Tra passatelli e cappelletti, Mary è tornata a sorridere. Con l’italiano fatica ancora, ma mentre tira con il mattarello, immersa nell’aroma del ragù, tutto diventa più semplice per costruire relazioni. Dialoga con mani che impastano e che passano un pizzico di sale. Dopo un assaggio, ci si scambia sguardi per capire se la pasta è al dente al punto giusto. E dopo un passato difficile, chiudendo un cappelletto dopo l’altro, il futuro ora fa meno paura. La scommessa è stata questa: l’arte romagnola della sfoglia può diventare strumento di inclusione e inserimento lavorativo? La risposta è nel sorriso di Mary (nome di fantasia, ndr) una ragazza madre nigeriana ospite di una Casa famiglia faentina che ha partecipato negli scorsi mesi al progetto della Diocesi di Faenza-Modigliana Liberi di integrarsi, in cui era previsto anche un percorso formativo per Addetto all’arte della sfoglia.

Dal corso di pasta fresca al tirocinio al Nido San Rocco di Sant’Umiltà

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I corsi promossi dalla Diocesi sono finanziati con i fondi 8xmille dalla Cei e hanno coinvolto otto donne a rischio fragilità sociale nell’acquisire competenze nell’ambito della ristorazione. Un inquadramento a 360 gradi che passa dai laboratori di pasta fresca a lezioni sulla sicurezza e per l’Haccp. A dare valore a questo progetto coordinato dalla Caritas è stata la rete messa in campo, segno di una vera comunità che si fa carico delle fragilità. Oltre che dai Servizi sociali, le partecipanti sono seguite da diverse associazioni del territorio: Papa Giovanni XXIII, Francesco Bandini; Sos Donna e Ami – Amici Mondo Indiviso. Il corso di addetto all’arte della sfoglia è stato realizzato da Cefal Emilia-Romagna, nella propria sede di Faenza e nei locali della parrocchia di San Savino.

Un’occasione di riscatto e inclusione per 8 donne. “Essere a contatto con la fragilità aiuta a far crescere tutti”

Dopo il corso, terminato nel marzo scorso, alle donne è stata data la possibilità di svolgere un tirocinio formativo sul territorio. A Mary, per esempio, si sono aperte le porte della Scuola Sant’Umiltà, dove ha vissuto una prima esperienza lavorativa nella mensa del Nido San Rocco e in tante altre attività di supporto alla scuola. «Quest’esperienza come sfoglina è stata davvero significativa per lei – racconta Mariangela, madre della Casa famiglia della Papa Giovanni XXIII che ha accolto Mary -. Dopo un passato difficile ha ritrovato il sorriso. Quando arrivano in Italia, le ragazze straniere sono molto disorientate e hanno bisogno di essere accompagnate in un percorso di inclusione in un clima di fiducia. Al Nido di Sant’Umiltà ha potuto sperimentarsi in un ambiente accogliente».

A luglio il progetto si è concluso, ma da ottobre Mary sta svolgendo un nuovo tirocinio, sempre a Sant’Umiltà. «In 30 anni di Casa famiglia – conclude – ho visto quanto sia importante vivere a contatto con le fragilità. È un arricchimento per tutti: per la nostra casa e, in questo contesto, anche per l’ambiente lavorativo, che acquisisce un senso d’attenzione e di umanità ulteriore. Ognuno di noi ne esce più consapevole».

Cefal Emilia-Romagna ha coordinato corsi e tirocini: “Partivamo da zero, anche dal punto di vista linguistico”

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C’è chi accoglie e chi propone corsi, chi offre un’opportunità lavorativa e chi scambia anche solo due chiacchiere, dando modo di migliorare il proprio italiano. È questa la grande rete messa in campo dal progetto Liberi di integrarsi. A seguire come tutor e coordinatrice le donne svantaggiate è stata Federica Ragazzini del Cefal. «Il grande valore di questo progetto – spiega – è stato quello di dare un’opportunità a persone che non avevano alcun tipo di formazione e scarse conoscenza della lingua. Si è partiti da zero, ma grazie al loro impegno e a tante realtà coinvolte, è stata davvero una grande soddisfazione vederle crescere e impegnarsi, prima nei corsi da sfogline e poi nei tirocini».

Paola Babini (Sant’Umiltà): “I tirocini inclusivi sono un tesoro su cui investire”

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Mary sta vivendo questa esperienza al Nido San Rocco di Sant’Umiltà. Aiuta sia nella somministrazione pasti ai bambini sia nel riordino dei locali, affiancando le educatrici nelle mansioni di sorveglianza o in alcune attività. «Oltre agli aspetti prettamente lavorativi – specifica Ragazzini – il tirocinio aiuta queste persone a rispettare gli orari, a relazionarsi coi colleghi e a capire come funziona una realtà aziendale». «Un’esperienza positiva per tutti – commenta Paola Babini, consulente psico-educativa della Fondazione Marri Sant’Umiltà – e che ci sta arricchendo. A livello professionale Mary si sta impegnando molto. Il pranzo diviene l’occasione poi per vivere momenti conviviali con lei e aiutarla a integrarsi, mettendo al centro la persona. Mi ha colpito il sorriso accogliente di questa ragazza: ogni volta che ci incontriamo, a volte per questioni burocratiche, il tutto si svolge col sorriso e con uno sguardo che esprime soddisfazione di essere lì».

Oltre a Mary, Sant’Umiltà ha attivato anche altri tirocini inclusivi per persone svantaggiate, in particolare per disabilità fisiche e psichiche. «Questi percorsi sono un tesoro su cui investire – aggiunge Babini -. Sono relazioni che ci fanno crescere, e anche per i bambini è importante essere a contatto con la diversità, vedendola non come limite, ma come opportunità».

Grazie ai fondi 8xmille

Il progetto è stato reso possibile grazie alla Cei nell’ambito della campagna Liberi di partire, liberi di restare, il cui obiettivo iniziale era favorire percorsi di integrazione lavorativa per i richiedenti asilo accolti sul nostro territorio e in seguito è stato allargato a donne che si trovavano in condizione di estrema fragilità.

Samuele Marchi