Domenica 4 settembre alle 18 alla Basilica Cattedrale di Faenza il vescovo Mario presiederà l’ordinazione diaconale di Matteo Babini e Luca Ghirotti. Matteo Babini ha 28 anni ed è originario della parrocchia di S. Apollinare in Russi. È diplomato al Liceo linguistico e laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche. È entrato nella comunità propedeutica di Faenza nel 2014. Nel 2017 ha cominciato il cammino di formazione presso il Pontificio Seminario Regionale di Bologna. Nel 2022 ha conseguito il Baccalaureato in Sacra Teologia. In questi anni ha prestato servizio pastorale nella parrocchia di S. Antonino in Faenza, nella parrocchia di S. Stefano I, papa, nella Concattedrale di Modigliana e attualmente nell’Unità Pastorale delle Alfonsine.

La testimonianza di Matteo Babini: “Se continuerò a stupirmi di fronte ai doni di Dio, allora il mio ‘Sì’ può fare la storia”

Pochi giorni mi separano dal giorno in cui, insieme a Luca, verrò ordinato diacono. Alle spalle ho 29 anni, di cui otto passati tra propedeutica e seminario maggiore. Davanti ho tutta la vita, che non so se sarà lunga o breve, ma che desidero vivere intensamente. In queste settimane ho nel cuore un insieme variegato di sentimenti.

La gratitudine per tutte le persone che hanno percorso un tratto di strada insieme a me. Giungo a questo giorno senza dover recriminare nulla al Signore il quale mi ha fatto dono di una grande e bella famiglia, di amici e di una comunità parrocchiale che mi ha permesso di fare un’esperienza di fede viva, di una Chiesa la quale si è presa cura di me attraverso i formatori del seminario e che, nei fratelli che camminavano con me, mi ha continuato a testimoniare che si può essere veri discepoli solo insieme. L’amore che mi ha generato e di cui sono stato sempre nutrito è stata la spinta che mi ha condotto a desiderare di donarmi al Signore. Ora la consapevolezza di tutto questo mi chiede di darmi senza sconti proprio perché sono stato io il primo a ricevere con sovrabbondanza. «A chiunque fu dato molto, molto sarà richiesto» (Lc 12,48).

Il senso di inadeguatezza verso la missione che il Signore mi affiderà. In questi anni, preso atto della mia vocazione e volendo corrispondervi mi sono scontrato coi miei limiti e peccati che mi rendevano palese l’inadeguatezza rispetto a ciò a cui Dio mi chiamava. In un primo tempo ha provocato in me un sentimento di paura e angoscia, poi ho compreso che andava bene così perché mi avrebbe costretto ad affidarmi costantemente a lui. Non mi è richiesto, infatti, di essere il protagonista della missione, ma semplicemente un collaboratore del grande servo e pastore, Cristo Signore. «Vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: “Signore, salvami!”. E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”» (Mt 14, 30,31).

La gioia e trepidazione di coloro che mi vogliono bene amplifica la mia. È molto bello sentire che ci sono persone che mi sostengono, con la preghiera e con l’affetto. Questo è il volto bello della Chiesa che ho riconosciuto per Madre e che desidero far crescere. «Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile» (Rm 12,15-16).
La tanta voglia di fare e fare bene, quindi di non vivere il ministero in maniera mediocre, ma con sincerità e cura. La mia formazione iniziale sta per concludersi, ma non per questo posso dire che sia giunto al termine il cammino di crescita. Ora resta da mettere in pratica le conoscenze acquisite, la maggiore consapevolezza dei miei limiti e qualità, l’accresciuta maturità umana e spirituale sempre ponendomi in ascolto di me, degli altri e di Dio, lasciando che il Padre continui a imprimere in me il volto del Figlio attraverso l’opera dello Spirito Santo. «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre» (Gv 14,16).

Se saprò essere continuamente grato e stupito di fronte ai doni del Signore e saprò custodire la grandezza che colma la mia debolezza, se avrò un cuore gioioso e desideroso di fare bene, allora il mio “Sì” potrà fare la storia. Il semplice “Sì” che pronunceremo il 4 settembre davanti al vescovo è il frutto dell’accoglienza, nella libertà, di una vocazione che viene da lontano e di un lento cammino di consapevolezza e conformazione.

Sarà una semplice sillaba pronunciata in un mondo in cui è più frequente porre sé al primo posto. Sarà una semplice sillaba che dovremo pronunciare noi, ma che contiene i volti di tante persone che volendoci bene ci hanno trasmesso l’amore del Signore e ci hanno condotto per mano fino a oggi e i volti di coloro che il Signore ancora porrà al nostro fianco per camminare insieme verso di lui. Custodendo nel cuore la loro presenza, che è la presenza del Signore, non dovremo temere nulla. «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto darvi il suo regno» (Lc 12,32).

Matteo Babini