Emma D’Antonio, 22 anni, da settembre è presidente del Gruppo Fotografia Aula 21, realtà nata a Faenza nel 2016 all’interno del liceo Torricelli-Ballardini che è poi cresciuta nel tempo raccogliendo tanti giovani appassionati di fotografia e non solo. Con lei continuiamo il nostro percorso su giovani e cultura.
Intervista a Emma D’Antonio, presidente di Aula 21: “Importante vivere assieme socialità e cultura”
Emma, raccontaci un po’ di te. Di cosa ti occupi a livello culturale in città?
Studio Filosofia a Milano, ma per me Faenza è casa e sono sempre cresciuta vivendo la vita culturale faentina da vicino, sono sempre stata abituata a visitare mostre e non solo, con i miei genitori.
Quando si parla di cultura, cosa ti viene in mente?
La cultura per me è una struttura portante della società e credo che le interazioni sociali e le reti che si possono creare ne facciano parte in maniera diretta, in questo senso con le associazioni culturali fondiamo insieme questi due aspetti: la socialità e la cultura, apportando dei cambiamenti e lasciando tracce nel panorama faentino.
Come ti sei avvicinata al mondo della fotografia?
Mio zio a 16 anni mi ha regalato una macchina fotografica; era la sua prima macchina e, dopo averla cambiata, ha deciso di passare il testimone a me. Ho sempre cercato qualcosa di mio, qualcosa in cui fossi veramente brava, alla quale dedicare tutte le mie energie. Ho capito presto che la fotografia era un modo di esprimermi che mi veniva molto naturale, riuscivo a dare spazio e cura alle cose, guardandole da una lente riuscivo a interrompere il flusso della fretta e fermarmi insieme allo scatto. Questa è la specialità di quest’arte, vivere in una temporalità sospesa. La vedo come una forma di meditazione, giravo spesso per le strade di Faenza fotografando anche punti che conoscevo da anni, ma fotografandoli era tutto diverso.
Sabato avete inaugurato la vostra nuova sede. Quali sono i progetti che avete in cantiere?
È stato un anno impegnativo e pieno di cambiamenti, abbiamo eletto un nuovo direttivo e abbiamo traslocato inaugurando il nostro nuovo spazio in via Cavour numero 7. Ci piace indagare varie forme d’arte: la fotografia, la grafica e l’illustrazione, speriamo di continuare in questa direzione. In particolare questa estate inaugurerà una mostra nel cortile del Rione Nero, mostra finale di un progetto sulla musica, sulla traduzione fotografica e grafica di 4 album di 4 generi diversi. Avremo anche la mostra finale del progetto No Borders -A photographic project for inclusion. La mostra sarà il momento conclusivo del progetto iniziato grazie a un bando europeo, in collaborazione con associazione Semi e Pigreco, che ci ha permesso di svolgere corsi con volontari europei e richiedenti asilo.
In questi anni, qual è stata la chiave vincente della vostra proposta culturale?
Sicuramente è essere un collettivo. Nelle mostre non firmiamo quasi mai i nostri lavori singolarmente, ma i progetti e le foto sono firmate Aula21. Questa è una novità forte, perché i giovani interessati alla cultura possono essere coinvolti in tante dinamiche ed esperienze travolgenti sempre in gruppo. Spesso collaboriamo nei grandi eventi faentini e ciò che ci contraddistingue è il nostro sguardo d’insieme che però racchiude quello di tanti individui diversi.
A tuo parere, quali i punti di forza e debolezza di Faenza, in ambito culturale?
Faenza è una città ricca da tanti punti di vista e credo che a livello culturale l’offerta sia differenziata, anche se penso ci sia necessità di rendere anche gli eventi culturali eventi più sociali. Sarebbe bello inserire sempre un accompagnamento musicale agli eventi, coinvolgendo magari anche diverse associazioni mettendo più in dialogo e più in rete tutti quanti. Mi piace molto il fatto che esistano diversi festival con tanti focus diversi, penso però che purtroppo non arrivino tutti allo stesso modo e non arrivino a tutte le fasce a cui dovrebbero. Forse bisognerebbe concentrarsi di più su pochi eventi e curarli in maniera collettiva coinvolgendo più enti possibili.
Ritieni che il mondo culturale faentino riesca a valorizzare realmente i giovani?
Non mi sono mai sentita giudicata diversamente per la mia età in questo ambiente. Si può fare ancora tanto penso per rendere la cultura meno autoritaria e magari togliere quella patina di formalità che la rende a volte un concetto più accademico e razionale rispetto a quello che secondo me è: ovvero uno spazio libero e dove ci si può concretizzare come individui nell’arte, per questo servono i giovani, per prendere meno sul serio la cultura e allo stesso tempo renderla più viva e forte.
Cosa interessa, in particolare, ai giovani a livello culturale?
Molto spesso i giovani oggi vengono dipinti come pigri, chiusi in una bolla, esistenti solo per apparire, ma questa è solo una conseguenza apparente dell’era in cui siamo nati, ovvero quella digitale e della socialità surrogata. Invece i giovani hanno voglia di scoprire e sono curiosi, quindi la cultura deve puntare proprio su questo, stupirli anche nelle cose semplici. Le mostre, i concerti, le associazioni sono cose fortunate per noi giovani perché ci fanno vedere che il modo per esprimerci non è solo su internet, ma la rete si può creare nell’arte e nella socialità.
Samuele Marchi