Il Festival di Venezia ha compiuto 90 anni dalla prima edizione (1932), giungendo, a causa di alcune interruzioni, alla 79esima edizione. Al centro dei film la crisi che la globalizzazione diffonde uniformemente nel mondo: dalla difficoltà a gestire i conti col passare del tempo, alla (im)possibilità di recuperare rapporti interrotti; dalla fatica di accogliere i cambiamenti culturali e antropologici, all’eterno conflitto tra genitori e figli. Questo a me è parso come il tema più ricorrente. All’interno della crisi, tre film di carattere esplicitamente religioso hanno trovato spazio nel panorama delle varie sezioni.

In viaggio, di Gianfranco Rosi

In viaggio è un documentario di Gianfranco Rosi (già Leone d’oro nel 2013). Specializzato nel genere, figlio d’arte (il padre Francesco è autore di film di forte impegno civile), Rosi dedica un documentario ai viaggi di papa Francesco in giro per il mondo, tra i quali Lampedusa, Canada, Usa, Cuba, Brasile, Iraq e Kurdistan. I suoi itinerari seguono il filo rosso dei temi centrali del nostro tempo: la povertà, la natura, le migrazioni, la condanna di ogni guerra, la solidarietà. Francesco è testimone della sofferenza del mondo e sperimenta la difficoltà di fare di più. Senza alcuna voce narrante, Rosi lascia spazio a ciò che il Papa vede e a ciò che dice, mescolando le immagini ufficiali con alcune tratte da altri suoi documentari. Lo sguardo di un laico come Rosi mette in primo piano la missione “politica” di Francesco, accompagnata da gesti e segni di grande impatto simbolico, attraverso i quali annuncia, a volte in modo implicito (fin troppo implicito, secondo una parte del mondo cattolico), la Buona notizia.

Padre Pio, di Abel Ferrara

Il regista visionario Abel Ferrara, dedica invece la sua ultima opera, Padre Pio, alla figura del santo da Pietrelcina. Evitando ogni riferimento all’aspetto miracolistico, padre Pio è un giovane frate che arriva a San Giovanni Rotondo all’inizio degli anni ‘20, «un visionario fin dall’infanzia, un giovane inquieto e dubbioso che lotta per trovare la sua vocazione e il suo posto agli occhi del suo Signore». Il regista realizza come in un montaggio parallelo, due passioni: quella del santo, dalla vita interiore tormentata in lotta contro le tentazioni, e quella degli abitanti di San Giovanni Rotondo, massacrati all’indomani delle elezioni dalle forze fasciste che, se pur non ancora al governo e comunque con l’appoggio del potere costituito, impediscono il riconoscimento della vittoria comunista nelle elezioni locali. Da un regista come Ferrara qualcuno prevedeva un ritratto più ironico del santo: ne esce un’opera onesta che cerca di sottolineare il necessario legame alla realtà di una fede che corre spesso il rischio di evaderla.

Chiara, di Nicchiarelli

In concorso è stato selezionato Chiara (di Nicchiarelli), sulla figura della santa d’Assisi. Ne ripercorre la vicenda fino alla regola scritta per le sorelle clarisse. La regista stessa ha affermato che «riscoprire la dimensione politica oltre che spirituale, della radicalità delle loro vite, significa riflettere sull’impatto che il francescanesimo ha avuto sul pensiero laico, interrogandosi con rispetto sul mistero della trascendenza».Peccato che la rappresentazione sembra appiattita sull’interpretazione “femminista” della vicenda a discapito di quella religiosa.

Stefano Vecchi