Dopo aver raccontato della festa delle due nuove religiose per la loro professione solenne, pensavamo al riposo estivo delle suore di Sant’Umiltà di Faenza e invece eccole alle prese con il capitolo. Mercoledì scorso, infatti, le sorelle hanno scelto la loro guida per i prossimi cinque anni ed è stata confermata suor Gian Paola Pederzoli, a cui rivolgiamo qualche domanda.

Suor Gian Paola servirà il monastero per altri 5 anni

Che significa che vi siete riunite “in capitolo”?

Assemblea e capitolo, possono significare la stessa cosa, ma il capitolo mi trasmette di più l’idea di ascolto reciproco e di un convergere verso obiettivi comuni. Il luogo stesso che si chiama allo stesso modo ha, dal punto di vista architettonico, una dinamica circolare con il vuoto al centro che è lo spazio dell’invisibile, cioè di Dio.

Questo è il quarto mandato consecutivo in qualità di badessa del Monastero di Sant’Umiltà?

Sì, l’ultimo gesto per eleggere la badessa, è la votazione che è, in questo caso, come una firma, un consenso esterno della decisione che è maturata nel cuore di ciascuna nella preghiera e nel confronto comunitario. Sì, è il quarto mandato, ma non mi sembra e sempre succede in situazioni e condizioni diverse.

Dunque ’comandare’, in un monastero, è servire. Un po’ come ha detto Gesù Cristo: chi vuole essere primo tra voi sarà il servo di tutti (Mc 10, 44).

Certamente, nella Chiesa, ma anche nella società, avere responsabilità in più, è sempre servire. È sempre più forte questa dimensione del servizio, meglio più consapevole. Dal servizio nasce la gioia di una certezza profonda che tutto è fatto per Lui, in Lui e con Lui.

Qual è il servizio di un monastero come Sant’Umiltà per una città come Faenza?

Risponderei con l’icona di Santa Umiltà reclusa in un eremo a ridosso di una chiesa con le due finestrelle una verso la chiesa sempre aperta e una verso la strada. Un servizio silenzioso che è una presenza orante e operante in piccole situazioni, nelle quali la relazione è un “ponte” una connessione che parte da Dio e a Lui ritorna.

Qual è il servizio del monastero S. Umiltà per i fedeli faentini?

È l’esserci. Dal 1266. Lo direi con un’altra immagine: come profumo. Il profumo è segno dell’Amore, della gratuità, del dono. Profumo anche d’incenso: resina amarognola che il fuoco trasforma e poi fa salire come nube verso l’alto, spandendo appunto profumo. Come incenso, o Dio, salga a te la mia preghiera, la mia vita, trasformata dal fuoco dello Spirito.

“Quanto ti affidi al Signore, Lui ti apre gli occhi e il tuo sguardo acquista la luce della Risurrezione…”

suorgianpaolabadessa

Quali sono i cambiamenti più grandi che tu, Gian Paola, hai notato da quando hai fatto la tua scelta monacale arrivando a oggi?

Sono entrata che il Monastero aveva una scuola grande, con tanti studenti dai 2 anni ai due metri e mi sono vista “buttata” nel cuore dell’educazione attraverso modalità che volevano essere un continuo laboratorio della mente, del cuore e della mano. Questo è quello che lo Spirito mette nel cuore dei credenti che vivono nella scuola, nel campo educativo. Quando papa Francesco lo affermò nell’incontro con la scuola italiana, sperimentammo davvero l’unità di un sentire che ha la Sorgente nell’Amore di Dio.
Poi, proprio con me e anche attraverso di me è avvenuto il passaggio del testimone consegnato totalmente ai laici (Fondazione Marri – S.Umiltà) e sempre avvertiamo che la chiesa faentina è ricca di laici preparati e generosi e, anche se non bastano mai perché la messe è molta, siamo davvero grate al Signore anche per questo dono e per questa esperienza che va avanti con energia.

Sono entrata in monastero ed ero la 34^ monaca: tutte italiane, tranne due brasiliane. Oggi siamo 15, con le italiane in gran parte anziane. Il monastero di Santa Umiltà in Faenza era autonomo, a sé stante, oggi è ricostituita la dipendenza del monastero dello Spirito Santo a Bagno a Ripoli e c’è la fondazione a Bangalore in India, con tante giovani e con un grande impegno formativo. Facciamo parte della Federazione dei monasteri benedettini dell’Italia del Nord. La preghiera era quasi interamente a porte chiuse. Una grande comunità che cantava le Lodi al Signore in un cenacolo. Oggi è diverso, le porte sono spesso aperte e anche se non ci sono presenze visibili e la chiesa è vuota o quasi, c’è comunque un sentire nuovo, C’è una Chiesa in uscita.

Come vivete l’evidente calo di vocazioni che da decenni caratterizza il vecchio continente europeo e che anche per voi è evidente nei numeri che hai appena citato?

La dimensione del morire è sempre dolorosa, poi, quando ti affidi al Signore, Lui ti apre gli occhi e il tuo sguardo acquista la luce della risurrezione che ti fa scorgere la trasformazione, direi proprio la trasfigurazione del presente. Sei un piccolo ramo che germoglia? Oppure sei un piccolo ramo secco che verrà potato? La gioia rimane comunque di appartenere alla Chiesa, un’appartenenza forte viscerale. Non nascondo la fatica quotidiana di essere poche e quindi l’essere costrette a potare il fare, ma l’Amore è più forte e ti spinge ad allargare i confini. Infatti, santa Umiltà è andata in India e ha attirato al Signore molte giovani…. Una ripartenza di fatto, imprevedibile e … davvero cominciamo “a riprendere fiato”, a partire dal coro, dal canto.

A un certo punto avete vissuto una esperienza in Africa. E ora avete questo incarico di aiutare giovani indiane nella scelta del cammino religioso. Dopo Giacinta e Alfonsa, ne arriveranno altre. Se ho capito bene, tutte destinate a rientrare in India?

In Africa, con suor Cristina nel 2011, è stata una esperienza forte che ha fatto parte di una serie di esperienze dal 2008 al 2013, da Roma alla Croazia, all’Africa, attraverso la Cib (Conferenza Internazionale Benedettina) ci ha messo a contatto con il mondo benedettino nei vari Paesi del mondo. Davvero esperienza propedeutica alla guida della fondazione indiana. Il prossimo anno, a Dio piacendo, ci saranno cinque professioni semplici a Bangalore e tre professioni solenni qui in Italia. Non sono tutte destinate a rientrare in India, ma cerchiamo di rimanere in ascolto perché lo Spirito ci indichi dove inviarLe a radicarsi.

Il nostro vescovo Mario non perde occasione per invitare tutti a seguire Gesù. Per essere suoi testimoni nel mondo. Cosa chiede Gesù oggi alle monache di S. Umiltà?

Lo esprimerei, attraverso le parola del nostro abate Giuseppe Casetta, che, fra l’altro, ha presieduto il Capitolo, senza dimenticare di ringraziare il nostro vescovo monsignor Mario Toso che ci è sempre vicino con delicatezza e con energia. “L’augurio più bello che posso farvi – ci ha detto padre Casetta – è quello di Maria: Fate quello che vi dirà. Fate, cioé agite, lavorate, impegnatevi. Trasmettete concretezza e sicurezza. Qualunque cosa vi dica, fatela. Questo è il linguaggio che genera la fede e smuove le montagne. Fidatevi, la sua Parola è per il bene!”.

Giulio Donati