Il 10 agosto, notte di S. Lorenzo, ci siamo ritrovati nel bel chiostro dell’Abbazia del Monte di Cesena ospiti della comunità benedettina per ascoltare l’intervento di Luca Santini Presidente del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi Monte Falterona e Campigna.

Dopo il saluto a nome dell’ Associazione Romagna Camaldoli dove ho brevemente illustrato il nostro percorso di amicizia con i Monaci Camaldolesi, l’amore per la spiritualità benedettina ed il monachesimo, ho letto alcuni passi dal libro del profeta Daniele dove si tesse la lode del creato in tutte le sue forme: ringraziamo sempre : neve e pioggia, acqua e fuoco, nebbia e brina, rugiada e stelle, sole e luna … sottolineando come già molti secoli prima del Cantico di Frate Sole la Chiesa avesse un deposito liturgico bellissimo che affonda nel Primo Testamento. Questo è molto importante oggi per credenti e non, alla luce dei roghi e delle sofferenze evidenti del pianeta – creatura di Dio – per colpa dell’insensatezza dell’uomo.

Ines Briganti che faceva gli onori di casa a nome del gruppo cesenate “Amici del Monte”, nonchè impegnata nell’ambito della ricerca storica e della Resistenza, ha salutato e condotto la serata sottolineando gli importanti riconoscimenti che il presidente Santini ha ottenuto e i prestigiosi incarichi che ne fanno un giovane e molto competente ed appassionato cultore della natura e del parco che custodisce.

Santini aiutato da splendide immagini del parco: foto di abetaie, faggete, sottobosco, animali quali in cervo, il cinghiale, la volpe, il lupo , anfibi, rettili, uccelli … ci ha illustrato l’enorme importanza di questa zona unica al mondo per biodiversità e ricchezza vegetale.

La foresta di Campigna è inserita tra i 59 parchi più importanti al mondo

La foresta di Campigna è fra i 59 parchi più importanti del mondo ed insiste esattamente a metà fra Romagna e Toscana presentando 18.000 ettari per versante. L’ Unesco ne ha dichiarati 7.700 patrimonio dell’Umanità.

La Riserva Integrale di Sasso Fratino composta ora da 750 ettari, grazie all’intuizione pionieristica di  Fabio Clauser nel 1959, costituisce oggi un unicum che ha paragoni soltanto in alcune foreste americane. Foresta e non bosco perchè quando gli alberi superano il centinaio di anni formano un ecosistema complesso e costituiscono appunto una foresta. La foresta Casentinese ha un’altezza media di 44 metri, cosa eccezionale se si pensa che le foreste italiane in media hanno un’altezza di 14 metri. Sasso Fratino si presentò agli occhi di Clauser che era stato incaricato di fare un taglio, con molti faggi ed altre essenze vecchie di addirittura 500 anni! Fino ad allora gli alberi si erano salvati da soli: la foresta era classificata “macchiatico negativo” poichè, a causa delle forti pendenze del versante, i costi per prelevare il legname superavano la resa economica per cui nessuno aveva mai tentato di fare tagli. Propose allora ed ottenne di lasciare inalterato quel microclima assolutamente eccezionale. Oggi possiamo godere di questo patrimonio che non ha eguali.

Santini non si è detto assolutamente contrario allo sfruttamento intelligente del legname che nella foresta può essere reperito, ma dobbiamo ricordare che se tagliamo un albero, occorrono 20 anni per avere lo stesso albero mentre se lo bruciamo, in 20 minuti non c’è più ed inoltre liberiamo la CO2 che in 20 anni aveva imprigionato producendo così un danno all’atmosfera.

Quindi la foresta va ben gestita e i tagli vanno fatti a ragion veduta e prevedendo la possibilità di rigenerazione con i tempi lunghi occorrenti.

La Foresta Casentinese presenta un microclima particolare perché ha una caratteristica Alpina (è la più meridionale dei microclimi nordici) ed anche mediterraneo (è la più settentrionale fra gli ecosistemi mediterranei). Questo conferisce al Monte Falterona e Campigna un carattere unico.

Certe specie animali come l’ululone, in via di estinzione, ha trovato qui un habitat favorevole e si sta salvando, così come il lupo, presente in una decina di branchi, contribuisce all’equilibrio della catena alimentare.

Nel parco vi sono 40 specie di alberi. Oltre alla faggeta spiccano le foreste di abete bianco soprattutto ad opera della coltivazione messa in atto dai monaci camaldolesi che applicavano il motto benedettino “ora et labora”. Abeti che raggiungono altezze incredibili e sono radicati nella terra ma svettano nel cielo, simbolo della spiritualità camaldolese, vennero impiegati per le travi del Duomo di Firenze per la loro lunghezza ed anche dalla flotta pisana per le navi e soprattutto le alberature per le vele.

Si noti invece che la spiritualità francescana,nella vicina La Verna, lascia libero il bosco nella sua evoluzione naturale. Abbiamo quindi vicinissimo un altro ecosistema particolare dove la foresta è mista.

Tutta la zona ha quindi un’importanza storica, culturale, artistica, naturalistica, spirituale, unica. Questi alberi, veri giganti, erano già viventi ai tempi del Vasari quando dipingeva la deposizione di Cristo ora nella chiesa di Camaldoli….quando Dante descriveva la Cascata di Acquacheta e i sentieri che mettevano in comunicazione Romagna e Firenze, passando per Stia, Romena, Pratovecchio, quando Dino Campana da Marradi, dove viveva un disagio paragonabile all’Inferno di Dante, giungeva a piedi alla Pieve di Romena dove trovava un Paradiso accogliente e silenzioso che ne calmava le angosce. Lo stesso D’Annunzio compose l’Alcione a Romena.

Gli alberi sono esseri viventi e purtroppo il nostro diritto li considera “cose”.

Gli alberi invece creano un ecosistema tra loro…comunicano con le radici scambiandosi nutrienti ed acqua e così aiutandosi a vicenda. Noi viviamo 80 – 90 anni e possiamo spostarci…loro possono vivere 700 anni ma sono fermi e non possono spostarsi per cui hanno elaborato sistemi di sopravvivenza e longevità che a noi spesso sfuggono. Ad esempio le piante madri aiutano i piccoli alberelli nati da loro con i semi a sopravvivere alla calura o siccità ombreggiandoli con le loro chiome e fornendo umidità con le radici.

Oggi si pensa di fronteggiare gli incendi eliminando il sottobosco. Niente di più sbagliato. Gli incendi intanto sono per la maggior parte dolosi e quindi è lì che va fatta prevenzione. Inoltre nelle conifere si verificano incendi di chioma cioè il fuoco si propaga da chioma a chioma e non alla base.

I boschi in Italia parrebbero aumentati ma non è vero…le statistiche non tengono conto che un bosco può definirsi tale quando ha cento anni di vita per cui abbiamo arbusti piantati, ripopolamenti ma le piantine a causa della siccità che è aumentata (ogni anno ormai ci sono due mesi di secco a causa dell’effetto serra) muoiono in gran parte. E’ difficile ripiantare un bosco oggi a causa dei mutamenti climatici. Allora bisogna puntare sui boschi che si autoriproducono con i semi mantenendo quell’ ecosistema che già c’è. I tempi si allungano ancor di più.

Diviene ancor più importante non spacciare per Green Economy quella che brucia legname per fare energia elettrica…tenuto conto che il taglio è sovvenzionato ed anche l’energia elettrica gode di contributi europei per il conto non torna. Bruciare legname per fare energia elettrica è antieconomico e nessuno lo farebbe se l’Europa non desse finanziamenti.

La foresta quindi è ricca di essenze favorevoli all’uomo e può curare alcune malattie. Sono in corso studi con il prof. Berrino .

Con il musicista Luigi Einaudi abbiamo fatto già concerti nel bosco fra gli alberi ma lui mi ha proposto di fare un concerto per gli alberi….loro sono sensibili ed apprezzeranno…credo che lo faremo.

N.D.R. (Sulla tematica del bosco che ha proprietà curative segnalo un testo che si può reperire gratuitamente on line: “La terapia Forestale: come curarsi con il potere salutare dei boschi” CNR Edizioni in collaborazione con il CAI.

Daniele Morelli