Il cammino sinodale della nostra Chiesa prosegue. Per analizzare il percorso fatto finora e tracciare le linee verso il futuro, abbiamo intervistato i due referenti diocesani don Michele Morandi e Cristina Dalmonte.

Intervista ai referenti diocesani

Alla Solennità di Pentecoste avete consegnato al vescovo Mario e a tutta la comunità diocesana la sintesi della fase di ascolto del Cammino sinodale. Cosa ha rappresentato questo momento?

Don Michele. Il momento nel quale abbiamo concretamente consegnato la sintesi nelle mani del Vescovo è stato commovente; potergli dire: “Ecco, questo è il popolo del Signore”. È stata una celebrazione nella quale abbiamo sentito la presenza dello Spirito Santo. Ringrazio per questo “segno”, per le persone che hanno partecipato e costruito questo essere Chiesa del Risorto. Questa celebrazione ha rappresentato ciò che siamo.
Cristina. Una tappa nel cammino sinodale, che ci eravamo dati insieme. Rappresenta anche il cambio di voce, come in un dialogo: quando uno parla l’altro ascolta. Poi l’altro parla e uno ascolta. Serve questo per continuare a realizzare il Sinodo: entrare in comunicazione.

Come ha risposto la comunità diocesana alla chiamata del Cammino sinodale?

Cristina. La risposta è stata una grande sorpresa: non pensavamo potesse esserci una risposta così ampia, fra persone che con slancio hanno creduto nella proposta ed hanno contribuito con coraggio. Non abbiamo raggiunto tutti, non c’era la pretesa di riuscire a raggiungere tutti, ma questo è stata la prima fase dell’ascolto. Ci sarà un’altra fase dove in maniera forse diversa, potremo migliorare ed allargare ancora verso coloro che non abbiamo potuto raggiungere. Il Cammino sinodale ha uno sguardo molto ampio e il nostro desiderio è di riuscire ad ampliare sempre più l’orizzonte, così che nessuno si senta escluso.

La sintesi è frutto del lavoro d’ascolto portato avanti negli scorsi mesi da 110 gruppi sinodali e 2.335 persone. Che cosa è emerso dal momento di confronto tra moderatori e segretari?

Cristina. Volevamo sentire personalmente da loro, come era andata, al di là delle sintesi che ci hanno scritto, ringraziarli e ascoltarli. C’era anche il desiderio di celebrare quanto è successo: la trasformazione da punti interrogativi (al termine della formazione…) a punti esclamativi delle sintesi. La prima volta che ci siamo trovati insieme era il 22 novembre, con don Michele che introduceva il tema del Sinodo, e navigavamo tra i dubbi. Di cosa parliamo? Cosa dobbiamo fare? Chi invitiamo? Ma ne vale la pena? E invece ci siamo trovati ad ammirare un miracolo che piano piano cresceva, grazie alla determinazione e alla creatività dei quasi 200 moderatori e segretari che hanno coinvolto più di 2.300 persone. Abbiamo potuto vedere la voglia di stare insieme, di sentirsi ascoltati, il bisogno di sentirsi accolti, di lavorare insieme in modo diverso. E la necessità di dare corpo e cammino a queste istanze. Quindi bisognava celebrare. E poi era importante scambiarci i tesori raccolti in questi mesi. La terza ragione per ritrovarsi era scambiarci le intuizioni su come questo cammino innescato possa continuare, quali sono gli stili e le indicazioni che i moderatori hanno raccolto e vogliono suggerire alla nostra Chiesa. Perché abbiamo scoperto la bellezza dell’annuncio, che è ora importante non si spenga con noi, ma possa riaccendersi nello spirito missionario.

sinoso

Come non disperdere quanto di prezioso è emerso?

Don Michele. Abbiamo due riferimenti chiari: il cammino nazionale che percorreremo con le indicazioni che arriveranno nei prossimi mesi e il cammino diocesano delineato dalla sintesi e dai tre punti evidenziati anche dal nostro Vescovo.
Significativo è quanto ci ha detto domenica sera sintetizzando i punti centrali: la nostra Chiesa diocesana è chiamata ad annunciare e celebrare il Signore Gesù con uno stile relazionale. Il Vescovo ci ha detto che si rinnoverà l’annuncio, la celebrazione e lo stile relazionale della Chiesa se noi ci metteremo in discussione. Questo passaggio è fondamentale: la Chiesa siamo noi e si rinnoverà se noi rinnoveremo il nostro modo di essere cristiani, discepoli del Signore. Questo noi parte dal desiderio di una conversione personale all’Altro e agli altri. Ogni volta che pensiamo che siano gli altri a dover cambiare siamo già fuori strada.

«La sintesi – frutto di un intenso lavoro di discernimento e di preghiera – non è un verbale e neanche un riassunto» avete detto. Qual è l’invito che fate alle persone nell’approcciarsi ora a questo testo?

Cristina. Invitiamo a leggerlo disposti all’ascolto. Con lo spirito sinodale: non di voler giudicare quanto è stato espresso e li scritto, ma proprio col desiderio di ascoltare, accogliere queste voci. Magari non sono come le vorremmo, non esprimono i nostri pensieri, ma sono le voci della nostra Chiesa. È un punto importane: riconoscere dove siamo, nelle nostre criticità. Riconoscere, ci serve proprio a capire da dove partire per migliorarci nel nostro essere Chiesa.
Accettare la voce di tutti e attivarci per avvicinarci gli uni agli altri nel cammino che ci fa essere Chiesa.
Don Michele. Ci potrà aiutare la nuova rubrica che come referenti cureremo sul Piccolo, nella quale ogni settimana cercheremo di approfondire ogni punto cardine.

michele morandi cristina dalmonte sinodo

Come proseguirà il Cammino sinodale?

Don Michele. Siamo in attesa. Verrà elaborata una prima sintesi nazionale che verrà discussa con i referenti a livello regionale. A livello diocesano, sapendo che entriamo nei mesi estivi, possiamo suggerire ai gruppi di coltivare la relazione attraverso le attività estive: sarebbe bello, adesso che la situazione pandemica ce lo permette, ritrovarsi per condividere un momento fraterno in cui vivere la gratuità dello stare insieme e per “verificarsi” sul macro obiettivo individuato e proposto dal vescovo. Altra possibilità è di prendere in mano la sintesi diocesana e leggerla insieme, “starci sopra” e ascoltare.