“Lo stato di degrado della nostra casa comune merita la stessa attenzione di altre sfide globali quali le gravi crisi sanitarie e i conflitti bellici”. Ne è convinto il Papa, che nel Messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, in programma il primo settembre, spiega come la “conversione ecologica”, al centro della Laudato sì, implichi sia una dimensione personale che una dimensione comunitaria. Di qui l’appello alla comunità delle nazioni, chiamata a “impegnarsi, specialmente negli incontri delle Nazioni Unite dedicati alla questione ambientale, con spirito di massima cooperazione”, a partire dagli imminenti appuntamenti della Cop27 in Egitto e della Cop15 in Canada: “Durante questo Tempo del Creato, preghiamo affinché i vertici Cop27 e Cop15 possano unire la famiglia umana, per affrontare decisamente la doppia crisi del clima e della riduzione della biodiversità”.
“Non si può non riconoscere l’esistenza di un ‘debito ecologico’ delle nazioni economicamente più ricche, che hanno inquinato di più negli ultimi due secoli”, scrive il Papa. Ciò comporta, spiega Francesco entrando nel dettaglio delle sue richieste alla comunità internazionale, “oltre a un’azione determinata all’interno dei loro confini, di mantenere le loro promesse di sostegno finanziario e tecnico per le nazioni economicamente più povere, che stanno già subendo il peso maggiore della crisi climatica”. “Pensare urgentemente anche a un ulteriore sostegno finanziario per la conservazione della biodiversità”, l’altra proposta del Papa.
Il messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per al cura del creato
“E’ necessario agire, tutti, con decisione”, l’appello finale: “stiamo raggiungendo un punto di rottura. Raggiungere l’obiettivo di Parigi di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C è alquanto impegnativo e richiede la responsabile collaborazione tra tutte le nazioni a presentare piani climatici, o Contributi Determinati a livello Nazionale, più ambiziosi, per ridurre a zero le emissioni nette di gas serra il più urgentemente possibile”, rilancia Francesco, secondo il quale si tratta di “convertire i modelli di consumo e di produzione, nonché gli stili di vita, in una direzione più rispettosa nei confronti del creato e dello sviluppo umano integrale di tutti i popoli presenti e futuri, uno sviluppo fondato sulla responsabilità, sulla prudenza/precauzione, sulla solidarietà e sull’attenzione ai poveri e alle generazioni future”, partendo dall’alleanza tra l’essere umano e l’ambiente. La transizione operata attraverso la conversione ecologica non può trascurare, inoltre, “le esigenze della giustizia, specialmente per i lavoratori maggiormente colpiti dall’impatto del cambiamento climatico”.
Il vertice COP15 sulla biodiversità, che si terrà in Canada a dicembre, “offrirà alla buona volontà dei governi l’importante opportunità di adottare un nuovo accordo multilaterale per fermare la distruzione degli ecosistemi e l’estinzione della specie” sottolinea il Papa, che cita “l’antica saggezza dei Giubilei” e i tre verbi da adottare come tabella di marcia: “ricordare, tornare, riposare e ripristinare”. Per fermare l’ulteriore collasso della biodiversità, Francesco esorta le nazioni ad accordarsi su quattro principi chiave: “costruire una chiara base etica per la trasformazione di cui abbiamo bisogno al fine di salvare la biodiversità; lottare contro la perdita di biodiversità, sostenerne la conservazione e il recupero e soddisfare i bisogni delle persone in modo sostenibile; promuovere la solidarietà globale, alla luce del fatto che la biodiversità è un bene comune globale che richiede un impegno condiviso; mettere al centro le persone in situazioni di vulnerabilità, comprese quelle più colpite dalla perdita di biodiversità, come le popolazioni indigene, gli anziani e i giovani”.
“Smettere di distruggere i boschi, le aree umide e le montagne, di smettere d’inquinare i fiumi e i mari, di smettere d’intossicare i popoli e gli alimenti”, le incalzanti richieste del Papa alle “grandi compagnie estrattive”: minerarie, petrolifere, forestali, immobiliari, agroalimentari.
La “dolce canzone” del creato è accompagnata da “un coro di grida amare”, l’esordio del Messaggio. “Per prima, è la sorella madre terra che grida”, afferma Francesco riprendendo i temi della Laudato sì: “In balia dei nostri eccessi consumistici, essa geme e ci implora di fermare i nostri abusi e la sua distruzione. Poi, sono le diverse creature a gridare. Alla mercé di un ‘antropocentrismo dispotico’, agli antipodi della centralità di Cristo nell’opera della creazione, innumerevoli specie si stanno estinguendo, cessando per sempre i loro inni di lode a Dio”. “Ma sono anche i più poveri tra noi a gridare”, la denuncia: “Esposti alla crisi climatica, i poveri soffrono più fortemente l’impatto di siccità, inondazioni, uragani e ondate di caldo che continuano a diventare sempre più intensi e frequenti. Ancora, gridano i nostri fratelli e sorelle di popoli nativi. A causa di interessi economici predatori, i loro territori ancestrali vengono invasi e devastati da ogni parte, lanciando un grido che sale al cielo”. Infine, per il Papa, “gridano i nostri figli”: “Minacciati da un miope egoismo, gli adolescenti chiedono ansiosi a noi adulti di fare tutto il possibile per prevenire o almeno limitare il collasso degli ecosistemi del nostro pianeta. Ascoltando queste grida amare, dobbiamo pentirci e modificare gli stili di vita e i sistemi dannosi”.
M. Michela Nicolais
Fonte: Sir