Cronica carenza di personale medico, puntare su una sanità diffusa sul territorio e non più “ospedalocentrica”, riduzione delle liste d’attesa. La sanità guarda oltre la pandemia e prova a tracciare una visione di futuro che metta al centro queste sfide evidenziate da Tiziano Carradori, direttore generale Ausl Romagna. Difficoltà legate tanto al contesto romagnolo quanto, nello specifico, al distretto faentino. Il consiglio comunale straordinario di sabato scorso, a Palazzo del Podestà, è stata l’occasione per analizzare situazioni e prospettive della sanità locale.

Alla ricerca di medici, “spostiamo i medici dai mezzi di soccorso, non c’è reale valore aggiunto”

Se da una parte l’ospedale di Faenza mantiene tutti i livelli assistenziali e sono stati coperti tutti i posti da primario, dall’altra le criticità non mancano. A partire dall’assenza di medici specialistici, che non si trovano, nemmeno a fronte di sette concorsi indetti dall’Ausl Romagna in due anni. «Il problema non è tanto trovare medici, ma medici specialistici. Abbiamo assunto circa 2mila persone – spiega Carradori – ma non basta, anche perché tra 600 e 700 si sono trasferite fuori regione per riavvicinarsi al territorio d’origine. Il problema di personale si fa sentire in particolare nei Pronto soccorso, dove mancano 190 medici, il 25%. In collaborazione con l’università di Bologna, abbiamo fatto entrare medici specializzandi, ma questi non potranno essere assunti prima del 2024. I nostri pazienti non possono aspettare così a lungo, e la pressione nei Pronti soccorso è alta. Tra le nostre proposte, c’è quella di spostare i medici sui mezzi di soccorso – che secondo studi non offrono un reale valore aggiunto, se coperti da altre figure professionali – in altri reparti».

A Faenza 232 posti letto, si punta a tornare a pieno regime dopo il picco del Covid

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L’ospedale di Faenza ha 232 posti letto, che sono stati limitati però negli ultimi anni a causa della pandemia. Ora si vuole tornare a una piena operatività. Nel 2021 ci sono stati 3.600 interventi chirurgici, ancora sotto la media (4mila) causa Covid. Diminuiti per questo motivo anche gli accessi al Pronto Soccorso (31mila). «Non si fa economia tagliando i costi dei primari – ha sottolineato Carradori -. La presenza di un primario dà dignità e autorevolezza al presidio. Per quanto riguarda Faenza in due anni sono stati coperti tutti i posti di primario: rimane Cardiologia che non tarderà dopo il ripristino del reparto». «Per quanto riguarda l’eccellenza dei nostri ospedali – specifica Carradori – non dobbiamo però trincerarci nella difesa dei posti letto». Il direttore generale ha portato alcuni numeri per testimoniare il buon funzionamento dell’ospedale faentino: il 65% dei residenti viene operato qui, mentre solo il 25% si sposta in altri ospedali della Romagna e solo il 10% per specifici interventi (come i trapianti) ha necessità di appoggiarsi a Bologna o altre strutture.

No alla centralizzazione ospedaliera

L’invecchiamento demografico porta a una seria riflessione sulla tipologia di servizi su cui investire. «Il 40% dei pazienti ha almeno una malattia cronica – spiega Carradori – e il 25% ha più di una malattia cronica. Questo ha un effetto dirompente sui servizi, ma anche sulla burocrazia e gestione dei casi. C’è bisogno che sanità e sociale non viaggino separati, ma che collaborino insieme sotto un unico coordinamento». Se una volta l’ospedale era il luogo dove andare per qualsiasi problema di salute, grande o piccolo, oggi non deve più essere così. «Nello specifico, si deve usufruire dell’ospedale quando la malattia cronica è nella sua fase acuta, ma altrimenti si deve andare in altri luoghi come le Case della salute o gli Osco (ospedali di comunità). Abbiamo però ancora una visione ospedalocentrica da superare, ma gli anziani, per quanto possibile, è meglio tenerli fuori dall’ospedale». «Se vogliamo parlare di sanità – aggiunge il sindaco Isola – vanno evitati approcci naïf. In Medicina nucleare (i cui servizi sono stati spostati a Forlì e Cesena, ndr) si svolgevano servizi per il 10% degli utenti. È giusta la scelta dell’Ausl è di investire risorse nei reparti di Medicina e Geriatria, che coprono invece il 95% del fabbisogno del territorio».

Liste d’attesa: fare squadra col privato

Sulle liste d’attesa, per Carradori è fondamentale fare squadra con la sanità privata. «Il privato accreditato è pubblico allargato – specifica -. Abbiamo cominciato a proporre ai pazienti anche quelle soluzioni in grado di ridurre sensibilmente i tempi, e ora con le liste uniche cominciamo ad avere riscontri favorevoli».

Samuele Marchi

Foto: G. Zampaglione