Punto nascite: dopo anni in sinergia con Ravenna e Lugo, l’ospedale di Faenza ora farà alleanza con Forlì. Con il dottor Mattia Altini, direttore sanitario di Ausl Romagna, capiamo le motivazioni di questa decisione e facciamo il punto su altri temi del sistema sanitario locale, come l’assistenza agli anziani e i servizi di prossimità.
Intervista a Mattia Altini, direttore sanitario Ausl Romagna
Dott. Altini, quali sono le motivazioni che hanno portato alla decisione di Faenza in sinergia con Forlì sul punto nascite?
L’ospedale di Faenza è una struttura distrettuale e la sua presenza è fondamentale per l’area faentina, dove deve operare per l’autosufficienza della popolazione in collaborazione, a geometrie variabili, con i presidi polispecialistici di Ravenna e Forlì. Nel caso specifico, un territorio particolarmente esteso con tre presidi ospedalieri interconnessi – il polispecialistico di Ravenna e i due distrettuali di Lugo e Faenza – si ripercuote sull’appetibilità della UO di Ginecologia-ostetricia di Ravenna, anche causa l’esigenza che i professionisti ruotino su tre sedi con conseguenti difficoltà logistiche da fronteggiare. Le motivazioni riguardano la difficoltà di tipo organizzativo-gestionale ad assicurare la copertura professionale della sede di Faenza e garantire la continuità di un’assistenza qualificata (h24, 365 giorni all’anno), presupposto per mantenere buoni risultati clinici.
Come è noto, infatti, il mondo dei professionisti ha subito importanti modificazioni, soprattutto in termini di numerosità e disponibilità di risorse umane. Nel ravennate, il problema della reperibilità dei professionisti si sostanzia anche attraverso un tema di accessibilità.
Operativamente, come sarà strutturata questa collaborazione?
Ferma restando l’unitarietà del consultorio e la pertinenza di tutte le sedi all’interno del preesistente dipartimento Salute Donna, Infanzia Ravenna, saranno revisionati gli aspetti organizzativi, attraverso il passaggio della sede faentina sotto il coordinamento e la responsabilità organizzativa-gestionale e di back up della Unità ospedaliera di Forlì.
Secondo le modalità aziendali, sarà assegnata sul presidio faentino una Struttura Semplice afferente all’UO di Ginecologia-ostetricia di Forlì, che si occuperà di mantenere e sviluppare tutta l’attività praticabile a Faenza, nonché strutturare il collegamento funzionale col presidio polispecialistico di Forlì. Sarà costituita un’equipe professionale integrata tra le due sedi, che permetterà il mantenimento e lo sviluppo delle competenze, operando sui due presidi.
Quando si parla di punto nascite, non si può non guardare a lungo termine anche al calo demografico che stanno vivendo i nostri territori.
Al di là della collaborazione con Forlì, quali prospettive ci sono per il futuro a lungo termine? Su cosa deve si deve investire?
Il numero di figli per donna, in Regione, nel 2020, si attesta a 1,27. Tuttavia, la denatalità è un tema nazionale, sul quale il nuovo governo dovrà valutare quali politiche attuare. Come ha giustamente detto, le profonde trasformazioni demografiche di questo periodo storico, si traducono anche in bisogni assistenziali nuovi e diversificati rispetto al passato, in relazione al fenomeno della denatalità, della modificazione della struttura stessa della famiglia, dell’invecchiamento della popolazione e del conseguente aumento dei bisogni cronico-degenerativi, che mettono alla prova il nostro sistema sanitario. È necessario quindi adattare i servizi e le prestazioni offerte ai reali bisogni dei cittadini: da un approccio orientato alla patologia a un approccio orientato alla persona, lavorando sulla continuità della presa in carico al di fuori dell’ospedale e potenziando i setting a bassa intensità di cura.
Denatalità, servizi agli anziani e le sfide del futuro della sanità locale
Uno dei temi che più animano il dibattito è la preoccupazione per la riorganizzazione dell’Unità di terapia intensiva cardiologica a Faenza.
La riorganizzazione delle Utic negli ospedali distrettuali, compreso Faenza, va in tutt’altra direzione dello smantellamento e lo conferma il fatto che abbiamo chiesto alla Regione l’autorizzazione, già accordata, per l’acquisizione di tre nuovi direttori di Cardiologia (Lugo, Riccione, Faenza) che in precedenza, erano stati soppressi dalla passata Direzione aziendale.
Ciò che si intende fare è prevedere un setting ad alta intensità di cure rivolto ai pazienti che necessitano del costante monitoraggio dei parametri vitali, che ovviamente saranno seguiti dai professionisti specialisti per le patologie di riferimento.
A Faenza ciò si tradurrà nella concentrazione degli 8 posti letto di Rianimazione più i 4 posti letto di semintensiva della Medicina d’urgenza. Questa riorganizzazione consentirà di impiegare meglio le risorse professionali, destinando una parte delle attività ai numerosi pazienti che presentano problemi cardiologici non acuti, come lo scompenso cardiaco, ma che vanno seguiti periodicamente sul territorio. Mi pare che questo si traduca nel primo valore aggiunto per i cittadini.
Sempre nel medesimo comunicato, avete scritto che gli investimenti andranno in particolare “indirizzati a sviluppare, riqualificare, ampliare, aree ospedaliere che normalmente assistono fasce di popolazione molto più ampie e con bisogni più frequenti e complessi in regime di degenza ordinaria, come è il caso ad esempio della Medicina e Geriatria”. In concreto, su cosa punta l’Azienda? E, in questo senso, le Case della Salute avranno un sempre maggior protagonismo?
Garantire la prossimità delle cure è quanto abbiamo declinato sia per quanto riguarda i bisogni della popolazione che deve ricorrere all’ospedale per un problema acuto che, ovviamente per la presa in carico di patologie croniche che necessitano di controlli periodici. In questo senso le Case di Comunità, possono rappresentare la risposta giusta, anche in termini di attività di promozione della salute, volta alla prevenzione delle malattie croniche e delle complicanze legate a queste malattie.
Assistenza agli anziani. Negli scorsi mesi i vescovi della Regione hanno scritto al presidente della Regione Bonaccini perché “sia consentita la presenza dei familiari accanto agli anziani e agli ammalati”. La pandemia ha certamente rappresentato una sfida complessa da gestire, ma cosa ci ha insegnato, se ci ha insegnato qualcosa, sulle modalità di cura e vicinanza rispetto al malato? E come le ha recepite l’Azienda?
Il caregiver è una figura fondamentale ed imprescindibile del percorso di cura del paziente, per questo motivo, in Ausl Romagna, è consentita la vicinanza dei caregiver alle persone malate, compatibilmente alle diverse necessità e modalità organizzative legate alle specifiche della malattia.
Altini: “Dobbiamo integrare meglio professionisti e servizi”
La crisi energetica si ripercuote anche sulle nostre strutture ospedaliere. Anche lei si è recentemente espresso su questo tema. Come state affrontando queste difficoltà? Ci sono buone pratiche o programmi d’intervento che si devono attivare?
La crisi energetica è un problema nazionale e necessita quindi di interventi del Governo, come ha sollecitato anche l’assessore Donini. A livello regionale è stato costituito un tavolo di lavoro costituito da un gruppo di engineering manager, già operativo ancor prima della crisi-bollette, che si occupa di energie pulite e rinnovabili. Chiaramente metteremo in campo tutte le azioni possibili, anche sulla base delle indicazioni regionali, ma ribadisco che il tema non può essere risolto a livello locale.
Al XIV Congresso della Simm – Società Italiana di Medicina delle Migrazioni- ha lanciato l’allarme: «Entro i prossimi 5 anni previsto un calo della spesa sanitaria dal 7,2% al 6% del Pil». Oltre a risorse e finanziamenti, imprescindibili, serve anche un cambio culturale nel Ssn?
Abbiamo sicuramente bisogno di lavorare sull’integrazione dei professionisti e dei servizi: leggere i bisogni in modo integrato, migliora l’esperienza di ascolto e cura del paziente e razionalizza i percorsi, evitando replicazioni di servizi e spreco di tempo. In questo senso sarà da perseguire la valorizzazione dei ruoli e delle professioni, ottimizzando il valore aggiunto di ogni professionista, incentivando il lavoro in equipe multiprefossionali. È infine imprescindibile per il nostro sistema una trasformazione digitale di tutti i processi, dalla prevenzione, all’accesso, cura e assistenza e quindi dello sviluppo di elevate competenze digitali, della creazione di nuovi processi per l’erogazione delle prestazioni e delle cure e di un più efficace collegamento tra l’analisi dei dati e la loro programmazione.
Samuele Marchi