Neanche le briciole. Nessuno dei 61 progetti Pnrr presentati dalle Diocesi romagnole per la sicurezza sismica nei luoghi di culto è stato ammesso al finanziamento dal Ministero della Cultura. «A oggi non ci sono ancora risposte sul perché al di là e al di qua della linea che separa Emilia e Romagna ci sia stata questa differenza di trattamento. E si tratta di una differenza non secondaria, ma sostanziale, che riguarda importanti risorse per la riqualificazione di luoghi di culto e di chiese, oltre che per la vita delle nostre comunità – spiega il vicario generale della Diocesi di Faenza-Modigliana, don Michele Morandi –. Il nostro vescovo, monsignor Mario Toso, appresa la notizia, si è subito mobilitato per far sì che le esigenze dei nostri territori vengano tenute in considerazione». La mobilitazione ha coinvolto tutti i vescovi della Regione che, nei giorni scorsi, hanno inviato un comunicato ufficiale in cui esprimono la propria preoccupazione per questa disparità. Sull’argomento è stata presentata un’interrogazione alla Giunta regionale da parte della consigliera Manuela Rontini «per supportare le giuste istanze dei vescovi romagnoli e dell’intera Ceer». Per cercare di fare chiarezza su questo tema, abbiamo intervistato il vicario generale don Michele.

Il vicario generale: “Alcuni dei nostri territori messi ai margini”. 4 progetti riguardavano la Diocesi di Faenza-Modigliana

Don Michele, come è partito l’iter con il quale le Diocesi hanno partecipato al bando Pnrr del Ministero?

Tutto è partito con una lettera informale del 28 gennaio da parte di don Mirko Corsini, incaricato regionale per i Beni culturali, ecclesiastici ed edilizia di culto. Siamo stati informati che il Ministero della Cultura stava effettuando una ricognizione su tutto il territorio nazionale per redigere elenchi di luoghi di culto, chiese, torri e campanili sensibili – con ordine di priorità e maggior rischio di perdita o danno di beni – in territori classificati in zona sismica per l’inserimento nel Piano antisismico di Investimento del Pnrr. I tempi per presentare i progetti erano molto serrati, veniva richiesta la documentazione entro una decina di giorni.

Siete riusciti a presentare i progetti in tempo?

Come Diocesi abbiamo presentato i progetti entro i tempi stabiliti. Si tratta di interventi su cui già da tempo stavamo facendo dei ragionamenti, e questo ci ha facilitato nel reperire tutti i dati richiesti. L’8 febbraio abbiamo inviato al Ministero le nostre candidature, e il 10 febbraio ci è arrivata risposta di corretta ricezione dalla Pec della Direzione generale del Ministero per la Sicurezza del Patrimonio Culturale. L’iter formale sembrava dunque procedere regolarmente e senza particolari sorprese. Sapevamo che, giustamente, l’inserimento all’interno del programma di finanziamento sarebbe avvenuto solo alla luce delle valutazioni effettuate dalle Soprintendenze territorialmente competenti.

Nello specifico, quali sono stati i progetti presentati dalla Diocesi?

Si tratta di quattro strutture molto significative per le nostre comunità, che necessitano di importanti interventi di riqualificazione sismica: la Madonna del Bosco, di Alfonsine, la chiesa della Commenda di Faenza e, nel territorio di Brisighella, il santuario del Monticino e la collegiata di San Michele.

Quando è arrivata la notizia che i progetti della Diocesi non erano stati ammessi al finanziamento?

Il 16 giugno, poco prima di un incontro che si è tenuto a Roma dalla Cei per definire il ruolo delle Diocesi come soggetti attuatori del Pnrr, veniamo a sapere che i progetti della nostra Diocesi presentati nel bando non sono stati finanziati.
La cosa che ci ha suscitato non poche perplessità avviene nei giorni successivi. Il 21 giugno gli incaricati di Arte Sacra della Romagna apprendono, confrontandosi tra loro, che nessuna diocesi romagnola ha avuto progetti approvati. Stiamo parlando di 61 progetti in tutto. Esemplificativo è il caso della Diocesi di Imola: i progetti nel territorio emiliano sono stati approvati, mentre quelli in territorio romagnolo, di competenza della Soprintendenza di Ravenna, no. C’è dunque un vero e proprio spartiacque che segna una disparità di trattamento. Così come è stato anche per il fatto che diverse chiese di proprietà statale o comunale hanno invece ottenuto il finanziamento.

Come avete reagito?

Appresa la notizia, il nostro vescovo Mario si è subito mobilitato per fare chiarezza sulla vicenda.
Ha coinvolto personalmente il cardinale Zuppi in qualità di presidente Ceer e della Cei. I vescovi della Regione – da Piacenza a Rimini – si sono dimostrati uniti di fronte a questa vicenda, come testimonia anche il comunicato della Ceer inviato nei giorni scorsi. È stato un bel segnale. A oggi siamo ancora in attesa di risposte sul perché ci sia stata questa disparità di trattamento. Visto il tema prioritario della sicurezza sismica di questi luoghi, ci aspettiamo che dal confronto con le istituzioni si possano trovare soluzioni alternative di finanziamento, previa certamente la valutazione dei singoli progetti secondo un criterio d’urgenza.

Che conseguenze ha tutto questo sulla vita delle nostre comunità?

Ci tengo a precisare che quelli di cui stiamo parlando non sono interventi accessori o secondari, ma vanno al cuore delle nostre comunità. In tutti gli aspetti, dall’ambito religioso a quello della sicurezza, da quello artistico-culturale a quello della socialità. Dietro questi progetti ci sono ricadute importanti per la vita delle nostre comunità, su cui da tempo la nostra Diocesi ha avviato una riflessione. In particolare la collegiata di San Michele avrà necessità nei prossimi anni di un intervento strutturale di grande rilievo, e senza queste risorse si mette in discussione anche la possibilità di realizzarlo. Con possibili conseguenze anche di agibilità dell’edificio.

Samuele Marchi