«Si chiede alla Chiesa di orientare i diversi cammini indicando qual è la meta e armonizzando i diversi percorsi spirituali perché portino in profondità».

Dalle sintesi emerge forte il desiderio di individuare un punto di riferimento: nel nostro tempo che si disgrega fra tante cose, nella frammentazione che ferisce il nostro tessuto sociale, la Chiesa rimane un faro che – sia positivamente che negativamente – è presente, è visibile, rimane per molti un appiglio, un porto dove ristorarsi in mezzo alle tempeste. Si sente il bisogno di orientamento, di guide capaci di progettare e di tracciare percorsi. Si chiedono proposte chiare, di conoscere dove è diretta la barca e quale sarà la rotta.

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E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. Gesù disse: “I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22, 24-27).

Chi guida, chi comanda è solitamente ritenuto il più grande e potente. Eppure, per i cristiani vi è un rovesciamento quasi incomprensibile agli occhi del mondo. Per i discepoli del Signore, l’autorità non è un diritto ma un dono che esige una conversione interiore: il servizio. Nell’autorità, nell’augere, nel far crescere gli altri, l’unico criterio è il servizio. E non abbiamo esempio migliore di quello di Gesù che sta in mezzo a noi come colui che serve, che ci ha dimostrato che il vero potere è il dono totale di sé stessi, poiché l’amore e il servizio fatto nel suo nome lo rendono presente in mezzo a noi. È così che l’unico Maestro, l’unica Guida può manifestarsi e prendere in mano il destino del mondo.

Ne è segno la Chiesa ministeriale che andiamo edificando: con i diaconi e la loro vita di servizio; con gli altri ministri ordinati, i presbiteri e il Vescovo, che sono stati scelti non da noi, ma dalla Chiesa e dallo Spirito per portare il Signore, il suo Vangelo e la sua celebrazione nella liturgia. E con tutti gli altri ministeri sgorgati dal Battesimo come i lettori, gli accoliti, i catechisti. Tutti accomunati dal servizio, unico criterio per determinare chi guida nella Chiesa e può spendersi nel realizzare l’annuncio ai fratelli e nella celebrazione del Risorto.

Gesù è stato chiaro: Non chiamate nessuno guida, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo (Mt 23,10). Siamo affidati gli uni agli altri dove la comunione suscita un’attenzione vicendevole ed edifica vere comunità: comunità non solo ossessionate dall’individuare risposte sapienti, ma appassionate nel restare con nuove domande, disposte a sostare con occhio contemplativo e fiducioso davanti ai nodi e ai grovigli, pronte ad alzarsi ed andare in fretta nelle necessità della comunità.

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Lo abbiamo sperimentato in questi mesi: non è stata un’iniziativa solo dei consacrati o solo dei laici o solo di un gruppo specifico. Tutti insieme ci siamo messi in gioco e, quando ci siamo lasciati condurre spendendo qualcosa di noi stessi, abbiamo portato frutto (vescovo Mario, 5 giugno 2022).

Viene in mente l’arguzia di Alessandro Bergonzoni, che sollecitato a lanciare un messaggio alla Chiesa di Bologna che cinque anni fa si preparava ad accogliere il Papa, azzardò: Chiese… sostantivo plurale o verbo?

Comunità che si interrogano, che sanno esplorare e variare punto di osservazione, che ascoltano curiose anche le turbolenze.
Che non ci accada di incartarci cercando guide attorno a cui far crescere comunità, anziché investire nel camminare evangelicamente insieme così che sboccino quei fratelli e quelle sorelle di cui abbiamo sommamente necessità, che per amore sono per noi segni e servi.