Si chiama Ottantuno il nuovo libro a cura del fotografo Isacco Emiliani e di suo nonno Antonio Panzavolta. Per sette anni i due hanno viaggiato nelle notti più buie alla scoperta degli alberi monumentali più valorosi della loro terra, tra Romagna e Toscana: dal Delta del Po fino alle immense Foreste Casentinesi. Ottantuno – come i luoghi più importanti di questo lavoro e come gli anni di Antonio Panzavolta al suo termine – è pubblicato con la casa editrice NutsForLife, e vede il libro di oltre 250 pagine in serie limitata di 501 esemplari con la prefazione di Jane Goodall. Il libro sarà presentato venerdì 6 maggio alle 20.45 al circolo Arci Prometeo (vicolo Pasolini 6).

Intervista a Isacco Emiliani

Pini dellOlmatello Faenza
Pini dell’Olmatello, Faenza.

Isacco, sei passato dal raccontare i paesaggi estremi dell’Artico agli alberi monumentali delle nostre foreste. Quali sono i punti di contatto con le altre tue ricerche artistiche precedenti e quali invece le differenze?

Entrambi i progetti hanno la stessa essenza: l’amore e la passione per la natura. Sebbene siano lavori in luoghi lontani tra loro, con culture, storie e ambienti diversi sono molto simili. Con Arctic Visions il lavoro dedicato all’Artico, utilizzo infatti l’immagine per testimoniare la bellezza e la fragilità di certi luoghi, mentre con Ottantuno utilizzo l’immagine per raccontare la potenza e il valore di alcuni alberi maestri della nostra terra. La fotografia ha quindi un grande ruolo: muovere coscienze, divulgare storie per un futuro migliore. La più grande differenza che vedo è che Ottantuno è sviluppato vicino a casa, in luoghi che conosco da sempre e soprattutto con mio nonno; questo mi ha permesso di avere un intimità e una profondità davvero rilevante che ha portato avanti questo progetto per sette anni.

Come mai hai condotto questo lavoro con tuo nonno?

È nato per caso: mio nonno ha sempre amato la lettura e questo l’ha portato a scoprire storie che quasi nessuno conosce, fin da piccolo ce le ha sempre raccontate. Un giorno mi ha raccontato di alcune storie di alberi iconici della nostra terra (alcuni di questi scomparsi) e così per gioco abbiamo deciso di scoprirli insieme e l’unico momento che avevamo per farlo era di notte, inoltre la notte con i cieli stellati del nostro Appenino ci regalava un fascino unico, così dal 2015 a oggi abbiamo fatto oltre 150 spedizioni notturne.

Orco Foreste Casentinesi
Orco, Foreste Casentinesi

Al di là del risultato artistico, qual è l’esperienza più bella che avete vissuto?

Sicuramente una delle più scenografiche è stata una delle prime volte che insieme, nel cuore della notte, abbiamo illuminato un albero monumentale e ci siamo trovati di fronte a un gigante di altri tempi: eravamo ai piedi del Platano monumentale di Carpinello di Forlì, era uno dei primi alberi con cui iniziava il nostro lavoro, era primavera e c’era la luna rossa che stava nascendo. Fu in quel momento che arrivò la polizia e con i fari puntati ci chiese spiegazioni di quello che stavamo facendo. In quell’istante mio nonno a braccia alzate gli raccontò il nostro progetto.

Tra gli alberi fotografati, ce n’è uno che più di altri portate nel cuore?

Per mio nonno hanno tutti lo stesso valore e anche per me, direi. Ogni albero ha davvero la sua magia e ti rapisce con la sua unica bellezza se poi immaginiamo tutto questo avvolto nella notte, tra stelle, ululati e richiami notturni un albero prende davvero tanta potenza. Alcuni alberi nella nostra memoria sono però indelebili: il Castagno Miraglia, il Carpino Bianco di Romiceto, il Cipresso del Convento francescano di Villa Verrucchio, il Pino di Monte della Bicocca, il Faggio dell’eremo di Sant’Alberico.

In cosa ti ha fatto crescere questa esperienza?

Quando abbiamo iniziato questo lavoro non avevamo idea di quanti alberi giganti e di grande valore ci fossero nella nostra terra; questo è stato un punto di partenza. La natura era lì che ci aspettava e con questo lavoro abbiamo cercato di restituire la bellezza che è un albero monumentale con delle immagini per chiunque abbia voglia di scoprirli e immergersi in questo viaggio. Quest’esperienza mi ha fatto crescere anche umanamente, l’abbiamo fatta con il cuore, con la passione e con un senso di dovere nei confronti di questi giganti ancora troppo poco conosciuti.

Samuele Marchi