L’evangelista Luca ci accompagnerà durante il prossimo anno liturgico. A illuminare i nostri passi di cristiani un po’ stanchi e smarriti saranno dunque alcune immagini celeberrime proprie del terzo vangelo: l’abbraccio del padre che stringe a sé quel figlio un po’ ribelle, lo sguardo di Gesù che si solleva verso Zaccheo arrampicato su un albero, il viandante samaritano che versa vino e olio sulle ferite di un malcapitato. Pagine vivide e potenti, che ci comunicano la bellezza del volto di Dio rivelatoci in Gesù di Nazaret. Scriba mansuetudinis Christi, così i Padri della Chiesa erano soliti definire Luca: “scriba della mansuetudine di Cristo”. In effetti, tramite il volto benevolo e accogliente di Gesù, Luca dipinge un’immagine di Dio che ci è tanto cara: il nostro Dio è il Dio della misericordia e del perdono, un Dio paterno e materno insieme.
Un Dio dal volto dolce, che conosce i codici della comunicazione tipici della sensibilità femminile; e spesso nel terzo vangelo dal gruppo dei discepoli emergono proprio alcune figure di donne tratteggiate con pennellate di autentica poesia: c’è il dialogo denso di umanità e spiritualità tra Maria di Nazaret ed Elisabetta, c’è la peccatrice che asciuga con i capelli i piedi di Gesù dopo averli cosparsi di lacrime, c’è Maria di Betania seduta ad ascoltare attentamente il maestro… Che sia forse per tutto questo che gli antichi hanno scelto come simbolo dell’evangelista Luca il bue, animale mansueto e pacato? E si dice anche che Luca fosse un pittore; forse per la sua capacità di dipingere il vangelo in modo così umano e concreto…
Tuttavia, a voler essere sinceri, questi tratti notissimi andrebbero accostati ad altri aspetti del terzo vangelo decisamente meno rinomati ma ugualmente importanti. C’è un Gesù duro in volto che sfida l’incomprensione dei suoi discepoli nell’avviarsi verso il proprio destino doloroso e, durante il cammino, racconta non solo le parabole della misericordia ma anche parabole ben più ardue da accogliere: l’uomo ricco che muore inesorabilmente proprio quando progetta di costruire un secondo granaio, gli invitati al banchetto che bramosi di impossessarsi dei primi posti vengono fatti retrocedere, l’amministratore disonesto e scaltro che viene licenziato dal padrone, il ricco egoista che dopo la morte non viene più ascoltato nel suo desiderio di avvertire i propri fratelli circa l’esistenza di un giudizio giusto.
In modo selettivo, tendiamo a concentrarci sugli aspetti più attraenti del vangelo, mentre con una certa superficialità passiamo oltre quando incontriamo pagine più esigenti. Eppure, Luca vorrebbe proprio riscattarci dal rischio di prendere da Gesù solo ciò che ci aggrada. Se il cristiano è come un figlio che indegnamente riceve l’abbraccio perdonante del padre, non deve tuttavia dimenticare di essere anche chiamato ad amministrare in modo scaltro e generoso i doni che Dio gli ha affidato. Se è di primaria importanza sostare in ascolto orante della parola di Gesù come Maria di Betania, non possiamo esimerci nemmeno dalla responsabilità di farci buoni samaritani nei confronti di chi soffre.
Insomma, l’insegnamento e il mistero di Cristo non sono qualcosa di bidimensionale, ma hanno una profondità e un’altezza che ci superano enormemente. Luca, come scrive all’inizio del suo vangelo, era consapevole che già altri prima di lui avevano raccolto in modo ordinato le tradizioni e le memorie su Cristo, eppure decide di compiere anche lui lo stesso servizio… Invitandoci così a essere sempre e nuovamente stupiti di fronte ad una rivelazione che non può essere afferrata ed esaurita, ma semplicemente accolta.
Mirko Montaguti
Venerdì 26 novembre il Settore Apostolato Biblico della Diocesi propone in Cattedrale a Faenza, alle 20.45, l’incontro con fra Mirko Montaguti “Uno sguardo al Vangelo di Luca”.
Qui è possibile consultare le schede bibliche online per il tempo dell’Avvento