La vigilia dell’Epifania ci ha lasciati don Carlo Matulli, decano del clero diocesano di Faenza-Modigliana e fratello di Giuseppe che è stato sindaco di Marradi e poi vicesindaco di Firenze. Era nato nella frazione marradese di Popolano il 30 luglio 1926. La sua era una famiglia in vista nel tessuto sociale e culturale di quella comunità fortemente religiosa e i suoi esponenti si sono distinti in vari campi, sul piano intellettuale. Si trasferirà poi a Marradi e fin da piccolo, grazie anche all’educazione familiare, frequenterà la parrocchia dove sarà attratto dall’arciprete monsignor Luigi Montuschi, grande figura di sacerdote ed educatore, che diventerà il suo primo riferimento spirituale.

Nel 1940 l’ingresso in Seminario a Faenza

Frequenta le scuole elementari a Marradi e le medie a Faenza, dove nel 1940 entra in seminario; lui stesso dice che compie questo grande passo quasi senza rendersene conto, solo successivamente capirà appieno la potenza della sua vocazione. Il 12 marzo 1949 viene ordinato sacerdote a Marradi e dopo un periodo con alcuni problemi di salute, nel 1954, verrà designato parroco di Cardeto nella frazione di Biforco di Marradi e qui ha inizio la prima vera responsabilità parrocchiale.

Gli anni ’60: la grande rivoluzione post-conciliare

Inizia il cammino di pastore cercando di stare sempre accanto alla sua gente, ai lontani e ai loro bisogni; con questo spirito dà vita in canonica all’asilo infantile, proponendo cammini educativi sempre più aperti a un nuovo umanesimo. Sembrava che la sua vita fosse segnata secondo un percorso classico: l’assegnazione della parrocchia nel proprio territorio, i genitori che si erano trasferiti con lui, ma… Il vento del post-concilio apre nuovi orizzonti pastorali e spirituali; la contestazione è alle porte, con la sua carica di ribellione all’autorità costituita, alle regole e alle tradizioni. L’esperienza di don Milani esce sempre più dai confini della vicina Barbiana; a Biforco poi, in quegli anni molti abitanti vivono la triste e dura esperienza dell’emigrazione (soprattutto in Svizzera), alla ricerca di lavoro. La rivoluzione culturale nella società e nella Chiesa, lo spopolamento di quasi tutte le parrocchie di montagna, rette in gran parte da preti giovani (particolarmente numerosi in diocesi di Modigliana) che spesso colgono i pericoli per la vocazione sacerdotale e la vita spirituale, se non se ne prevengono le conseguenze, spingono molti, come don Carlo, ad andare in missione o presso altre diocesi.

Il prete degli emigrati

DON CARLO 1

Don Carlo collabora per un po’ di tempo con una comunità di Zug e, quando viene invitato – era il 1967 – a trasferirsi in Svizzera, convince il vescovo di Modigliana monsignor Ravagli e accetta. Diventa il prete degli emigranti. Gli anni volano via e rimane in Svizzera fino al 1992 a condividere in varie zone la vita difficile degli italiani in terra straniera, così come fecero pure don Renato Nati (anche lui marradese) e don Giorgio Niccolini, saveriano di origine tredoziese. La missione svizzera di don Carlo, così come quella di don Renato, diventano pure luogo di incontro e di impegno pastorale per altri sacerdoti della diocesi di Modigliana che vi si recano in occasione del Natale e della Pasqua: in particolare don Gino Vinci e don Alfio Alpi.

L’esperienza in Terrasanta fino al 1999

Con la pensione, tuttavia, lo aspettava in realtà una nuova e coinvolgente esperienza: Matulli, sospinto dallo spirito inesausto di una vocazione sacerdotale ricca e universale, andrà ad abitare a Gerusalemme presso il convitto “Mater Misericordiae” sul Monte degli Ulivi, frequentando lo Studio Biblico Francescano. Lui stesso dirà: «Nella terra delle nostre radici mi sento a casa come in nessun altro posto al mondo». Nel 1999 tornerà definitivamente in Italia, risiedendo al convitto ecclesiastico “della Calza” a Firenze, città eletta di ogni marradese, continuando ad organizzare pellegrinaggi in Terrasanta e collaborando con la Chiesa locale.

Proprio in quegli anni don Carlo riprenderà i rapporti con la sua terra natale: il filo d’affetto e i legami in realtà non si erano mai interrotti; varie saranno le occasioni di ritorno a Marradi, in particolare a Cardeto, accolto dal suo successore don Nilo Nannini, come un appuntamento speciale per tanti anni: il 1° novembre, giorno dei Santi, per celebrare la Messa al cimitero. Arrivava quasi sempre con il treno nella piccola stazione di Biforco, che si trova proprio sopra il cimitero, e riprendeva contatto con quel paesaggio vissuto nella sua gioventù: in alto sul colle il Castellone, davanti il campanile con la sua struttura slanciata verso il cielo, e in quel piccolo cimitero si riuniva fisicamente con i suoi cari e con le molte persone che avevano condiviso il suo cammino. Il suo tono di voce, già particolare, risuonava a interrompere il silenzio; ora velato di inevitabile malinconia, fuso nelle mille vicende, ora forte e sicuro pensando con ferma speranza a un mondo nuovo, senza lacrime e dolori, nella pace eterna di Cristo scelto come pietra miliare della sua vita.

4 nov 2014 Messa x Alluvione con Gonfalone

Ora anche don Carlo riposa nel piccolo cimitero, è davvero tornato a casa… Don Nilo Nannini, parroco di Cardeto, concittadino, amico e quasi coetaneo di don Carlo, che con lui ha condiviso, succedendogli, non solo la cura pastorale dello stesso popolo ma anche attese e speranze di rinnovamento e umanizzazione nella Chiesa e nel mondo, nell’omelia di commiato, l’ha salutato con queste parole: «Carlo era un uomo paziente che ti sapeva ascoltare con umiltà, ti faceva sentire accolto e perdonato, con lo stile inconfondibile del servo fedele al suo amore per il Signore ed è tornato alla Casa del Padre con l’anima colma dei frutti della sua generosità e della sua fedeltà coraggiosa».

(Fedora Anforti)