C’è chi parte con un camion di viveri e medicinali per 2mila km, direzione Moldavia, come padre Mihail. C’è chi nel susseguirsi frenetico degli eventi riesce ad assicurare un tetto sopra la testa a chi fugge dal dramma della guerra, come don Marco. C’è chi, in un mondo che sembra andare in un’altra direzione, si ritrova insieme a pregare testimoniando l’unità dei cristiani nel dire sì alla pace, come don Michele, padre Alexandru, padre Augustin, padre Vasyl. E tanti altri sacerdoti in questi giorni si stanno attivando nelle proprie parrocchie per accogliere chi fugge dai bombardamenti. Sono questi alcuni segni di fede, speranza e carità che in questi giorni stanno nascendo in Diocesi.

Don Marco Ferrini (Caritas): “Ora una mappatura delle risorse e degli spazi abitativi. Già attivati 50 posti d’accoglienza”

A coordinare la complessa accoglienza sul nostro territorio, in collaborazione con l’Amministrazione, è la Caritas diocesana, che si è fatta trovare pronta. «Al momento (martedì, ndr) stiamo ospitando 19 persone alla casa Bersana – dice il direttore don Marco Ferrini – mentre altre nove le seguo personalmente nella parrocchia di Sant’Antonino». L’impegno della Diocesi non si ferma qui. «Stiamo allestendo gli spazi del monastero Santa Chiara – conferma don Marco – che potrà ospitare fino a 28 persone, ma sicuramente il numero dei rifugiati è destinato ad aumentare. In questo momento è fondamentale garantire un tetto sicuro ai profughi che scappano dalla guerra e organizzare una mappatura di risorse e di spazi abitativi».

Pregando assieme alle comunità cristiano-ortodosse

Il 6 marzo scorso il vicario generale della Diocesi, don Michele Morandi, assieme al sindaco Massimo Isola è stato ospite alla celebrazione della comunità ortodossa moldava di San Savino. Qui ha benedetto il camion di viveri e medicinali che padre Mihail ha guidato verso i campi profughi della Moldavia, a Chisinau. «Molte mamme e bambini ucraini si sono fermati lì e hanno bisogno di aiuto – dice padre Mihail -. Ringrazio tutta la comunità faentina per il supporto che ci sta dando, in questi giorni sono arrivati tantissimi viveri e spero, una volta tornato, di poter fare un altro giro».

All’interno della comunità di San Savino, oltre ai moldavi, sono presenti ucraini, russi e bulgari, testimonianza di una fede che va oltre i confini. «In questo momento di fatica e dolore – ha detto don Michele – si è rafforzato il nostro legame con la comunità ortodossa. Una comunione d’amore verso coloro che oggi hanno più bisogno».

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Lo stesso giorno don Michele ha presieduto la veglia di preghiera per la pace in Seminario a cui hanno partecipato tutti i rappresentanti delle comunità cristiano-ortodosse della Diocesi. Lunedì sera invece si è vissuto in Cattedrale un momento di preghiera alla Madonna delle Grazie.

Da Odessa a Solarolo, l’accoglienza che passa da una bicicletta…

In senso contrario al viaggio di padre Mihail sono arrivate da Odessa Natalia e Anastasia, rispettivamente madre e figlia di 11 anni. Una fuga di cinque giorni che le ha portate a Solarolo. «Sono arrivate il Mercoledì delle ceneri – racconta il parroco don Tiziano Zoli – la madre è figlia di una badante residente qui a Solarolo. Per adesso sono accolte nella sua famiglia e stiamo cercando, con la Caritas parrocchiale e altre associazioni, di avviare un percorso di inclusione a partire dall’iscrizione a scuola e dall’assistenza sanitaria». Nei loro occhi, il riflesso di tutto quello che hanno lasciato in Ucraina. «Appena sentono parlare della guerra piangono – dice don Tiziano -. Anastasia pensa ai suoi amici che ha lasciato là, la mamma Natalia al marito». Fondamentale un sostegno che passi dalle relazioni. «Anastasia non ha mai avuto una bicicletta, così gliene abbiamo regalata una e gli altri bambini le stanno insegnando a guidarla – racconta don Tiziano -. Anche a partire da questi semplici gesti di spontaneità dei bambini sarà possibile superare quello che stanno vivendo».

Samuele Marchi