Le persone sono una priorità per Confcooperative Romagna, tanto che da diversi mesi l’Unione territoriale sta lavorando per promuovere all’interno delle cooperative associate progetti di welfare aziendale destinati alla crescita del benessere personale di soci e lavoratori.

“Abbiamo invitato le associate a riflettere su questo perché riteniamo che ancora non tutti siano a conoscenza delle potenzialità di questo strumento per la crescita e il benessere delle persone ma anche dell’impresa” racconta il direttore generale di Confcooperative Romagna, Andrea Pazzi.

Il progetto si chiama “Re-Welfare. Welfare aziendale per ripartire” ed è promosso in collaborazione con la cooperativa Vivere e con Social Welfare, il brand che unisce il Consorzio di Solidarietà Sociale di Forlì-Cesena e il Consorzio Solco Ravenna.

“Grazie a questo lavoro oggi abbiamo un quadro più chiaro di chi investe molto in welfare aziendale e di chi, per mancanza di risorse o di progettazione, ancora non ha un’idea chiara sull’argomento.

L’obiettivo è far comprendere quanto oggi sia importante applicare delle politiche di benessere per i propri lavoratori e mettere in rete tutte quelle realtà, cooperative e non, che per la natura del proprio business possono essere esse stesse fornitori di servizi”.

Re-welfare poggia su quattro pilastri: mettere a punto e diffondere un modello di welfare integrato che possa essere adottato e replicato da tutte le cooperative interessate e che preveda delle azioni minime; creare una base comune di conoscenza e pratiche, una sorta di banca dati del welfare; informare sulle opportunità offerte dalle normative fiscali e contributive; curare il monitoraggio dei risultati.

Da una prima indagine su un campione di cooperative associate è emersa una buona consapevolezza sui benefici del welfare aziendale. “Il dato più interessante – sottolinea Corinna Crippa, della piattaforma Social Welfare – è che pur nella consapevolezza che il welfare aziendale costituisca una leva strategica di sviluppo sono ancora poche le cooperative che hanno ragionato in modo strutturato su questi temi (meno del 10% del campione).

Va aggiunto che nelle realtà con meno di 50 addetti, investire in piani di welfare è più difficile anche se si assiste spesso a interventi di welfare informale a supporto di situazioni di difficoltà dei lavoratori. Il quadro finale che esce dall’indagine mostra ancora grande debolezza rispetto al tema trattato ma una forte attenzione che nei prossimi anni potrebbe tradursi in interventi specifici”.