Il lavoro c’è ma non si trovano specializzati.

Nell’anno nero della pandemia, le aziende che cercano lavoratori non li trovano. Sono dieci le figure specializzate difficili da reperire in Italia. Tutte in ambito tecnico, elettrico, ingegneristico e meccanico, ma c’è carenza anche di personale medico, finanziario, informatico e di vendita. I dati confermano le tendenze degli anni precedenti.

Tra i professionisti più difficili da reperire a livello globale nel 2019, ci sono figure specializzate come gli elettricisti, i saldatori, gli esperti di marketing e il personale tecnico. Ma fra i dieci lavori più richiesti entrano nell’ultimo anno anche i professionisti del settore sanitario perché c’è una maggiore esigenza di cure legate all’invecchiamento della popolazione mondiale. Il numero chiuso a medicina certo non ha aiutato.

Escono invece dalla lista stilata da ManpowerGroup mestieri come l’avvocato, il project manager e gli operatori di call center: tutte professioni per le quali i crescenti livelli di automazione potrebbero aver determinato una riduzione dei task richiesti ai lavoratori, con conseguente calo della domanda di questi profili.

Le dieci professioni più ricercate

Operai specializzati (elettricisti, saldatori meccanici), rappresentanti/manager di vendita, grafici, tecnici (responsabili del controllo qualità, personale tecnico), ingegneri (chimici, elettrici, civili, meccanici), autisti e logistica (autocarri, consegna, edilizia, trasporti pubblici), informatici (esperti di cyber security, amministratori di rete, supporto tecnico), contabili e finanza (contabili, revisori, analisti finanziari certificati), operai dell’industria manifatturiera (operatori CNC di macchine e addetti alla produzione), operai edili, sanitari (medici, infermieri e altro personale sanitario non infermieristico).

«Va premesso che le entrate nel mondo del lavoro nel 2020 hanno subito un calo drastico, quasi il 40% in meno rispetto al 2019 – spiega il direttore generale della Camera di Commercio di Firenze, Giuseppe Salvini -. Registriamo punte del 60% in meno nel turismo e del 40% in meno nel commercio di vicinato: la situazione è estremamente critica e delicata. Ma è evidente anche il fatto che in quest’anno è cresciuta molto anche la difficoltà di reperire certe specializzazioni».

Altro grave problema la mancanza di lavoratori stagionali

Ristoratori e imprenditori con le riaperture lamentano di faticare a trovare lavoratori, anche giovani, per bar e ristoranti da impiegare nella stagione estiva. Condizioni di lavoro precario, la paga non adeguata e la crisi aggravata dalla pandemia hanno contribuito a innescare un processo per i quali gli stagionali disponibili a lavorare sono sempre meno. Lo stesso problema si riscontra nel mondo agricolo dove la mancanza di stagionale mette in grave difficoltà la lavorazione dei prodotti della terra, che potrebbe ripercuotersi sulle nostre tavole.

Sono molti i lavoratori stagionali che hanno trovato alternative, motivo per cui si va prosciugando nel tempo un bacino di manodopera a disposizione per la stagione estiva.

Le persone che devono mantenere una famiglia, non possono permettersi di lavorare per pochi mesi e contare poi su una bassa disoccupazione. Il mondo dei lavoratori stagionali e precario, non ha certezze e sopratutto è senza diritti.

Piano di ripresa e resilienza

In queste settimane si è parlato molto del Pnrr, che partirà nei prossimi mesi, ma non della quantità e qualità del lavoro necessario per realizzare il piano.

Secondo Mauro Magatti, docente all’Università Cattolica, «noi oggi sappiamo che le imprese che vanno meglio sul mercato sono quelle che costruiscono un rapporto di stima e fiducia con la propria manodopera, considerata non meno elemento strumentale ma parte essenziale del successo dell’aziendale.

Negli ultimi anni molte ricerche hanno mostrato tale correlazione. D’altra parte altri studi ci dicono che i lavoratori oggi cercano un punto di equilibrio tra esigenza di reddito e di sicurezza occupazionale e la qualità del lavoro: le persone (specie i giovani) hanno voglia di essere ingaggiati in progetti dotati di senso, in ambienti lavorativi positivi e costruttivi.

Anche se una parte consistente del mondo del lavoro è ancora ben lontana da questa situazione, la tendenza evolutiva va in questa direzione. Su queste basi, lo scontro in atto tra sindacati e imprenditori potrebbe spingere il governo e le parti sociali a osare un po’ di più».