L’assalto al parlamento e altri edifici governativi di domenica a Brasilia da parte dei sostenitori dell’ex presidente Jair Bolsonaro non è arrivato in maniera inaspettata. Il clima politico in Brasile è teso da diversi anni, la retorica di Bolsonaro ha più volte evocato la possibilità di un’azione violenta e in questi mesi è stato sottolineato in varie occasioni come la democrazia brasiliana attraversasse un momento di vulnerabilità. Modalità e sviluppi dell’assalto sono stati molto simili all’attacco al Congresso americano del 6 gennaio 2021 compiuto dai sostenitori dell’ex presidente Donald Trump, così come le accuse, false, di brogli nelle due elezioni presidenziali, ripetute a lungo anche in assenza di alcuna prova. Trump e Bolsonaro hanno visioni politiche simili e relazioni strette: si sono affidati in momenti diversi agli stessi consiglieri, a partire da Steve Bannon, ex stratega del presidente americano e riferimento dell’estrema destra statunitense.

Il percorso che ha portato ai due assalti, al Congresso di Washington e ai palazzi governativi di Brasilia, ha molti punti in comune. In Brasile alcune peculiarità lo hanno reso potenzialmente più pericoloso: la democrazia nel paese ha una storia più recente e meno consolidata, il potere dei militari è maggiore e le ingerenze dei generali nel dibattito politico più frequenti. L’ascesa politica di Jair Bolsonaro, ex capitano dell’esercito eletto presidente nel 2018 dopo oltre 25 anni da deputato federale per lo stato di Rio de Janeiro, ha ulteriormente radicalizzato le contrapposizioni politiche che erano già molto forti in Brasile. Nel giugno 2016 la presidente di sinistra Dilma Rousseff era stata destituita con l’accusa di aver truccato i dati sul deficit di bilancio, accusa rivelatasi poi falsa.

Ampiamente in ritardo nei sondaggi nelle elezioni dello scorso autunno, l’ex presidente aveva condotto l’ultima campagna elettorale descrivendola come una battaglia tra il bene e il “diavolo”, identificato in Lula. Dopo la sconfitta al ballottaggio Bolsonaro non aveva presenziato al passaggio di consegne di inizio anno, trasferendosi invece in Florida, negli Stati Uniti.

Intanto i presìdi di fronte alle caserme e al parlamento dei suoi sostenitori erano continuati, organizzati sui social, mentre secondo la stampa americana si erano fatti più frequenti gli incontri fra il figlio Eduardo e altri uomini del suo entourage con esponenti dell’estrema destra americana come Steve Bannon o Jason Miller, ex portavoce di Trump. La crisi provocata dall’assalto si è chiusa per la compattezza delle istituzioni, mentre l’estrema polarizzazione della politica brasiliana continuerà a essere un problema per la normale vita democratica del paese. Il nuovo presidente Lula si è ripromesso, nelle prime dichiarazioni dopo aver assunto l’incarico, di “riunire una nazione divisa”. 

Nel caso specifico dell’assalto di domenica, poi, gli eventi sono stati favoriti da un certo spirito di emulazione rispetto all’insurrezione del 2021 al Congresso americano: alcuni media hanno anche sottolineato la presenza di slogan molto simili, o addirittura in portoghese e in inglese, ipotizzando influenze e infiltrazioni da parte del movimento “Stop the steal” statunitense (quello che aveva guidato le rivolte a Washington).

Se è vero, come diceva Churchill che “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”, adesso sappiamo anche che è molto fragile e che mantenerla dipende dall’impegno di ciascuno di noi.

Tiziano Conti