È una borsa, ma non è soltanto una borsa. È integrazione, sostenibilità, bellezza. È economia circolare che trova la sua piena realizzazione unendo tasselli e storie diverse. Dietro quella borsa c’è l’impegno di Bassirou, che viene dal Burkina Faso e in Emilia-Romagna è divenuto un artigiano; è la mano veloce di Mia, che sapeva già cucire in Bangladesh e con impegno e determinazione ha accettato una nuova sfida; è il faentino Francesco Banzola, maestro pellettiere che ogni mattina porta la sua esperienza sull’Appennino Bolognese mettendosi al servizio di un progetto che unisce sostenibilità, creatività e voglia di costruire un futuro migliore.
A coordinare il laboratorio di Cartiera il faentino Francesco Banzola
A unire questi tasselli è il progetto Cartiera, un laboratorio di moda etica con sede a Marzabotto nato nel 2017 che produce accessori in pelle e tessuto. E lo fa recuperando dalle grandi aziende della moda materie prime di elevata qualità, lavorate secondo le tecniche dell’artigianato made in Italy e impiegando persone in condizioni di svantaggio.
E a mettersi al loro fianco nell’insegnare un mestiere è proprio Francesco Banzola, titolare di un laboratorio di pelletteria a Faenza, ma che da diversi anni collabora con la cooperativa come coordinatore del laboratorio nel quale attualmente sono impiegate nove persone di diverse nazionalità.
Un laboratorio, tante nazionalità
«Il progetto è nato attraverso corsi di formazione sostenuti dall’Onu che volevano valorizzare integrazione e moda etica – spiega -. Ho partecipato a questi corsi come insegnante di pelletteria seguendo circa 200 persone provenienti da vari Paesi, alcune delle quali arrivate in Italia senza istruzione. E da questo primo seme è nata poi l’idea di far nascere una piccola cooperativa, con gli allievi più bravi, che producesse borse e accessori».
Cucire, tagliare, riconoscere i modelli di pelle: abilità artigianali acquisite dai partecipanti del corso subito spendibili nel mondo del lavoro. Cartiera si pone l’obiettivo di dare risposte concrete alle sfide del nostro tempo: la creazione di nuove opportunità di impiego, l’integrazione economica di migranti e richiedenti asilo, la riscoperta di abilità artigianali qualificate, il ripopolamento di ex aree industriali, il recupero di materie prime altrimenti destinate allo smaltimento, il basso impatto ambientale della produzione. Economia circolare non come moda, ma come dato di fatto.
«Per me è un’esperienza impegnativa, essendo contemporaneamente titolare di un negozio a Faenza, ma bellissima. Dà grandi soddisfazioni. Hai modo di conoscere e lavorare con persone che arrivano da tutto il mondo mettendo a frutto il tuo talento». E solo con la passione – tanto dei maestri quanto degli allievi – si possono superare le limitazioni che impongono la differenza di lingua e cultura nell’apprendere un mestiere. «Ci vuole da parte dei ragazzi molto impegno – racconta Francesco – il lavoro artigianale non lo impari in pochi mesi, e bisogna considerare che molti dei miei allievi conoscevano poco la lingua, alcuni erano praticamente analfabeti.
Ci sono stati tanti ostacoli, e una cosa fondamentale da trasmettere, al di là degli aspetti tecnici, è la nostra cultura: insegnare l’italiano, le basi della geometria. Un concetto per noi scontato come ‘angolo retto’ o ‘rette parallele’ per alcuni di loro non lo è, e quando concretamente devi spiegare come tagliare un pezzo tutto diventa più difficile. Questo mi ha insegnato che il mondo non può essere visto in maniera univoca, come una sola linea retta, ma ci sono tanti modi diversi di interpretare la realtà. Allo stesso tempo, ho avuto modo di conoscere le tante differenze che caratterizzano i Paesi dell’Africa, che spesso siamo portati a vedere come un’unica realtà mentre invece hanno tante anime e culture diverse».
E così, tra linee parallele tracciate e forbici che tagliano, si realizzano prima piccoli accessori come un portatelefono fino poi ad arrivare a ridare vita a borse e zaini di ottima qualità.
Smontare e rimontare
E il lavoro della cooperativa ha dato fin da subito grandi risultati e sono nate collaborazioni con grandi marchi: Fendi, Lamborghini. «Uno dei punti fondamentali del progetto è quello del recupero – continua Banzola – da diverse aziende riceviamo pellami di scarto, rimanenze di fine produzione… noi ridiamo vita a questi pezzi rimettendoli in circolo».
Smontare e rimontare. In un certo senso è da questo semplice gesto, che ridà vita ai materiali anziché buttarli via, che si è sviluppata la carriera di Francesco. «Fin da giovane ho avuto la passione per l’artigianato – racconta – che mi ha portato poi a realizzare lavori in pelle e anche in legno. Ho fatto tutto da autodidatta, smontando e rimontando borse di altri. Mi è sempre piaciuta la creatività, il poter dare vita a un prodotto con le mie mani che fosse apprezzato per la sua bellezza».
E smontando e rimontando, Cartiera continua a crescere, coinvolgendo attivamente anche realtà artigiane del Sud del mondo. Le materie prime provenienti da queste realtà, vengono trasformate da Cartiera in articoli destinati al mercato internazionale. All’interno dei laboratori coordinati da Banzola, i tessuti provenienti da questi Paesi vengono lavorati con le tradizionali tecniche made in Italy. Una semplice borsa? No, un intreccio di storie.
Samuele Marchi