I legacci per i vitigni? Li si lascia cadere a terra nel campo. Non si tratta di un contadino che ha poca cura della propria terra. Quei legacci sono fatti di una bioplastica realizzata da scarti vitivinicoli. E ora tornano a concimare la stessa terra dalla quale sono nati. E così si riparte. Dalla terra alla terra. Questa, al di là delle mode e delle etichette, è la vera economia circolare. E c’è chi sta facendo ogni giorno passi avanti per far sì che questo diventi realtà. Come per esempio AgroMateriae, startup che in sinergia con il Gruppo Tampieri sviluppa nuovi materiali legati alle bioplastiche, partendo dagli scarti agricoli. Bucce e raspi d’uva riprendono vita trasformandosi così in legacci, forchette o packaging di materiale plastico di largo consumo che, una volta utilizzati, possano nuovamente ridare linfa alla terra. La startup vuole proprio rispondere a due esigenze che devono andare di passo: la sostenibilità ambientale e quella economica. Se da un lato sono tutti d’accordo sulla necessità di trovare nuove soluzioni per la cura della nostra casa comune, dall’altro nella pratica queste soluzioni devono essere praticabili e vantaggiose, in primis per le aziende. Altrimenti non si va lontano.

Le bioplastiche spiegate bene

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Alessandro Nanni ospite a Il Post Talk Faenza.

La plastica non va demonizzata, ma ha oggettivamente dei punti deboli. Ci sono problemi a valle e a monte del ciclo di vita del prodotto. In primo luogo deriva da fonti fossili in esaurimento e poi, se scorrettamente gestita nel riciclaggio, arreca danno all’ambiente. «Le bioplastiche vogliono proprio intervenire su almeno uno di questi due aspetti– specifica Alessandro Nanni, co-founder di AgroMateriae -: sia nella genesi del prodotto, utilizzando fonti rinnovabili, oppure realizzando un materiale biodegradabile di minor impatto ambientale. Oggi le bioplastiche intervengono su almeno uno di questi due campi». È bene precisare però che le bioplastiche da sole non sono una soluzione. «Molte bioplastiche, per esempio – specifica lo startupper – si realizzano a partire da fonti zuccherine, derivanti da coltivazioni di canna da zucchero. E per questo, in particolare in Italia, non sono sostenibili economicamente. Si crea inoltre una competizione con il settore alimentare: vale la pena dedicare un terreno per coltivazioni da cui ricavare bioplastiche? E poi tutto il sistema di riciclaggio deve essere virtuoso: la bioplastica è biodegradabile, ma a certe condizioni, e se non si serve di impianti di compostaggio adatti risulta tutto inutile».

Bene le bioplastiche, in sintesi, ma vanno ancora ottimizzate. Da qui l’idea di trovare soluzioni che garantissero sia una vera economia circolare sia un vantaggio per le aziende, dato che se per produrre cento forchette di bioplastica si spende il quadruplo rispetto a quelle tradizionali, il gioco non vale la candela. «L’idea è arrivata durante il terzo anno di dottorato in Ingegneria chimica – spiega Nanni – dove stavo svolgendo ricerche su come valorizzare gli scarti vitivinicoli, che in Italia, dove c’è una profonda cultura del vino, sono in quantità certamente maggiore rispetto a fonti come la canna da zucchero, maggiormente presente in Paesi extra Europei». Il WinePlastics Filler è così il primo prodotto brevettato di AgroMateriae. Il Wpl è una polvere ottenuta tramite processi green dagli scarti vitivinicoli. Questo biofiller tecnologico è un semi-lavorato che può essere miscelato dal 5 al 60% a tutte le plastiche e bioplastiche esistenti, utilizzando le classiche apparecchiature, dando vita a nuovi materiali con più alta velocità di biodegradazione, creati da fonti rinnovabili e meno costosi rispetto altre bioplastiche.

Dal laboratorio universitario a… vanga in mano nei campi agricoli

Ma torniamo un attimo indietro. Alessandro è ancora un ricercatore universitario. L’idea è buona, c’è margine di trasformarla in un progetto imprenditoriale e altri compagni di università credono con lui nel progetto. Dal laboratorio universitario al contesto aziendale le cose però cambiano enormemente e prendono la forma di 10 tonnellate di materiale di scarti agricoli da recuperare e lavorare, se si vuole realmente entrare sul mercato. «Grazie ad ArtEr e Start Cup Emilia-Romagna, abbiamo dato forma a un primo business plan e ottenuto qualche fondo iniziale – ricorda Nanni -. È stato tempo di rimboccarsi le maniche. Nei primi tempi andavamo noi, vanga in mano, a recuperare scarti che ci fossero utili nelle aziende agricole. Non era più il contesto esclusivamente di ricerca dove in laboratorio si lavorava su pochi chili di materiale». Ed è qui che entra in scena la collaborazione con il Gruppo Tampieri. «Grazie alla vittoria del Premio nazionale dell’Innovazione siamo stati contattati dal Ceo di Tampieri – dice Nanni -. Per noi si tratta di una sinergia fondamentale: il Gruppo ci fornisce di materia prima di cui necessitiamo, scarti che riusciamo a valorizzare, e di impianti adatti a svolgere nostre lavorazioni. Ci permette di accelerare il nostro percorso di crescita: per una startup è fondamentale infatti arrivare sul mercato nel momento giusto».

Da luglio 2022 in sinergia col Gruppo Tampieri di Faenza

Risolvere contemporaneamente la gestione dei rifiuti delle aziende agro-industriali e la necessità di creare nuovi materiali eco-sostenibili sentita da molti settori del mondo plastica. Sono questi gli obiettivi di AgroMateriae, che vuole valorizzare in modo innovativo tutti gli scarti agro-industriali creando dei biofiller. La startup nasce dopo tre anni di ricerche condotte nei laboratori dell’Università di Modena e Reggio Emilia e a seguito degli ottimi risultati ottenuti in scala laboratorio, deposita la domanda di brevetto per il WinePlastics Filler (Wpl) nel 2019 e si fa accreditare come startup innovativa dall’Università di Modena con l’obiettivo di trasferire in scala industriale la propria tecnologia. In parallelo, tra maggio e ottobre 2020 partecipa all’Emilia-Romagna Start Cup con l’obiettivo di migliorare le proprie conoscenze gestionali e aziendali e nel dicembre 2020 risulta vincitrice assoluta del Premio Nazionale per l’Innovazione (Pni), una tra le più prestigiose e importanti competizioni per startup d’Italia.
A luglio 2022 entra a far parte del Tampieri financial Group di Faenza.

Samuele Marchi