Cade l’anniversario di un celebre film del 1961 con questo titolo. A renderlo famoso furono le tre star: Yves Montand, Anthony Perkins e soprattutto Ingrid Bergman. L’eterno gioco di amori e tradimenti ondeggiava tra citazioni musicali del grande maestro tedesco.

Questo il pretesto per raccontare la mia adolescenziale e capziosa domanda a padre Albino Varotti di Faenza. Tanti ricorderanno la sua figura di frate francescano bohémien, che incedeva quasi barcollante sempre con una pila, diremmo, di scartoffie sottobraccio. Eppure il suo genio musicale lo portò a insegnare al Conservatorio di Firenze. Anche nella nostra città fu prezioso maestro di formazione musicale per uno stuolo di allievi. Padre Albino faceva colorita coppia con il noto sacrista del Duomo, don Italo Cavagnini, di cui ricorre il decennale della morte. Era chiamato il prete dei “complessi”, con il motto agostiniano: «chi canta prega due volte». Nel cuore dei suoi ragazzi, ora con qualche capello d’argento, è indelebile il ricordo.

Ebbene, al simpatico francescano rivolsi il quesito impertinente: «Qual è il più bel brano di musica classica?». Domanda che invece di mettere in imbarazzo il professore o da farlo scoppiare in fragorosa risata, lo portò senza esitare alla risposta: «Le variazioni sopra un tema di Haydn di Johannes Brahms». Sorpreso per la inaspettata risposta cercai di conoscere al più presto questo gioiello per piccola orchestra per lo più di strumenti a fiati, della durata di circa venti minuti.

Come non dare ragione al fraticello?

Sappiamo bene che nei gusti opinabili e anche tra competenti ci si addentra nella “selva oscura” e men che mai si potrà stilare una classifica nella musica classica o in altri campi dell’arte, anche se massimi capolavori sono condivisi in modo quasi universale. “Le variazioni” venivano composte verso la fine del 1873, l’anno in cui il 22 maggio era scomparso in Italia, Alessandro Manzoni ed esattamente un anno dopo a Milano, in sua memoria, trionfava il Requiem di Verdi.

Anche Brahms conservava nel cassetto timidamente le bozze di una parte di Sinfonia, ma nel frattempo non si arrischiava di completare e di dare l’avvio ai monumentali capolavori delle sue quattro Sinfonie. Risultarono di sprone e di incoraggiamento al giovane Johannes le parole di Schuman, altro gigante della classica.

Don Italo e padre Albino: variazioni del bene con il cuore e con la musica.

Essendo un dilettante di musica classica, da inesperto mi soffermo sulla perla brahmsiana del 1873, catalogata Op. 56 in Si bemolle maggiore. Sono dipanate otto variazioni su un tema di Haydn, come si diceva. In realtà il tema sembra piuttosto di un allievo di Haydn,e tuttavia, ripropone, prima sommessamente poi esaltato, un antico corale detto di sant’Antonio, di pellegrini cattolici austriaci. Melodia dolcissima cullata come dal vento nei passi salmodianti del gruppo che sale fiducioso a un santuario.

Due considerazioni suggerite anche dal maestro compositore. La prima riguarda la struttura musicale, l’altra si riverbera nella vocazione sia umana che cristiana. Anche a noi viene chiesto nella vita di comporre delle variazioni esistenziali e spirituali su un antichissimo cimelio, il prezioso frammento della fede che ci è stato consegnato. Ognuno può esprimere al meglio di sé i doni personali, i propri “carismi”, secondo temperamento, capacità, personalità. Don Italo e padre Albino: variazioni del bene con il cuore e con la musica.

Come allora non porre la domanda: «Le piace Brahms?»

Dante Albonetti