Don Tarcisio Dalle Fabbriche ha festeggiato il 16 ottobre i 50 anni di sacerdozio in veste di parroco a Santa Lucia, dove vive da 14 anni. Fu ordinato sacerdote dal vescovo Marino Bergonzini il 16 ottobre 1971 nella chiesa di San Giuseppe, la sua parrocchia di allora.

L’intervista a Don Tarcisio Dalle Fabbriche

La tua vocazione com’è maturata?

Avevo fatto da chierichetto con don Angelo Bosi e don Carlo Marangoni, cappellani in S. Andrea. Nel 1958 sono entrato in Seminario. Ma per tanti anni ho anche pensato quando sarei potuto uscire. E su 28 che eravamo in prima media, sono rimasto solo io. Nel tempo l’idea di farmi sacerdote si è fatta chiara con gli studi di Teologia a Faenza. Dopo il baccalaureato ho proseguito gli studi presso i domenicani a Bologna, e poi a Roma. Si era negli anni dopo il ‘68, con tutte le vicende del mondo giovanile.

Che significato hanno avuto per te?

Anche noi si sperava in qualche cambiamento e trasparenza, come enunciato dal Concilio Vaticano II.

Del tipo?

Intanto si sperava e si chiedeva un’amministrazione diversa; all’epoca si sperava in compensi decenti per i nostri servizi.

Dopo l’ordinazione andai a S. Marco come cappellano per pochi mesi, perché nel 1972 fui mandato a Russi: una magnifica esperienza con la guida di don Silvano Montevecchi. Poi sono stato a Basiago per 18 anni e, quasi in contemporanea, parroco di S.Giovannino per 14 anni. Qui iniziammo la festa del Meeting di fine estate. Una bella esperienza, necessaria anche per cementare le amicizie. Dopo, fui contento di tornare a San Giuseppe, ma nel frattempo era cambiato tutto e non fu vita facile.

E dopo è arrivata Santa Lucia.

Qui abbiamo fatto partire la Festa dla mugnega, dell’albicocca. Sul piano pastorale ci sono annate di una cinquantina di ragazzi. Talvolta sono stati 90. Anche se col calo demografico lo scorso anno ne abbiamo avuti solo 18 alla Cresima. Ora sarebbe importante coinvolgerli. Mentre i genitori, che nelle feste ci sono, per un impegno più duraturo fanno fatica. Prima devono pensare alla famiglia.

Un confronto fra la religiosità di oggi e di ieri?

Come sempre il sacerdote confida nell’aiuto dei laici. Ieri come oggi. Il prete cerca di fare da guida della comunità, e grazie ai laici può fare meglio.

Un bilancio di questi 50 anni?

Sono stati positivi. Diversi obiettivi iniziali si sono realizzati. È un buon segno, grazie anche al fatto di avere avuto una guida a livello diocesano. I parrocchiani poi mi hanno fatto una bella sorpresa. A un certo punto mi hanno invitato dicendomi solo: «Lei deve venire digiuno».

a cura di Giulio Donati