sua sensibilità  che consente di agire in libertà. Ce la ritroviamo ma si è formata pian piano. Quindi possiamo anche dire che ognuno ha la coscienza che si ‘merita’, cioè che si è costruito. E ogni scelta che facciamo lascia una traccia in essa, quindi siamo responsabili della nostra coscienza”. In questo, infine, la coscienza ha a che fare con la nostra identità, la verità che è punto di riferimento di ogni scelta. Ecco perché “la verità vi farà liberi”, come dice il Vangelo di Giovanni.  

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La coscienza personale, però, va di pari passo con il bene comune, ha spiegato Giuseppe Savagnone: “Occorre scoprire la libertà che va oltre sé stessi, verso valori che sono validi per tutti. È quella che chiamo ‘libertà per’ senza la quale siamo fregati perché avremo solo una società fatta di atomi. La mia libertà non finisce dove inizia quella degli altri ma inizia proprio con gli altri. Nessun uomo è un’isola, che dice la poesia di John Donne. Se portiamo avanti questo messaggio, saremo rivoluzionari, perché è l’esatto opposto di quello che si sente nel mondo di oggi. Voi dovete fare questa rivoluzione. Così sarete luce del mondo e sale della terra”.

Infine da Donatella Mela, che è stata capo-guida scout d’Italia, un richiamo ai cardini della proposta scout: la legge, la promessa e il motto. “In questo mosaico di linguaggi del mondo, non cambiamo i nostri valori. Da educatori, possiamo essere degli spettatori nella formazione delle coscienze o piuttosto parte del mosaico di emozioni e sentimenti. Come diceva Baden Powell nell’educazione l’unico successo è la felicità di chi c’è affidato”.

Daniela Verlicchi