Ogni giorno all’Officina sociale di Ceff si avvitano bulloni e si assemblano macchine. E lo si fa maledettamente bene, con precisione e cura, tanto da avere all’interno del portfolio clienti realtà come Gruppo Bucci, Stafer e Sacmi. E ogni giorno giovani con disabilità intellettiva, mentre imparano a utilizzare una pressa idraulica, superano i propri limiti e acquisiscono nuove competenze. C’è chi riesce a relazionarsi meglio con i propri colleghi; chi, dopo qualche settimana di apprendimento, riesce a migliorare le abilità manuali; chi è capace ora di gestire incarichi di responsabilità. «Uno degli episodi più belli che ho vissuto finora – racconta Tiziano Gurioli, vice presidente Ceff – è stato quando uno dei giovani a cui facevo da educatore è passato dall’attività laboratoriale a essere assunto come vero e proprio dipendente dell’Officina: ora si può dire che siamo colleghi, e sia per lui che per noi è stata una grande soddisfazione».

Al momento 11 giovani sono inseriti nel laboratorio integrato

Un’impresa in cui crescere e fare vera inclusione. L’Officina sociale di via Risorgimento è strutturata come un reparto di assemblaggio meccanico nel quale dipendenti e giovani con disabilità intellettiva, ma autosufficienti, lavorano fianco a fianco. È nata alla fine degli anni ‘80 e all’interno vi sono passati centinaia di giovani che, per la prima volta, hanno potuto confrontarsi senza paura con il mondo del lavoro. Oggi nell’Officina lavorano quattro educatori professionali, un tecnico e dieci persone di cui otto con svantaggio sociale. Tramite il laboratorio integrato, undici giovani portatori di disabilità sono poi inseriti in un percorso di formazione, svolto direttamente in situazione di lavoro reale, sostenuti anche dalla presenza di un pedagogista.
In questo cammino di crescita formativa, ragazzi e ragazze del laboratorio hanno diritto a un rimborso che viene utilizzato con finalità educative e per stimolarli a migliorarsi.

“Ogni persona ha i suoi tempi per inserirsi nel mondo del lavoro, e noi l’accompagniamo”

«Ogni percorso all’interno del laboratorio è definito da progetti educativi individualizzati condivisi con Servizi sociali, Ausl e famiglie – spiega Tiziano -. Questi vengono verificati e ridefiniti periodicamente in base agli obiettivi che ci si era dati. Ogni persona ha infatti i suoi tempi, e noi dobbiamo accompagnarla nel miglior modo possibile. Ci sono persone che restano a lavorare nel laboratorio per due o tre anni, durante i quali hanno avuto modo di sperimentarsi. Non è per nulla semplice infatti, per questi giovani, confrontarsi con il mondo del lavoro senza essere cresciuti prima in un ambiente protetto. Altri invece restano in attività per più tempo, perché qui hanno trovato un loro equilibrio e non reggerebbero al mercato competitivo del mondo del lavoro».

Dai fallimenti all’assunzione a tempo indeterminato, passando per l’Officina sociale

La produttività è importante, ma non è la base sui cui si fonda l’attività all’interno del laboratorio dell’Officina. «Per ogni giovane cerchiamo la mansione adeguata – dice Tiziano – partendo da serie semplici e ripetitive. Si passa poi a operazioni più complesse cercando di scomporle in più semplici. Poi si arriva anche ad assemblare gruppi meccanici medio-complessi, utilizzando avvitatori o chiavi inglese. Inoltre lavorando in gruppo, si acquisisce anche un senso di responsabilità e di confronto con i propri compagni». Un trampolino di lancio che mette in rete con altre realtà del territorio. Tra le belle storie degli ultimi anni, c’è quella di una ragazza che, partita da diversi fallimenti nel mondo lavorativo, è riuscita, passo dopo passo, ad acquisire capacità fino a essere assunta con un contratto a tempo indeterminato in Riba composites. «Aveva tentato varie strade senza successo – ricorda Tiziano -. Come utente nel laboratorio dell’Officina ha avuto la possibilità di mettersi in gioco. Era una ragazza molto precisa, ma anche molto lenta, e questo era un limite, specie in una catena di produzione. Poi nel tempo è migliorata, fino ad avere le qualità che cercava Riba e che l’hanno portata a essere assunta: la precisione con la quale faceva le cose da limite si è trasformata in elemento di valore».

Ed è tutta l’economia territoriale a beneficiare di questi risultati. «È importante valutare i vantaggi per tutti se una persona passa da assistito a contribuente – aggiunge Pier Domenico Laghi, presidente Ceff -. Questo può avvenire solo attraverso il lavoro, che non solo dà reddito e autonomia, ma anche valorizzazione personale, reti di relazioni e di protezione, inclusione sociale declinata in tutte le sue dimensioni».

Samuele Marchi