Da una parte tante percentuali di segno meno: assunzioni, contratti a tempo indeterminato, fatturato. Dall’altra numerose percentuali che crescono: disoccupati, ammortizzatori sociali, richieste di pasti alla Caritas.

Numeri freddi e crudi, come quello del -77% di assunzioni o il venir meno al lavoro di 4.184 donne, dietro ai quali stanno le difficoltà che hanno incontrato famiglie e lavoratori della Romagna faentina in questo anno e mezzo di pandemia.

Per un lavoro degno: i dati del report

Sono questi alcuni dati che emergono dalla ricerca “Per un lavoro degno. L’impatto della pandemia”, curata da Damiano Cavina, Antonio Masi, Massimo Sangiorgi, Vittorio Bardi, Maria Rossini, assieme al ricercatore Francesco Casalini e al sociologo Leonardo Altieri nell’ambito del progetto “La forza della resilienza. Percorsi di vita per le fragilità”, promosso dalla Consulta del volontariato della Romagna faentina e coordinato da Comunità Romagna-Servizi per la solidarietà, Csv di Ravenna.

Analizzare il presente per trovare le strade migliori per il futuro, questo lo spirito che ha guidato la ricerca. «La situazione nel territorio faentino era problematica già prima della pandemia – ha detto Altieri nel corso della presentazione pubblica del report -. Su un totale di circa 88mila abitanti, infatti, risultavano 3.200 persone in povertà assoluta (3,6% degli abitanti); 6.500 disoccupati; 465 persone erano a carico del servizio dipendenze e 313 percepivano il reddito di cittadinanza».

“Necessarie soluzioni che coinvolgano pubblico e privato”

A questo scenario, l’impatto della pandemia ha prodotto effetti in particolare per quanto riguarda le nuove assunzioni. In provincia di Ravenna nella primavera del 2020 queste hanno subito un calo del 41%, che a fine estate è salito al 77%.

«Fondamentali sono stati i provvedimenti statali – ha sottolineato Altieri -. Il venir meno del lavoro per 4.500 persone, di cui 4.184 donne, ha colpito fra i contratti a tempo determinato, di lavoro somministrato e di apprendistato. In particolare la fascia d’età compresa tra 30 e 49 anni ha visto ‘un meno 3.700’ fra i contratti a tempo determinato».

Nei sei Comuni dell’Unione si è registrato un picco nell’uso degli ammortizzatori sociali per 9.200 persone e in un anno l’uso della cassa integrazione è passato da 700 a 7mila unità.

Il report, pubblicato da Carta Bianca, offre poi spunti per indagare possibili nuovi progetti in ambito lavorativo, con l’obiettivo di dare un lavoro dignitoso e giustamente retribuito a persone che non l’hanno più. «La via più praticabile – conclude il sociologo – è formare un fondo per il lavoro, coinvolgendo pubblico e del privato».