Serve un cambiamento dei percorsi di catechesi.

L’osservazione ricorre in numerosi dei resoconti dei gruppi sinodali, segno che nel confronto il tema è parso centrale ed è stato dibattuto interrogandosi sulle cause, esplorando le prospettive e indicando suggerimenti. La catechesi delle nostre comunità a volte ha ancora uno stile che ricalca quello scolastico circa modalità di trasmissione, suddivisione in classi per fasce d’età, cadenza classica da settembre a giugno, programmi focalizzati principalmente sulle conoscenze da acquisire, specie in previsione dei Sacramenti. Rischia di presentare il Vangelo come un contenuto teorico dottrinale e non l’incontro vivo con una Persona.

Tanti bambini e ragazzi prendono parte ai percorsi dell’iniziazione cristiana in parrocchia! Ma la proposta non sempre è così significativa e incisiva. Difficile realizzare nel concreto quell’alleanza educativa tra famiglia e parrocchia, dove ciascuno dovrebbe essere di accompagnamento per aiutare bambini e ragazzi a crescere nella fede. Difficile perché a parole sappiamo insegnare l’essere bravi cristiani, ma nella realtà siamo tutti in continuo cammino.

Cominciare dai bambini o meglio ripartire dagli adulti? Come passare dal concetto di dottrina al concetto di esperienze di vita? Concentrarsi sui catechisti o piuttosto aggiornare i programmi, i metodi o i parroci? E i sacramenti? Si può fare qualcosa a livello nazionale?

Non solo i catechisti sono gli educatori alla fede, ma lo siamo tutti: occorre un rinnovato lavoro di tutta la comunità che è insieme chiamata, impegno e decisiva opportunità.

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Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’agnello di Dio!”. E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù (Gv 1, 35-39)

Già san Paolo se lo chiedeva: Ma come potranno credere nel Signore, se nessuno ne parla, se nessuno lo annunzia? (cfr. Rm 10, 14). L’incontro con Gesù inizia accanto a qualcuno che tiene fisso lo sguardo su quell’Uomo che passa, accanto a un fratello o una sorella che – con o senza parole – sa indicare l’Unico che può dare pienezza e gioia vera.

Abbiamo bisogno di formatori, educatori, catechisti che prolunghino questo annuncio di salvezza. Occorre un salto di qualità: “La catechesi non è una comunicazione astratta di conoscenze teoriche da memorizzare come fossero formule di matematica o di chimica. È piuttosto l’esperienza mistagogica di quanti imparano a incontrare i fratelli là dove vivono e operano, perché loro stessi hanno incontrato Cristo. Il catechista e la catechista sono testimoni che si mettono al servizio della comunità cristiana, per sostenere l’approfondimento della fede nel concreto della vita quotidiana. Sono persone appassionate e creative che annunciano senza stancarsi il Vangelo della misericordia; persone capaci di creare i legami necessari di accoglienza e vicinanza che permettono di gustare meglio la Parola di Dio e di celebrare il mistero eucaristico” (papa Francesco).

Abbiamo bisogno di persone non perfette, ma che, come il Battista, sappiano additare la meraviglia di Dio, mite come agnello, vittorioso sul male e sulla morte. E abbiamo bisogno di diventare tutti discepoli – compagni di viaggio gli uni degli altri, che sappiano affiancare chiunque si metta sulla strada per seguirLo. Soltanto così i bambini, ragazzi, giovani, adulti, anziani, parroci intuiranno che vale la pena giocare la vita per Gesù.

Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: “Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbì – che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?”. 

Magnifico Gesù, per niente preoccupato di trasmettere nozioni, ma interessato a noi, alle nostre domande, alle inquietudini che ci segnano. “La catechesi è un’avventura straordinaria. Non dobbiamo avere paura di parlare il linguaggio della gente. Non dobbiamo aver paura di ascoltarne le domande, quali che siano, le questioni irrisolte, ascoltare le fragilità, le incertezze” (papa Francesco).

Seguendo Gesù non troviamo risposte facili o parole chiare, anzi. Che sorpresa scoprire che rimanere sulle Sue orme darà piena dignità a tutte le nostre domande.

Venite e vedrete.

“Educare non è riempire dei vasi ma accendere fuochi. Chi custodisce questo fuoco può trasmetterlo, ma l’unico modo di farlo è per contatto, cioè attraverso la testimonianza personale e comunitaria. Prima ancora di trasmettere quello che si sa, si accende il fuoco condividendo quello che si è”(papa Francesco).

Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

“Di Gesù non basta la conoscenza puramente intellettuale, accademica, esprimibile con i concetti sia pure raffinati della teologia. Di Gesù, insomma, non si dà solo teoria. Ma l’aver fatto esperienza vitale di Gesù costituisce il passaggio obbligato per poter efficacemente parlare di lui. Se prima non hai gustato la dolcezza del suo nome, è inutile che ti metti a predicarlo. Se il buon profumo di Cristo non promana dalle tue mani che hanno stretto le sue, le parole che annunci sono prive di garanzie. Se non hai da esibire veli di Veronica attraverso i quali hai toccato il suo volto, le tue lezioni su di lui saranno sempre inaffidabili. Se Gesù non ha segnato le sue impronte digitali in qualche parte del tuo essere, è fatica sprecata tentare un identikit di lui inseguendo astrazioni di riporto. Se egli non ti ha lasciato scritto di suo pugno un promemoria sulla pagina dell’anima, o non ti ha messo almeno un autografo in calce alle tue righe, è vano spiegarlo agli altri seguendo gli appunti segnati sulle pagine di carta. Prima di raccontarlo, Gesù, bisogna averlo toccato” (don Tonino Bello).

Toccare Gesù: non pre-requisito, ma soprattutto promessa che Dio si incarica di esaudire. Il primo a trarre vantaggi dalla catechesi è il catechista stesso!

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La nostra Chiesa deve riscoprire il suo volto materno, paterno, fraterno: deve riuscire a comunicare con ogni uomo e donna che vive sul nostro territorio in questo nostro tempo particolare la buona notizia di Gesù Cristo, morto e risorto perché noi avessimo la vita, e ora vivo in mezzo a noi nello Spirito Santo (Vescovo Mario 5 giugno 2022).

La catechesi diventerà il toccare insieme agli altri questa certezza: le sue parole, i suoi gesti, la sua vita che palpita nei sacramenti ci stringono a Lui che non ci abbandonerà mai sul cammino della vita.