Il 6 luglio è giunta notizia della morte di don Antonio Baldassari, alla notevole età di 88 anni e poco più di un mese dopo quella del fratello Romano, nove anni in meno, ma con molte problematiche di salute. E mentre Romano aveva trovato ospitalità alla Casa del Clero, Antonio continuava a starsene in parrocchia nella sua San Biagio. Contento di continuare a fare la guida spirituale in un territorio dove viveva da oltre mezzo secolo, ben voluto dall’intera comunità che in questi giorni ha pregato per lui e nella mattina di lunedì 11 luglio, dopo le esequie celebrate da monsignor Mario Toso, lo ha accompagnato al cimitero. «Possiamo subito dire che in lui ardeva un grande amore per la sua terra – ha detto il vescovo Mario nella sua omelia -. Egli non solo la contemplava ma la amava e la coltivava con passione. Come amava il Signore Gesù così amava questo lembo di creato, quasi consumandosi per esso, come fanno tanti coltivatori. Lo conosceva palmo a palmo. Cercava ovunque i segni della presenza del cristianesimo: nelle persone, nelle pietre, nei cippi sormontati da una croce e piantati in varie parti per segnare confini e per indicare luoghi di fede. In tutto questo lo sosteneva quell’intelligenza d’amore che guida i credenti che cercano ovunque i segni del Verbo incarnato, fattosi prossimo a ogni uomo e a ogni donna per incontrarlo, per offrire quell’amore che sollecita risposte d’amore».

Le parole del vescovo, monsignor Mario Toso

E come non ricordare il confronto e le discussioni sulle coltivazioni e la valorizzazione dei prodotti della terra. Una grande opportunità per i coltivatori e le loro famiglie. Monsignor Toso ha poi proseguito: «Don Antonio amava sì il territorio in cui lavorava la vigna del campo, ma soprattutto amava la vigna del Signore, i suoi fratelli nella fede, le sue comunità, luoghi eminenti del Regno, presente e venturo. Cari fratelli e care sorelle, vi sarete certamente accorti quanto don Antonio vi amasse nel Signore e guardasse in avanti, confidando in una rinascita della fede in queste terre». E ancora: «Da Cristo che, dopo la sua risurrezione e ascensione, è ancora presente nel mondo e lavora al completamento della nuova creazione, siamo in particolare sollecitati a vivere coltivando il giardino del creato, a ricapitolare nel Figlio di Dio, cresciuto nella casa di Giuseppe il falegname, il lavoro della terra, l’economia, la finanza, la politica, l’educazione, il ripopolamento delle nostre colline, l’economia circolare, le comunità energetiche. Si evangelizza non solo facendo la catechesi, ma vivendo la dimensione sociale della fede nelle molteplici attività umane. Don Antonio, ha saputo tradurre il suo amore per Dio, che si fa presente sulla terra mediante il Figlio incarnato, diventando sia una guida spirituale ricca di sapienza – aveva ben presenti le parole di Gesù: è questa la volontà del Padre: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna (Gv 6, 39-40) – sia un appassionato viticoltore, un intelligente agricoltore e imprenditore, che seleziona e crea prodotti di qualità, per la gioia dell’uomo, per la gloria di Dio».

Ringraziando poi quanti si sono presi cura di don Antonio in questi suoi ultimi anni, il vescovo ha invitato tutti a far si che egli «rimanga nei nostri cuori come presbitero che ama il suo Signore e desidera che sia consegnato a tutti, compresi i posteri, con amore e con verità».

a cura di Giulio Donati