Ascolto, accoglienza, annuncio. Sono queste le tre parole utilizzate dall’équipe di Faenza-Modigliana del Cammino sinodale per descrivere il ricco percorso fatto dai 110 gruppi in questi mesi. Un percorso che ha portato a una condivisione di storie ed esperienze, raccontate da 2.335 persone che si sono messe in gioco e hanno riscoperto la bellezza di essere Chiesa.
Prima della celebrazione di Pentecoste, in 67 tra moderatori e segretari si sono ritrovati al convento di San Francesco per un momento di confronto e verifica di questa esperienza.

Come indicato dal vicario generale don Michele Morandi, all’inizio di questo cammino, «bisognerebbe tornare al trebbo, come facevano i nostri vecchi nelle stalle alla sera, a raccontarsi mentre ognuno faceva il proprio lavoretto, e a raccontare anche Dio e la nostra fatica, il nostro desiderio per ripartire e agire». E così è stato, in quelle sere convocati dal moderatore del gruppo sinodale, seduti in cerchio, trascorse a intessere legami nuovi. L’accoglienza dell’altro come fratello o sorella, il mettere a nudo le proprie fragilità e speranze, l’accorgersi delle domande e dei bisogni della persona con cui, fino ad allora, scambiavamo solo poche battute formali. Sono questi alcuni dei ‘pesci buoni’ finiti nella rete che questa fase del Sinodo ci lascia in eredità.

Alessandro, segretario di un gruppo sinodale: “E’ bello condividere le nostre fragilità e scoprire che hai a fianco qualcuno che ti ama e non ti giudica”

«Di questa esperienza mi porterò dietro sicuramente la bellezza dell’incontro con l’altro – racconta Alessandro Borchi, segretario del gruppo dei genitori degli adolescenti -. Durante gli incontri si avvertiva profondamente il desiderio di ognuno dei partecipanti di voler essere lì, ascoltati e accolti senza pregiudizi. Il Cammino sinodale ci ha offerto un portone spalancato che ha intercettato il desiderio di tante persone e, al termine degli incontri, si è avvertita l’importanza di voler continuare, concretamente, questo cammino».

Il percorso di formazione svolto prima dell’avvio dei lavori nei gruppi sinodali ha dato i propri frutti, e ha permesso a ognuno dei 2.335 partecipanti di potersi raccontare in libertà e nel profondo. «Non penso sia una cosa facile nel mondo di oggi – spiega Alessandro –, specialmente quando si condividono le proprie fragilità. Ecco allora che è importante essere insieme, non tanto perché qualcun altro risolverà i tuoi problemi, ma per scoprire che hai a fianco qualcuno che ti ama e non ti giudica».

Un’esperienza arricchente, da proseguire

Un altro tema su cui ci si è soffermati nella verifica tra moderatori e segretari, è stata la riflessione sulla propria identità. «La fase di ascolto mi lascia in eredità questa provocazione – sottolinea Alessandro -, se siamo consapevoli della nostra identità di Chiesa e di quale sia la proposta che ci dona Gesù. Se dovessi indicare una parola per quanto vissuto – dice Alessandro – direi opportunità. Ci è stata data l’opportunità di vivere nel nostro quotidiano questa esperienza di Chiesa, fatta di apertura e incontro con gli altri. Il mio ruolo, durante gli incontri dei gruppi sinodali, doveva essere proprio questo: mettermi a servizio e in ascolto delle altre persone. Ho così avuto modo di toccare con mano tante realtà diverse ed è stato arricchente».

Samuele Marchi