A febbraio il caldo, ad aprile gelate, a settembre niente frutti. Questa la dura legge della campagna con la quale fanno oggi i conti tanti agricoltori romagnoli.

La situazione più critica, nel faentino, ha colpito le aree di Pieve Cesato, Formellino e Prada, dove le gelate tardive dei mesi scorsi hanno minacciato campi di kiwi, albicocche, ciliegie. Ma tante altre zone della Romagna hanno subito gli effetti delle perturbazioni di marzo e aprile.

«Quest’anno per dieci, dodici giorni siamo andati fino a meno sette gradi di notte – racconta il coltivatore diretto Romano Gaddoni, che cura in particolare campi di kiwi, pesche, ciliegie e kaki – e in altri periodi si è andati comunque al di sotto dei meno cinque gradi. Il problema vero, che ha di fatto ucciso i nostri raccolti, è stato il perdurare così lungo di queste temperature, che è anomalo. Finché avvengono gelate per una o due giorni si riesce a resistere, ma gli effetti che arrivano dopo una settimana sono invece devastanti».

Romano Gaddoni, coltivatore diretto: “Fino a qualche anno fa raccoglievo 2.500 quintali di frutta. Quest’anno spero di riuscire ad arrivare a 500-600 quintali”

Il caldo e il sole anomali che anticipano sempre più la primavera a febbraio e inizio marzo, portano ad avere una fioritura prematura degli alberi, ma l’inverno in realtà non è del tutto passato.

Le ondate di gelo notturno che arrivano successivamente, tra fine marzo e aprile, fanno sì che questi primi germogli e fiori “si brucino”, facendo così morire il potenziale frutto e vanificando un anno di lavoro. In questo modo, il meteo, che porta alle piante prima il caldo e poi il freddo, rischia di azzerare completamente la produzione di frutta. E a fronte di un raccolto che, in certi casi, nemmeno c’è, l’agricoltore deve comunque sostenere le spese per tenere in vita e proteggere le piante.

«Fino a qualche anno fa, tra tutti i miei campi – commenta Gaddoni – riuscivo a raccogliere fino a 2.500 quintali di frutta. Quest’anno spero di riuscire ad arrivare a 500-600 quintali. L’anno scorso non feci molto di più. Chi quest’anno è riuscito comunque ad avere un buon raccolto, avrà anche dei buoni prezzi di vendita».

E qui si pone un altro problema: quello della filiera e dei prezzi che dal campo arrivano fino al consumatore. Primavera anticipata e gelate tardive non sono però più da considerarsi anomalie stagionali. Lo sguardo va anche sul lungo periodo: anche l’anno scorso le gelate colpirono pesantemente i campi romagnoli e l’anno prima fu la cimice asiatica a minacciare i campi.

E nonostante queste difficoltà, i prezzi della frutta per l’agricoltore rimangono spesso bassi. «Al supermercato l’albicocca può arrivare anche a tre euro al chilo – dice Gaddoni – mentre all’agricoltore viene pagata in certe annate 25 centesimi. Bisognerebbe avere un compenso più equilibrato, anche perché in questo modo il produttore ha modo di tutelarsi in caso di cattive annate. Noi ci troviamo quest’anno ad avere poco raccolto, ma negli anni precedenti – visti i prezzi – non abbiamo potuto metterci da parte dei fondi per riuscire a scavallare queste annate negative. Se negli scorsi anni la frutta fosse stata pagata in maniera equa non ci troveremmo oggi con l’acqua alla gola».

Le criticità della filiera agroalimentare

In questo, secondo Gaddoni, la politica dovrebbe fare di più per sostenere i piccoli produttori, per tutelarli nel mercato europeo e mondiale. «L’agricoltura è un settore importante per il nostro territorio – spiega Gaddoni – che dà lavoro a tante persone, ma viene tutelato ancora troppo poco e i prodotti locali spesso si trovano a subire una concorrenza sleale.

In Francia, per esempio, c’è una politica per cui prima vengono consumati certi prodotti locali e solo successivamente si fa ricorso a quelli esteri. In Spagna e in Germania, invece, ci sono regolamentazioni diverse in ambito agricolo. Loro possono dare alla frutta certi prodotti che noi non possiamo utilizzare».

Nel frattempo, si spera per i prossimi anni di riuscire a mettere in campo innovazioni in grado di salvaguardare i raccolti dalle gelate, ma bisogna fare presto. «Se continua così – conclude il coltivatore – vedo il futuro del nostro settore molto critico, mi immagino che l’agricoltura possa diventare sostenibile solo per grandi produttori, mentre i piccoli e i medi sono destinati a sparire».

Samuele Marchi