Fare memoria è fondamentale. Ma come va trasmessa la memoria? Le cerimonie e i rituali dedicati al Giorno della Memoria o del Ricordo che hanno caratterizzato gli ultimi anni rischiano di perdere sempre più significato se non vengono vissuti con consapevolezza. L’occasione per riflettere su questi temi è arrivata il 2 febbraio scorso al circolo Arci Prometeo di Faenza dove è stato ospite l’onorevole Pierluigi Castagnetti, presidente della Fondazione Fossoli. Con lui sono state ripercorse le vicende di questo campo di prigionia italiano che ha legato la sua storia tanto alle drammatiche vicende della Seconda guerra mondiale quanto all’emigrazione forzata di tante famiglie giuliano-dalmate.

La storia del campo di Fossoli

Il campo di prigionia nacque nel 1942 a Fossoli, frazione di Carpi. Qui nel ’43 i nazisti presero il comando e ne fecero luogo detentivo per prigionieri politici e razziali. Divenne il principale campo di concentramento e transito per la deportazione in Germania di ebrei e oppositori politici, principalmente verso Auschwitz. Anche Primo Levi fu tra i deportati. Si calcola che circa 7mila persone abbiano transitato nel campo. Tra i prigionieri politici, anche numerosi scout lombardi, affiliati clandestinamente alle Aquile Randagie, molti morti proprio a Fossoli.

La triste storia del campo non terminò con la guerra. Questo luogo accolse successivamente gli “scarti” del conflitto: persone sbandate o impazzite, senza più punti di riferimento. Anche da qui partì l’esperienza comunitaria di don Zeno Saltini di “Nomadelfia” con 800 giovani. Qui vennero accolti nel 1954 i profughi italiani giuliano-dalmati, costretti a emigrare. Si calcola che il campo accolse circa 200-300 famiglie, rimaste qui fino al 1970, a vivere in baracche. «Come ha detto il Papa, le visite a Fossoli o in altri luoghi della memoria non devono essere vissute come gite scolastiche – ha detto Castagnetti -. Essere di fronte a quello che è stato, deve non solo lasciare forti impressioni, che rischiano di essere effimere, ma vere e proprie emozioni che si sedimentano nell’animo”.

Il problema della Memoria, Castagnetti: “Ripartire dalle scuole elementari”

“È questo il grande problema della Memoria oggi – prosegue Castagnetti -: mancando sempre più i testimoni credibili che hanno vissuto subito questo dramma, come possiamo trasmettere il senso di quello che è successo alle nuove generazioni senza scadere nella retorica? È un dibattito aperto, di cui ha parlato recentemente anche Liliana Segre. A detta di molti, le manifestazioni sulla Memoria non incidono più sullo spirito critico delle persone. Bisogna ripartire allora dalla Scuola Primaria, dove i bambini sono più ricettivi, e non avere paura di avere un approccio educativo e pedagogico nel raccontare la Shoah e il Giorno del Ricordo».

“La politica oggi vive troppo sul presente, mancano radici”

«Dobbiamo trovare nuovi modi per raccontare la Memoria – spiega Castagnetti – e questo problema è legato anche alla crisi politica che stiamo vivendo. La politica oggi vive troppo sul presente e sui sondaggi, mentre dovrebbe riacquistare consapevolezza delle proprie radici. Non è un caso la disaffezione che oggi la gente ha per la politica e l’astensionismo: mancano radici e una storia comune. In questo senso, spero che il congresso che sta vivendo il Pd sia l’occasione per recuperare tutto questo». Le grandi sfide di oggi, secondo Castagnetti, riguardano «lo scenario mondiale di grande incertezza dove nessuno sembra indicare vie d’uscita, come nel caso evidente della guerra in Ucraina, e l’individualismo esasperato, nato come degenerazione del capitalismo e che non permette più di vivere la politica come bene comune».