Si individuano due gruppi che spesso rimangono distinti: le persone che partecipano alla vita della Chiesa e altri che vivono nel frullatore della vita con le proprie difficoltà.

La sintesi diocesana, raccogliendo le riflessioni dei numerosi gruppi sinodali, dà voce a questa osservazione pungente e puntuale: molte persone, famiglie e comunità tentano di impastare la propria esistenza partecipando alla proposta ecclesiale, ma ne esistono moltissime altre che da questa non sono coinvolte. Ancora più acutamente si mette in evidenza che tale distinzione affiora nella vita stessa dei cristiani, credenti della domenica o soltanto in certe fasce orarie, che in molti ambiti della loro giornata, particolarmente in quello del lavoro, dell’impegno politico e del tempo libero, si distinguono con fatica da chi non sembra avere Cristo e la Chiesa come riferimento.

La vita della Chiesa pare poco pertinente rispetto a quello che succede nella vita reale: il frullatore del quotidiano, con i suoi ritmi, condizionamenti, difficoltà urgenze, preoccupazioni, pare divergere rispetto a quanto sta a cuore alla comunità ecclesiale. Prevale l’impressione di muoversi su ambienti distinti che debbano restare divisi e non essere invece vasi comunicanti, quasi che l’uno non debba mescolarsi con l’altro.

E se ci sta dedicare un po’ di tempo del weekend alla celebrazione, alla formazione, alla preghiera… è facile che il resto della settimana sia altro e resti difficile tradurre il nostro essere Chiesa in azioni feriali, fuori dal sagrato. Lavoratori e famiglie faticano a essere discepoli del Signore: oggi vivere, vuol dire non avere tempo e non avere altre energie per dedicarsi ad altro.

C’è il desiderio che la Chiesa entri nella vita quotidiana, nel tempo non solo festivo, ma feriale (lunedì-sabato) perché la Fede non può essere di facciata ed essere nascosta quando si è in ambito lavorativo. Una Chiesa che si rinnova è una Chiesa che non mette in secondo piano il Messaggio, ma che impara nuovi linguaggi, cerca di tenere rapporti umani ed è testimone nella quotidianità, anche quando rischia di essere additata come diversa.

E chi il lavoro non ce l’ha, sente l’abbandono e la distanza della Chiesa e dei cristiani.

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Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. (Mc 4)

Siamo nella tempesta, sballottati dalle acque, senza sicurezze; ci illudiamo di avere il controllo, ma basta l’infrangersi di un’onda sul nostro debole scafo per farci sentire quanto siamo bisognosi di un appiglio.

La nostra vita è piena di onde, di difficoltà, di incoerenze, di sofferenze, di errori. Ci manca il coraggio di ripartire dalla Parola di Dio, dal Signore.

Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: Maestro, non t’importa che siamo perduti?

Magari, sì, abbiamo fatto esperienza del Signore, ma adesso il grido che ci attraversa è corale, forte, profondo. È il grido che percorre i secoli: perché questo male? Perché queste difficoltà? Perché queste morti? Perché queste sofferenze? Dove sei? Come puoi essere Dio di tutto questo? Perché dormi? Non t’importa di noi, che siamo perduti, siamo in balia di questa tempesta che è la vita?

Si destò.

Come nel suo sonno, immagine della morte e della croce, Gesù è entrato nella nostra barca e ha condiviso con noi la furia della tempesta, così nel suo destarsi, nella sua risurrezione, ha vinto ogni onda maligna, ha messo a tacere per sempre la forza del male.

La sua Pasqua è il senso, la chiave e il faro che ci salva, il sostegno che non ci fa naufragare, la certezza che ogni tempesta è già ridotta al nulla, è già sconfitta.

Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai” (Papa Francesco 27 marzo 2020).

Gesù minacciò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”. Il vento cessò e ci fu grande bonaccia.

Imbarcarsi con Gesù non significa sfoggiare scudetti, libretti presenze in canonica o tessere associative, ma accedere a una sapienza altra; significa ricevere la luce che attraverso di noi può illuminare la penombra della quotidianità, significa ricevere quel coraggio di prendere il largo e portare Gesù sulla barca, perché calmi quel mare.

Navigare con Lui è sperimentare che la preghiera deborda, straripa oltre il tempo che vi dedichiamo. Che la Messa è destinata a fecondare la vita concreta, rivelandole il suo senso, la quale spontaneamente tornerà a confluire nella celebrazione. Che non conta quante persone vanno in Chiesa la domenica, ma come ne escono quelli che entrano! Che si va all’Eucaristia per essere scaraventati fuori: riprogrammati, rinnovati, rigenerati, abitati. Che c’è bisogno degli spazi e del tempo, del lavoro, della casa, della società, della politica, per dare concretezza alla nostra fede. Che c’è bisogno proprio di noi, di persone che affrontino questi mari, per portare lì il Signore e realizzare il regno di Dio oggi, sempre con il Signore accanto. E che, di conseguenza, la distinzione tra giorni festivi e feriali è fittizia, dissolta dall’amore unificante del Padre.

Perché avete paura? Non avete ancora fede?

Il Signore è con noi sempre e non c’è un momento o un luogo in cui Egli non ci accompagni: questa certezza è fede, questo celebra incessantemente la Chiesa, questo vive ogni discepolo nella propria vita.

La sfida è fare spazio a un amore adulto e diventare buona notizia, segno e strumento di una gioia diversa, abilitati a santificare ogni istante, sette giorni su sette, ad uscire ed affrontare nuovi mari con Gesù accanto.

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La Chiesa è come il fermento e l’anima della società umana: essa è al centro della vita e della realtà. Essa risana ed eleva la dignità della persona umana, consolida l’unità della società umana e conferisce al lavoro quotidiano degli uomini un più profondo senso e significato perché Essa crede che chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo.

Noi e tutticoloro che hanno responsabilità attive dentro tutta la vita della Chiesa, non solo siamo tenuto ad animare, vivificare il mondo con lo spirito cristiano, ma siamo chiamati anche ad essere testimoni di Cristo in ogni circostanza e anche in mezzo alla comunità umana.

Perché il Signore è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, il centro del genere umano, la gioia d’ogni cuore, la pienezza delle nostre aspirazioni (Cfr. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 40-45).

Il Vangelo citato in questo articolo è il Vangelo che ha proposto Papa Francesco in un momento forte di tempesta: «Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. La nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: Voi non abbiate paura» (Papa Francesco, 27 marzo 2020).