Se un tempo la parola discarica era associata unicamente ad abbandono, improduttività e spreco, oggi le cose sono molto diverse. Le discariche sono i luoghi-simbolo in cui mettere in pratica nei fatti quella transizione ecologica a cui siamo chiamati, trasformando gli scarti provenienti dalle nostre case o aziende in nuova energia da rimettere in circolo. Fondamentale allora ottimizzare questo processo, per far sì che nemmeno un tassello della catena di recupero venga sprecato. Ed è qui che entra in gioco Zero3, startup faentina nata nel 2018 che ha recentemente ottenuto il Premio innovazione amica dell’ambiente riconosciuto da Legambiente a livello nazionale. Zero3 è stata premiata per Gas stabilizer, tecnologia con la quale intercetta, in maniera automatizzata, i gas prodotti dai rifiuti in discarica, dannosi per l’ambiente, e li utilizza come combustibile per produrre energia pulita.

L’azienda ha ricevuto il Premio Innovazione da Legambiente

Nello specifico, Gas stabilizer è un sistema innovativo di automazione della captazione del biogas in discarica, che ottimizza le prestazioni dei sistemi tradizionali. In questo modo viene favorito il recupero energetico e la riduzione dell’inquinamento ambientale. Inoltre, con questo processo, vengono eliminati i cattivi odori delle discariche. «Si tratta di processi– spiega il co-founder della startup, Marco Antonini – che, in parte, avvengono già, ma che con il nostro brevetto riusciamo a ottimizzare al meglio. Uno degli effetti immediati è che le discariche non emanano più cattivi odori, dato che vengono intercettati i gas che li trasportano». Assieme a Francesca Sandrini, co-founder di Zero3, Antonini ha dato vita a questo progetto dopo vent’anni di esperienza in ambito della gestione di discariche di rifiuti non pericolosi. Ed è qui che ha notato come si dovessero fare passi in avanti nella ricerca per ottimizzare tanto il recupero di energia quanto la riduzione dell’inquinamento.

Intervista a Marco Antonini, co-founder di Zero3

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Uno dei macchinari Gas stabilizer brevettati dall’azienda

In che modo il vostro brevetto agisce contrastando l’inquinamento ambientale?

Da una parte, il biogas che si forma in discarica e che trasformiamo in energia, nella normativa europea vigente viene definito tra le fonti rinnovabili. La cosa ancora più importante è che, intercettando il biogas in discarica, si evita una sua dispersione incontrollata in atmosfera. Il biogas è composto dal 50 al 60% da metano, e stando a una delle ultime pubblicazioni dell’Ipcc è considerato 80 volte più inquinante della Co2 nell’arco di vent’anni. Il metano è un gas serra capace di alterare il clima della terra. Dai dati Ispra, la dispersione di metano da parte dei rifiuti in Italia è paragonabile a quella dell’agricoltura, ed è molto più bassa di quella della produzione industriale. Quindi se noi, con la nostra soluzione, riusciamo ad agire su una delle principali cause dell’inquinamento ambientale con una tecnologia pronta e disponibile in qualunque tipologia di impianto, possiamo agire su una delle principali cause di inquinamento.

Come si forma il biogas?

Il rifiuto a matrice organica è putrescibile e col passare del tempo, in ambiente anaerobico come lo sono le discariche, i batteri trasformano il carbonio organico in biogas, e una volta iniziato questo processo dura almeno 30 anni. Tengo fuori da questo discorso i classici rifiuti organici, come i residui del cibo, perché hanno già impianti specifici dedicati a loro. Il nostro impianto può essere utilizzato negli impianti di trattamento anaerobico del rifiuto organico a secco e semi-secco.

Attualmente dove vengono utilizzati i vostri macchinari?

Operiamo sulla discarica di Fano gestita da Aset Spa. Abbiamo iniziato con loro questo processo due anni fa e i risultati sono molto soddisfacenti. Abbiamo consegnato la prima macchina nel gennaio 2020 e una nuova quest’anno. Stanno arrivando nuove richieste, in particolare di aziende che operano col biometano. Svolgiamo varie consulenze in tutta la Romagna, la nostra sede operativa è a Cesena. Siamo nati a Faenza perché qui abbiamo trovato un contesto ideale. C’era la possibilità di confrontarci con diverse aziende con le quali poter poi sviluppare il progetto e ci hanno sostenuto nei primi passi.

Samuele Marchi