Il 16 giugno scorso, nella chiesa di Sant’Agata a Santarcangelo di Romagna, si è tenuta la presentazione del libro Lo splendore della verità nella vita e nell’arte di Giulio Liverani. In questa chiesa sono presenti ceramiche di questo sacerdote artista, che illustrano una intensa Via Crucis; altre opere si trovano in altre chiese del riminese.

Don Giulio nasce a Modigliana nel 1935 e, ordinato sacerdote, ricopre alcuni incarichi in zona. Negli anni ‘60 incontra il Movimento dei Focolari, ne condivide profondamente la spiritualità e parte per la missione in vari paesi dell’America Latina dove per alcuni anni è parroco alla periferia di S. Paolo in Brasile. Per motivi di salute deve rientrare in Italia, viene nominato parroco a Marzeno e direttore dell’Ufficio Missionario Diocesano (suo l’invito a Dom Helder Camara a Faenza). Negli ultimi anni vive tra Italia, dove cura la parrocchia di Pieve di Tho, e il nord-est del Brasile, dove morirà nel maggio del ‘97 e lì è sepolto per sua volontà.

Una costante tensione alla santità

In occasione di questa presentazione è giunta da parte di Margaret Karram e Jesus Moran, presidente e vicepresidente dell’Opera di Maria, una lettera di apprezzamento sulla vita e l’opera di Giulio Liverani. Ne riportiamo ampi brani, che ne evidenziano l’alto profilo spirituale e artistico. «Non abbiamo avuto la fortuna di incontrare personalmente questo sacerdote profondo e generoso, dall’anima di artista, che resta così significativo per il nostro tempo. Ma abbiamo avuto modo di scoprirlo attraverso scritti e testimonianze. Rileggendo il profilo steso da don Silvano Cola, che più di ogni altro ha potuto conoscere il suo iter spirituale, siamo stati toccati da alcuni aspetti che evidenziano tratti della spiritualità di comunione, tipici del carisma di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari. Spicca la sua “tensione alla santità”, che lo manteneva nell’unione con Dio in una intimità che non custodiva gelosamente per sé: “Comunicava la sua profonda vita interiore – attesta don Silvano – in modo così semplice e umile da sembrare la cosa più normale per un cristiano”. Da qui la sua straordinaria cordialità e capacità comunicativa in ogni ambito ecclesiale e sociale, l’apertura al dialogo e il suo farsi prossimo di chi soffre nei più vari contesti sociali

Quando nel 1968 don Giulio conosce il Movimento dei Focolari, si mette a completa disposizione dell’Opera con una generosità non comune. Parte per l’Argentina e nella nascente Mariapoli Permanente di O’Higgins fa ogni tipo di lavoro: dalla coltivazione dei campi, all’assistenza religiosa per gli abitanti della cittadella, portando l’ideale dell’unità anche tra sacerdoti e seminaristi argentini e cileni. Apprezzato dai vescovi, è chiamato a predicare esercizi spirituali in molte diocesi, suscitando ovunque tante vocazioni. Si dona, in seguito, a un intenso apostolato anche in Brasile, con iniziative a favore dei più vulnerabili e in un instancabile e fruttuoso accompagnamento di candidati al sacerdozio, custodendo in cuore quanto Chiara gli aveva augurato: di trarre “vita dalla radice” ed “essere sempre più penetrato dall’amore divino, per essere nel mondo Gesù sacerdote”. […]Spicca inoltre la sua originalità di artista. Dall’esperienza diretta di lavorare la terra, che impara da ragazzo e pratica poi in America Latina, partecipando alle fatiche e alle sfide dei contadini del luogo, trae ispirazione per opere artistiche. “Essendo un artista poliedrico – annota don Silvano – fece varie viae crucis che ancora oggi raccontano plasticamente il dolore della gente”, che suscitarono l’interesse dei media e costituiscono “una catechesi originale della dottrina sociale della Chiesa”.

Plasmando tali forme espressive don Giulio sembra dare voce e ascolto alle grida dell’umanità. Molte sue “ceramiche” adornano chiese in America Latina e in nostre Cittadelle. Mi piace ricordare il bassorilievo custodito nella cappella del Centro di spiritualità “Vinea mea” a Loppiano. Colpiscono le lunghe braccia del Crocifisso che ci si dispiegano ad accogliere l’umanità e in particolare i più sofferenti, ponendoli accanto alla Madonna e a san Giovanni, i più fedeli sotto la croce. Ciò conferisce a don Giulio una nota di modernità, intesa come capacità di interpretare le sfide e le disperazioni più profonde del proprio tempo. Ha saputo guardare in faccia l’umanità più povera, quella che nessuno osava avvicinare, per invitarla a entrare come fratelli e sorelle nella famiglia di Dio. […]Don Liverani appare veramente un grande esempio di chi ha messo a servizio di Dio tutti i suoi talenti!».