Un viaggio attraverso un patrimonio artistico che ha riacquistato l’antico splendore. Dal volto di una Maddalena del Seicento che, dopo un lungo lavoro di restauro, ha riacquistato i colori originali alle quattrocentesche mani dorate di santa Innocenza e santa Giustina che sono tornate a brillare, testimoniando secoli di devozione e fede che altrimenti rischiavano di finire dispersi.
Il Museo diocesano di Faenza, con la mostra intitolata Disvelare il sacro allestita alla chiesa di Santa Maria dell’Angelo, porta sotto i riflettori le opere diocesane restaurate negli ultimi quattro anni (2018-22), la maggior parte delle quali, provenendo dai depositi, non era mai stata oggetto di esposizione. Un percorso variegato all’interno del quale figurano dipinti su tela, su tavola, su alabastro, sculture, affreschi, e oreficeria liturgica, opere che vanno dal XV al XIX secolo. L’esposizione, inaugurata il primo aprile alla presenza di monsignor Mariano Faccani Pignatelli e Giovanni Gardini, rispettivamente direttore e vicedirettore del museo diocesano, del vicario generale don Michele Morandi e del sindaco Massimo Isola, sarà visitabile fino al 12 giugno.

Un lavoro di squadra che ha restaurato tante opere custodite dal Museo Diocesano di Faenza

Disvelare il sacro è il frutto di un grande lavoro di rete tra enti, istituzioni e professionisti. Molti dei restauri sono stati possibili grazie al contributo dell’Ufficio nazionale Beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Conferenza episcopale italiana (Cei) che ogni anno stanzia fondi che possono essere usati per la conservazione delle opere d’arte presenti nelle collezioni dei musei diocesani italiani. Altre opere sono state restaurate dai docenti e dagli studenti del corso di laurea magistrale in conservazione e restauro dei Beni culturali dell’università di Bologna, sede di Ravenna. E l’opera di restauro non è mai fine a se stessa, ma diventa occasione di nuovi studi e approfondimenti, capaci di gettare uno sguardo nuovo sul nostro patrimonio artistico. Quattro opere sono divenute oggetto di tesi: la statua di Santa Filomena, opera di Giuseppe Ballanti del 1836, due affreschi provenienti dalla chiesa di San Barnaba apostolo e raffiguranti il Cristo e San Giovanni e un lacerto di affresco, ad andamenti geometrici, della fine del XV secolo proveniente dal soffitto della Cappella dei Battuti bianchi nel Duomo di Faenza.

Da sottolineare il restauro di due reliquiari antropomorfi di santa Innocenza e santa Giustina – vissute entrambe nel terzo secolo e martirizzate ai tempi di Diocleziano – conosciuti come Le mani sante, finanziato all’interno del progetto Restituzioni a cura della Banca Intesa San Paolo. Uniche nel loro genere, Le mani recuperate dalla chiesa di Santa Maria foris portam erano oggetto di culto e portate in processione nel Settecento, saranno esposte prossimamente anche a Napoli.

SANTAGIUSTINA

Nuovi spazi recuperati

Oltre alle opere restaurate è lo stesso spazio espositivo che si mette in mostra. L’esposizione offre l’opportunità di mostrare al pubblico la splendida sacrestia della chiesa di Santa Maria dell’Angelo, finora preclusa alla visita. La sacrestia custodisce bellissimi arredi lignei ed è uno spazio che va considerato come ulteriore tassello ai lavori di recupero degli antichi ambienti dei gesuiti.
La mostra, in collaborazione con la biblioteca diocesana “Cardinale Cicognani”, ha il patrocinio del Dipartimento di Beni Culturali dell’università di Bologna e dell’Amei, Associazione nazionale musei ecclesiastici italiani.
Orari della mostra: giovedì 16,30-19, venerdì 16,30-19, sabato 10-12,30 e 16,30-19, domenica 16,30-19.

Parte la raccolta fondi per restaurare la Maddalena di Francesco Bosi

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«Questi quattro anni di lavoro sono stati un viaggio alla scoperta dell’arte del nostro territorio ed è bello ora poter restituire a tutta la città, ma anche a un pubblico più ampio come quello romagnolo, questi tesori». C’è tanta soddisfazione da parte di monsignor Mariano Faccani Pignatelli e Giovanni Gardini, rispettivamente direttore e vicedirettore del Museo diocesano di Faenza, per i progetti messi in campo in questi quattro anni che hanno portato a recuperare tante opere che rischiavano di finire nell’oblio e che sono ora esposte nella mostra Disvelare il sacro in tutta la loro rinnovata bellezza. Un lavoro che getta uno sguardo al passato quanto al futuro, portando nuovi studi e ricerche per dare, per esempio, un nome a opere ancora senza autore, o per rilanciare ulteriormente il recupero delle opere presenti nei depositi, ma non ancora restaurate.

L’esposizione faentina si apre al dialogo con altre realtà artistiche limitrofe. Una sezione della mostra faentina è infatti dedicata alla figura di santa Maria Maddalena in collegamento con la mostra forlivese Maddalena. Il mistero e l’immagine. All’interno dello spazio espositivo della chiesa di Santa Maria dell’Angelo sono esposte quattro opere custodite dal museo diocesano.
Tra queste c’è anche la Maria Maddalena ripresa nella locandina della mostra, una delle prime opere restaurate. Si tratta di un olio su tela del XVII secolo che mostra la santa nell’atto di voltarsi, chiamata dal Risorto.
E tra le immagini dedicate a Maddalena figura anche un’opera bellissima di Francesco Bosi – Noli me tangere – un quadro della fine del XVIII secolo proveniente dalla chiesa di San Domenico di Faenza. Quest’opera, a differenza delle altre esposte, chiede di essere restaurata e il periodo della mostra vuole essere l’occasione per una raccolta fondi che renda possibile il suo recupero. «Chiediamo ai visitatori – spiega Giovanni Gardini – di lasciare un’offerta, se lo desiderano, che verrà utilizzata per sostenere il prossimo restauro di quest’opera preziosa. All’interno dei depositi del museo diocesano ci sono infatti ancora tante opere che aspettano di tornare a splendere, e con Disvelare il sacro abbiamo dovuto fare una prima operazione di scelta».

“Quando l’arte viene cancellata, si perde un’intera tradizione”

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Sul valore della memoria artistica all’interno di una comunità si è soffermato poi il vicario don Michele Morandi nel corso dell’inaugurazione della mostra. «Sono nato in un paese, Alfonsine, che ha visto gran parte del suo patrimonio storico-artistico distrutto dalla Seconda Guerra mondiale – ha detto -. E quando avviene questo, quando l’arte viene cancellata assieme a testimonianze secolari di fede, si distrugge molto più che una singola opera, viene colpita infatti la memoria collettiva di un’intera comunità. Per questo l’opera di recupero portata avanti in questi anni dal museo diocesano è così importante: la memoria non è solo un fatto del passato, ma ci permette di avere piena consapevolezza della strada che vogliamo percorrere per il futuro».
«È una mostra temporanea che incanta – ha aggiunto il sindaco Massimo Isola – con opere che giacevano nei depositi e che grazie a un lavoro molto prezioso, possiamo nuovamente ammirare». Il sindaco ha poi auspicato una sempre maggior collaborazione, in questo polo artistico della città, con i vicini spazi rinnovati della Pinacoteca comunale e del neoclassico Palazzo Milzetti.
I lavori a Santa Maria dell’Angelo non si esauriscono qui: l’opera di rinnovamento degli spazi, ora espositivi, della chiesa prosegue. «L’intento è ora di recuperare anche altri spazi, come gli ambienti dei piani superiori e il cortile interno – commenta Gardini – che ci piacerebbe valorizzare anche per eventi paralleli alle esposizioni».

Samuele Marchi