Il clero è troppo impegnato in altro, poca attenzione o poco tempo per i sacramenti, la preghiera, l’ascolto del singolo e più tempo, purtroppo dedicato all’organizzativo, al gestionale»
Più funzionari del sacro che servitori, più amministratori che compagni di cammino, molti gruppi sinodali si sono soffermati sulla presenza dei presbiteri. Ma non per dichiarazioni negative, quanto per esprimere un sentimento di preoccupazione e di reale interessamento alla vita e alla missione dei preti. Le persone cercano uomini che con atteggiamenti di apertura e disponibilità, sappiano realizzare il loro essere innamorati del Signore, che non rimangano distaccati dalle persone ma che sappiano parlare di Lui, col loro modo di essere presenti ed accoglienti e che accompagnino nella vita spirituale: non funzionari, ma uomini di preghiera.
«È bello entrare in chiesa e vedere il sacerdote che prega e che è disponibile alla confessione»
La preoccupazione dei preti per i muri e per il mantenimento di grandi iniziative, di grandi immobili, sembra inaridire la loro preoccupazione per il Vangelo e le persone. Per questo vengono sentiti distanti.
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Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone (Mt 25, 23)
Fra amministrazione e vita spirituale non c’è separazione: sarebbe come dividere la carne dallo spirito. Si, sono due cose differenti, ma una protegge l’altra dal diventare totalizzante e soprattutto una illumina l’altra positivamente. È proprio della spiritualità del prete, cioè della forma concreta che lo Spirito dà alla vita dei ministri ordinati, l’amministrazione dei beni. C’è un movimento virtuoso tra annuncio, celebrazione e guida pastorale che comprende anche delle responsabilità amministrative. La spiritualità del prete diocesano non si riduce solo alla celebrazione e alla preghiera, non solo all’annuncio, non solo alla guida pastorale. Queste tre dimensioni si devono integrare e alimentare reciprocamente. Inoltre in questo servizio concreto di amministrazione, i preti vengono chiamati ad essere al centro della complessità della vita reale che ha bisogno di essere orientata secondo il Vangelo e la Dottrina sociale della Chiesa. Senza, rischierebbero di staccarsi dalla realtà, di diventare estranei alle persone di questo tempo.
Allo stesso modo sarebbe un grave pericolo se essi diventassero solo funzionari e amministratori di pietre e cose: si perderebbe la preoccupazione all’apertura e all’essere accanto alle persone, la spiritualità, la vita interiore, l’annuncio del Vangelo e la sua celebrazione con le persone reali che lì vivono: compagni nel cammino della vita e della fede. In tanti parlano dei pesi dei preti, pochi sono disposti a condividerne la pesantezza, in termini di corresponsabilità. Ora serve senza più indugi concretizzare la corresponsabilità, cioè il portare a vicenda i pesi degli altri, sia in campo amministrativo che spirituale.
La fedeltà dei servi per eccellenza – poiché siamo tutti servi del Signore – rispetto al Padrone che tutto dona, è l’inutilità. Lui, il Padrone, fa germogliare, fa crescere, costruisce ed è presente mediante questi suoi servi.
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«Tutti insieme vivendo la comunione e la sinodalità, incamminati verso il Regno. Tutti insieme viviamo un servizio che ci unisce, perché è servizio accolto, celebrato in comunione con Cristo. Con il suo Sacerdozio condiviso ci rende tutti corresponsabili della sua stessa missione. Serviamo come Cristo. Formiamo e formiamoci come servitori in Cristo. Il servizio non si fa in solitaria, ma nella corresponsabilità» (vescovo Mario, 5 giugno 2022).