Guidare una simpatica ape robot lungo un percorso, assemblare una macchinina, aiutare i bambini a crescere in maniera sana nel mondo digitale. Sono queste alcune delle esperienze che ha vissuto un team di docenti della scuola dell’Infanzia 3-6 anni Sant’Umiltà di Faenza durante un corso di formazione Stem a Barcellona che si è svolto dal 4 all’8 luglio. Proposte per una scuola che non sta ferma, ma che è pronta a ripartire col nuovo anno scolastico sempre più innovativa, a partire dagli ambienti che accolgono i più piccoli. Qui la creatività, la fantasia e la voglia di scoprire si uniscono a nuove tecnologie che vengono messe al loro servizio, mettendo sempre al centro la crescita del bambino.

Il corso di formazione promosso dalla Fidae ha messo al centro il pensiero computazionale

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Lucia e Sabrina, due delle docenti della Scuola dell’Infanzia che hanno partecipato al corso

Le tre docenti di Sant’Umiltà – Lucia, Giulia e Sabrina – hanno partecipato a un percorso didattico sulla robotica educativa promosso da Fidae (Scuole cattoliche italiane), Erasmus Plus e al consorzio con capofila la scuola Maria ausiliatrice di Roma. In questi cinque giorni, ospitate dall’università La Salle di Barcellona, le docenti hanno potuto sperimentare direttamente diversi giochi innovativi rivolti ai più piccoli in grado di aiutarli a sviluppare il pensiero computazionale, ossia tutti quei processi mentali che consentono di raggiungere un obiettivo. «Nella scuola dell’infanzia i bambini apprendono esplorando, manipolando, giocando – spiega la docente Lucia Lucchesi – e si sperimentano anche nel pensiero computazionale. Grazie a questa esperienza abbiamo avuto la possibilità di conoscere nuovi strumenti, giochi e applicazioni da poter utilizzare anche nelle nostre realtà. Anche il fatto di poter condividere questo percorso con altre maestre è stato significativo essendo un tema in costante evoluzione: ci siamo potute confrontare tra noi, esprimere i nostri dubbi o idee».

Bee bot e Kibo: giochi e strumenti utili a far crescere i bambini

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Una bee bot

Il corso ha proposto alle docenti anche una visita al Fab Lab di Palamos, dove hanno potuto assistere a innovazioni d’avanguardia in termini di robotica e digitale applicati al mondo della scuola. «Anche durante il corso è stato ribadito che i bimbi della scuola dell’infanzia non sono in grado di programmare su tablet o su pc – precisa Lucchesi -, ma ci sono proposte tarate anche per la loro età». Tra questi la bee bot, un dispositivo con ruote a forma di ape che presenta sulla schiena alcuni tasti e che esegue memorizzando i comandi scelti. «Le bee bot– aggiunge Lucchesi – possono essere programmate per muoversi, per esempio, all’interno di un plastico di una città, realizzata usando materiali da riciclo come cartoni del latte o vasetti di yogurt che diventano case, palazzoni e grattacieli questo per rendere il gioco più stimolante». Oppure c’è anche il Kibo, una macchinina simile alla bee bot che il bambino può facilmente assemblare.

Lucchesi: “La tecnologia deve essere sempre messa al servizio del bambino”

Anche i piani nazionali della scuola digitale puntano molto sull’approccio a questi strumenti fin da piccoli, ma questi non devono mai essere utilizzati in maniera acritica. «Si tratta di strumenti utili – spiega la docente – che però devono essere personalizzati in base al bambino che la maestra si trova davanti. Al centro infatti deve esserci sempre il bambino: questi giochi devono essere tarati sulle sue capacità e sulla sua indole, devono stimolare tanto il suo pensiero computazionale quanto la sua fantasia. Non deve mai mancare la creatività nel proporre, per esempio, un gioco con la bee bot». Tante novità, ma in un mondo in continua evoluzione quali restano i bisogni principali dei bambini di oggi? «Vanno innanzitutto ascoltati – risponde Lucchesi – e va lasciato loro il tempo di crescere nella maniera il più serena possibile, senza fretta. Non vanno protetti in una bolla, ma al tempo stesso devono poter vivere il gioco e la scoperta coi loro tempi, senza ansia di affrettarli».