Tragedia Afghanistan. Un dramma in diretta televisiva che lascia sgomenti e increduli. Anche impotenti, ammettiamolo. L’inizio sarebbe da ricercare in quel noto 11 settembre 2001, nell’abbattimento delle torri gemelle di New York che tutti ricordiamo con terrore. Neanche un mese dopo, il 7 ottobre, milizie afghane avverse ai talebani iniziarono l’offensiva che le portò a conquistare Kabul aprendo poi le porte del loro paese alle truppe occidentali. Quelle che in questi giorni stanno togliendo il disturbo, mentre il governo locale, che doveva ereditare il controllo del territorio, ha ceduto il posto ai talebani ancor prima che l’evacuazione delle truppe straniere cominciasse.

La vogliamo prendere larga? Vogliamo guardare ai primi due decenni del terzo millennio? Il 20 marzo 2003 tocca all’Iraq: seconda Guerra del golfo. L’intervento di Usa & company arriva al 2011, con la consegna a un Governo locale delle redini del Paese, instabile ancora oggi. Il 18 dicembre 2010, sembra che nel nord Africa si apra un processo nuovo che viene subito definito primavere arabe. Scarsi riflessi in Algeria, ancor meno in Marocco. Mentre per Libia (il colonnello Gheddafi viene ucciso il 20 ottobre 2011) e in Siria si aprono vere e proprie guerre in essere ancora oggi. Ma in questi due decenni Iraq e Siria hanno anche dovuto fare i conti con l’Isis. Un’abnorme realtà che non si è mai capito bene da chi sia stata promossa e sostenuta, ma che ha trafficato nella compravendita dell’oro nero, non proprio alla luce del sole. E i Curdi, eternamente senza patria a cavallo dei confini tra Turchia, Siria, Iran e Iraq, dopo aver contribuito all’abbattimento dello Stato islamico, si son visti presi di mira dal turco Erdogan.

Ci fermiamo. Ci sarebbe altro, all’interno del Libano, o tra Arabia e Yemen, tra Armenia e Azerbaijan, tra Israele e palestinesi. Ci fermiamo. Abbiamo raccontato una scia di sangue e dolore. Di morte.

E cos’hanno risolto le guerre? Cos’hanno prodotto? Belle domande, eh? In genere sono arrivate nuove guerre. Nuova morte. E se avesse ragione papa Francesco? Fratelli tutti. Forse sarebbe molto meglio e aiuterebbe a risolvere una valanga di problemi, a cominciare dall’Afghanistan di oggi che non possiamo permetterci di lasciare da solo. Né l’Afghanistan né gli afghani, come purtroppo già qualcuno comincia a dire qua, nella civilissima Europa.

Giulio Donati

La vignetta

di filippo

#166 Qualcosa di blu…

Le donne e le bambine afgane sono di nuovo schiave, private di diritti e di libertà. Coraggiose, nelle strade di Kabul gridano: le donne afgane esistono e chiedono: sostenete la nostra voce; non ci fate sparire; mondo, riesci a sentirci? Non possiamo far finta che tutto questo non stia succedendo! Sono lì, così vicine, ancora visibili, prima che un drappo blu le nasconda. Economy of Francesco lancia una marcia globale: Sabato 28 agosto, scendiamo in piazza, nelle strade delle nostre città, per gridare: “Le donne afgane esistono”. Together we stand! Nelle mani e alle finestre delle case, un drappo blu, come quello che le vuole nascondere. Ripeteremo la marcia ogni sabato, fino a quando sarà necessario. Indossiamo da subito, ogni giorno, un pezzo di stoffa blu per dire alle donne afgane: siamo con voi, vi vediamo, vi sentiamo. Insieme, diamo visibilità a questo gesto, diamo voce a coloro che vogliono essere messe a tacere. Taggaci nella tua foto o video!

a cura di Claudio di Filippo